Grillismo d’esportazione

venerdì 23 novembre 2018


C’era un proverbio che mi insegnarono essere al contempo un po’ cattivo e scioccamente supponente e classista: “Al contadino non lo far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”. Credo sia passato di moda e finito negli archivi della parlata dei nostri nonni, non solo per un accresciuto senso di solidarietà sociale ma perché le pere che si trovano in vendita sono belle ma scipite ed acerbe.

Quale che sia il valore di quel precetto socio-gastronomico, esso mi è tornato alla mente sentendo Luigi Di Maio spiegare che tutti in Europa ce l’hanno col suo Governo, perché temono che anche nei loro Paesi transalpini si accorgano come è bello essere governati da quelli come lui. Paura dell’esempio italiano, paura che quei popoli cui è finora mancata la luce del pensiero di Grillo, si scuotano dal torpore e trovino la via indicata da ben Cinque Stelle.

L’idea di un cinquestellismo di esportazione, non tanto e non già verso Grecia e Spagna (che ci hanno preceduti) ma verso, che so, la Germania, la Francia etc. etc. è in sé abbastanza grottesca per poterne discutere come di una cosa seria. Non sono, non siamo razzisti. E sappiamo bene che, ad esempio, se il fascismo ha trovato Oltralpe degli imitatori, le imitazioni sono state anche peggiori dell’originale. Ma, oramai non si può più parlare di populismo, di grillismo e di cinquestellismo senza che ci si trovino avanti agli occhi le figure di Luigi Di Maio, di Danilo Toninelli, di Beppe Grillo. Vedere questi “cosi” nella veste di parlamentari e governanti italiani è in sé disagevole.

Ma, francamente, pensare al pericolo di un cinquestellismo tedesco, è un po’ troppo. Ve lo immaginate Toninelli, cancelliere? E già perché le idee le portano in giro gli uomini. Noi non siamo peggiori degli altri. Ma un Toninelli al posto di Angela Merkel non può che farmi ridere. Però, di riso amaro!

        

                                                                


di Mauro Mellini