L’Italia più pulita con i termovalorizzatori

lunedì 19 novembre 2018


In questi giorni il Movimento 5 Stelle e la Lega (senza sottovalutare gli altri scontri sulle materie importanti per il nostro Paese) stanno litigando sull’utilità o meno dei termovalorizzatori. In particolare, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che tali impianti sono fondamentali per chiudere il ciclo dei rifiuti e necessari per contrastare l’affarismo malavitoso. Sono d’accordissimo. Insomma, il tema rifiuti diventa il detonatore che fa esplodere le contraddizioni della maggioranza parlamentare.

I termovalorizzatori (da non confondere con i classici inceneritori che hanno la funzione solamente di bruciare i rifiuti) sono impianti ad alta tecnologia, a impatto zero e rappresentano una parte dell’economia circolare dei rifiuti. Ovvero, i rifiuti non riciclabili vengono utilizzati per la produzione di energia elettrica e calore per le comunità locali. Un vantaggio importante per la collettività.

In molte città europee come Vienna, Parigi, Barcellona, Malmoe, Stoccolma, Copenaghen (ma anche nel Nord Italia), i termovalorizzatori sono situati nel pieno centro della città e producono vantaggi ambientali ed economici molto significativi, in grado di soddisfare le comunità locali. In particolare, il nuovo impianto di Copenaghen, Amager Resource Center (nella foto), fornisce energia elettrica a più di 60mila abitazioni e acqua calda ad altre 160mila e mette a disposizione dei cittadini una pista sci realizzata con materiale innovativo prodotto (guarda caso) da una società italiana. Un grande capolavoro di progresso tecnologico e ambientale e un modello di gestione sostenibile dei rifiuti da prendere in considerazione.

Perché in Italia, ma soprattutto, nel Centro e nel Sud non è possibile?

A Roma l’emergenza rifiuti è oramai sotto gli occhi di tutti ed è causata dalla mancanza di impianti quali quelli di compostaggio, di ammodernamento di Tmb (trattamento meccanico biologico) dell’azienda municipalizzata Ama e soprattutto dei termovalorizzatori. Questi ultimi, sono previsti non solo dal Piano regionale dei rifiuti, ma anche dal Dpcm attuativo dell’articolo 35 del decreto legge n. 133/2014 (il cosiddetto “Sblocca Italia”). La Regione Lazio e il Comune di Roma non hanno voluto assumersi la responsabilità di realizzare e sbloccare i termovalorizzatori. Ad esempio, il termovalorizzatore di Colleferro (Rm) è stato bloccato dalla Regione Lazio (con la complicità del sindaco di quel Comune) e i lavoratori di quell’impianto gestito da Lazio Ambiente, quale società controllata dalla Regione Lazio, sono in forte difficoltà economica. La stessa Regione (e non mi capacito) vuole, invece, incenerire i rifiuti non riciclabili nei cementifici con conseguenze negative per l’ambiente e per la salute dei cittadini e riapre nella stesso Comune di Colleferro una grande discarica.

La de-responsabilizzazione politica ha comportato il trasferimento di tante tonnellate di Css (combustibile solido secondario ricavato dal trattamento dei rifiuti indifferenziati da parte dei 4 Tmb presenti a Roma) nei termovalorizzatori di altre Regioni, come in Emilia-Romagna, in Lombardia e persino in Austria con costi notevoli per la collettività, ossia facendo alzare di molto la tariffa rifiuti dei romani che è tra le più alte d’Italia.

Gli enti pubblici locali hanno il dovere di investire in un mix equilibrato di trattamento e smaltimento dei rifiuti: i termovalorizzatori sono una soluzione innovativa e ambientale fondamentale per spazzare via le organizzazioni criminali che fanno dei roghi tossici il loro business sporco e dannoso per l’ambiente e la salute dei cittadini.


di Donato Bonanni