L’intellettuale ignorante

Cos’è un intellettuale? Un essere pensante? Allora, siamo tutti intellettuali. Secondo il dizionario Sabatino Coletti, “è colui che si dedica ad attività di pensiero, che ha spiccati interessi culturali”. Ed ancora: “Chi fa un'attività in cui prevale il pensiero e chi esercita una professione che abbia attinenza con la cultura”. Nella storia dell’uomo gli intellettuali hanno avuto molti nomi e funzioni, dallo sciamano all’alchimista, dai filosofi greci ed orientali agli astronomi e ai matematici ai religiosi. Venendo ai nostri tempi, possiamo dire, che gli studiosi di materie scientifiche ci hanno fatto fare grandi balzi avanti, accompagnati dall’evoluzione della speculazione filosofica. Nel cosiddetto secolo breve il Novecento, si sono affermate molte delle nuove scienze umanistiche, con il nascere di specializzazioni e sotto specializzazioni che hanno prodotto benessere, manipolazioni e orrori. Tanti pensatori politici ed economici si sono dotati del titolo di scienziati della politica e o dell’economia, determinando grandi tracolli economici e caos istituzionali. In Italia c’è stato il fenomeno di professori universitari e scrittori, che il Pci ha corteggiato, proponendogli di essere candidati al Parlamento come indipendenti di sinistra. Poi, nei fatti hanno seguito fedelmente la linea di partito; la definizione che è data a questi intellettuali è quella degli “utili idioti”, gente che ha professato idee diverse dal comunismo ma che ha garantito, con la candidatura la bontà dei comunisti italiani. Questa concezione dell’intellettuale ha determinato due fenomeni: da un lato l’intellettuale è usato come una fiera da circo da presentare al pubblico per rafforzare il valore del partito, ed ambiguamente determina che è il partito a dare l’autorevolezza all’intellettuale; dall’altro, egli, in quanto tale gode di autorevolezza per il senso comune.

La cultura del Novecento conia la società di massa, la cultura di massa come emancipazione e l’intellettuale di massa come avanguardia delle masse. La diffusione della cultura ha comportato un crescita del Paese ma, contemporaneamente, proprio perché massificata un abbassamento delle competenze. Nel nuovo millennio, con l’affermarsi dei social e del mondo virtuale, tutti diventano intellettuali e qualunque dubbio trova nella rete la certezza di un sostenitore che predica l’opposto. Nella concomitanza tra una formazione scolastica sempre più deludente nella tradizione ed incapace a comprendere il nuovo, la rete diventa il nuovo educatore.  Il nuovo intellettuale ignorante si esprime prima di tutto sui social. In questa esperienza esaltante nell’essere un personaggio “pubblico” incontra i suoi simili che rafforzano le loro convinzioni. E dal social il fenomeno si può trasformare in reale: i famosi “Vaffa day” di Beppe Grillo ne sono un esempio calzante. A causa di questa autoreferenzialità determinata dai social, un confronto pubblico “tra opinioni diverse viene meno e con esso si incoraggia il tribalismo, ovvero sentire ed ascoltare solo chi la pensa esattamente come noi per avere una implicita conferma delle nostre opinioni”. L’intellettuale ignorante è colui che domina il virtuale e non solo, viene da lontano con una involuzione costante del pensiero democratico grazie all’affermazione storica di due culture, quella cattolica universalista e dogmatica e l’ideologia comunista, e le loro varianti, dal giustizialismo all’ambientalismo fondamentalista.

Oggi in quanto liberali, cattolici democratici, liberalsocialisti, abbiamo il dovere di ricostruire moralmente e culturalmente un Paese che con l’attuale governo ci sta portando al baratro.

Aggiornato il 23 novembre 2018 alle ore 13:22