L’ombra nera del “debito pubblico”

venerdì 23 novembre 2018


Ormai giornali e scuole d’economia dell’Ue competono a portare come esempio l’Italia. Quella fantomatica situazione d’indebitamento privato che si sommerebbe a quello pubblico: auspicano il collasso dell’economia italiana. In pratica c’è chi scommette e tifa per la morte economica dell’Italia, adducendo che in futuro “saranno i mercati a dire agli italiani come votare”. Del resto il commissario europeo al Bilancio, il tedesco Günther Oettinger, aveva detto in un’intervista al corrispondente di DwNews a Strasburgo che “i mercati insegneranno agli italiani a votare per la cosa giusta”. Una frase che ci fa capire come banche e “mercati” (le Borse, le corporate e le multinazionali) abbiano commissariato la politica, il voto democratico.

E che l’Italia sia nel mirino di banche e “istituzioni” varie era già emerso con i fallimenti delle banche popolari (Etruria in testa). Infatti l’Ue chiedeva al Governo italiano di non aiutare i risparmiatori truffati, e di considerare il risparmio un “capitale di rischio”. Questo mentre, nello stesso periodo, Svezia e Danimarca si accingevano a chiedere alle proprie istituzioni finanziarie un “cuscinetto di capitale aggiuntivo”, ed il governo olandese richiedeva un rapporto di leverage del 4% (quoziente tra capitale proprio ed attivo patrimoniale non ponderato per il rischio, la cui soglia minima è del 3 per cento). In pratica, mentre l’Italia ed i suoi risparmiatori venivano scaricati dal “sistema bancario europeo”, di contro gli Esecutivi dei Paesi del Nord Europa si muovevano a tutelare i propri depositi privati senza l’avallo dell’Ue, ma solo dichiarandosi in ossequio ai precetti di “Basilea III”. I Paesi nordeuropei hanno livelli di debito pubblico apparentemente contenuti (la Germania ci gioca tanto su questo), ma un elevatissimo indebitamento privato (soprattutto prestiti e mutui). Ne consegue che i poteri forti europei vorrebbero capovolgere la situazione italiana, scaricando tutto il debito pubblico sui cittadini del Belpaese, vincolandoli così ad una sorta di socialismo reale (e senza stato sociale) fino al giorno in cui non avranno estinto il debito. Molti imprenditori l’hanno capito per tempo e sono fuggito dall’Italia. In pratica le normative bancarie europee hanno trasformato le banche del Nord Europa in prestatori sovradimensionati di danaro rispetto alle dimensioni dell’economia nazionale. Esempi pratici: in Danimarca il debito privato è pari al 310 per cento del reddito disponibile (dati Ocse), in Svezia il rapporto è al 200%, in Olanda il debito delle famiglie è il 250 per cento del Pil del Paese.

Ma avere un debito pubblico contenuto non vuol dire essere al riparo da rischi. Di fatto il sistema nordeuropeo riversa sul cittadino i rischi statali e bancari. Se qualcosa dovesse andare storto sui mercati immobiliari di Olanda, Germania, Svezia, Norvegia... l’esito sarebbe devastante solo per l’uomo della strada, ma Stato e banche (che lì s’equivalgono) rimarrebbero saldamente in piedi. Gli analisti finanziari, per valutare il rischio finanziario sull’estero, calcolano il totale del fabbisogno: definito come somma del deficit annuo delle partite correnti e della parte di debito estero in scadenza entro i dodici mesi successivi. Tutto viene poi rapportato allo stock di riserve valutarie del Paese.

L’Italia è un Paese solido per via dei risparmi privati, che la regia bancaria europea vorrebbe mettere a rischio, trasferendo sulle spalle private il debito pubblico. Questo passaggio è ben noto al ministro Paolo Savona che, argine di saggezza del suo Esecutivo, è ben conscio quanto il “debito pubblico” (e fin quando rimarrà tale) garantisca la salvezza del sistema Italia. Il rischio di crisi finanziarie sovrane indotte da debito privato è altissimo (vedasi bolla immobiliare del 2008) e nell’attuale congiuntura storica ci sono sul mercato soggetti (corporate e multinazionali) che lavorano a trascinare l’Italia nel baratro del sovraindebitamento privato. L’espansione del debito privato è alimentata dalla globalizzazione dei flussi finanziari, intermediati da sistemi bancari locali che ricevono da entità sovranazionali il compito di strozzare il proprio stato sovrano: è il caso dell’Italia, dove le banche ascoltano Pierre Moscovici e Jean-Claude Juncker e non l’Esecutivo Conte.

Ecco che entità sovranazionali, non avendo ancora trasformato in privato il debito pubblico (quel giorno ci manderanno a dormire sotto i ponti) usano lo spread per minacciare l’indebitamento al consumo delle famiglie. Di fatto basterebbe ricomprare le quote di debito pubblico in mano a banche e speculatori stranieri: questo pian pianino ridurrebbe la volatilità infragiornaliera delle quotazioni, riportando Bot e Cct ai tempi in cui rappresentavano un investimento nazionale e non una speculazione estera. Quindi è un bene che l’indebitamento del settore privato italiano rimanga tra i più bassi nell’area dell’euro. E pochi sanno che la “posizione debitoria netta” verso l’estero continua a ridursi beneficiando dell’ampio avanzo commerciale. “La situazione finanziaria delle famiglie rimane solida - lo dice Bankitalia - benché il calo delle quotazioni dei titoli abbia già determinato una contrazione del valore della loro ricchezza. Le condizioni patrimoniali delle imprese sono migliorate negli ultimi anni, anche se il rallentamento ciclico frena la crescita degli utili”.

La ricetta è resistere a questa voracità europea e dei mercati. Del resto, lo stesso mondo bancario italiano s’è reso conto delle implicazioni negative delle nuove disposizioni Ue, utili solo a far sottoscrivere obbligazioni proprie e raccogliere depositi oltre l’ammontare garantito: tutti soldi che i poteri bancari Ue vorrebbero raccogliere in Italia ed investire in Germania, Olanda, Francia...

Del resto sul dibattito è intervenuto anche il ministro per i Rapporti con l’Ue, Paolo Savona, secondo cui “la Bce, essendo preposta al controllo preventivo delle banche europee ed avendo strutture e mezzi adeguati per prevenire qualunque tipologia di rischio, dovrebbe conseguentemente assumersi anche l’onere di far fronte agli eventuali default bancari... evitando di far cadere sui cittadini, attraverso interventi pubblici, le conseguenze dei fallimenti bancari”. Ma Savona sa bene che l’obiettivo è altro. Ovvero piegare la politica (quella che loro appellano come populista) al “bancariamente corretto”. Ovvero sovraindebitare gli italiani e garantire loro una classe dirigente solo ed esclusivamente d’emanazione bancaria.


di Ruggiero Capone