In morte della ragione

Gli intellettuali italiani? Zombie che si credono padreterni. Sento molti di loro parlare in giro di democrazia diretta, tra chi la difende e chi ne ha orrore. Bene. Nel 1989 (millenovecentoottantanove), da giovane e oscuro funzionario, feci arrivare a Oscar Luigi Scalfaro, allora semplice deputato, un mio progetto di democrazia diretta futuribile, ricevendo una risposta molto garbata e costruttiva da parte sua, che conservo autografa tra le mie carte.

Aggiorno un po’ il ragionamento di allora, in anteprima rispetto al mio attuale volume in gestazione, di “Democracy 3.0”: buona cioè per il Terzo Millennio! Ne elenco -senza troppo stare lì a dettagliare- gli elementi strutturali, dicendo subito che sì, anche per me l’unica forma di Democrazia diretta è basata sul sorteggio della rappresentanza parlamentare. Con i seguenti prerequisiti, che non hanno nulla a che vedere con certe uscite di alcuni leader “populisti” europei. Una premessa, prima di tutto. Voi, comprereste un’auto usata da chi non ha la licenza, e quindi la responsabilità, per darvi garanzie sull’acquisto? No, di certo. Voi prendereste un autobus, un aereo sapendo che il pilota non ha né la patente, né il brevetto, né una sola ora di esercitazione alle spalle? No di certo!

Bene: e perché qualcuno pensa di mettere a caso perfetti ignoranti e incapaci alla guida del Transatlantico Italia, per affondare poi allegramente tutti assieme? Mi sembra chiaro che così il Titanic ce lo fabbrichiamo in casa. La mia proposta, invece è la seguente. Chiunque può chiedere di iscriversi a un Albo speciale (tenuto dalla Corte Costituzionale) per aspiranti parlamentari. Solo che, per accedervi, deve conseguire la.. “patente”. Gli esami di cultura, attitudinali e pratici vanno dalla conoscenza approfondita del diritto pubblico e costituzionale; alla contabilità pubblica e al bilancio dello Stato; al saper redigere e illustrare più di un testo normativo di principi e poi più leggi di attuazione collegate. Dopodiché il gioco è facile. Si prende la piramide di distribuzione delle classi demografiche, distinta per sesso e residenza (minimo quinquennale) e si sorteggiano i parlamentari in base ai suddetti tre parametri. Gli eletti durano in carica quattro anni non rinnovabili. “Tutti” gli iscritti percepiscono una indennità pari a “x” volte il reddito medio procapite e, qualora non eletti, svolgono funzioni ispettive a tempo pieno per il sindacato degli atti amministrativi degli enti locali fuori dalla regione di residenza.

Così una volta eletti sapranno dove mettere le mani. A bilanciamento del tutto, il Premier è eletto direttamente a suffragio universale in base a un programma dettagliato di governo che ha diritto a realizzare, proponendo al Parlamento norme “chiuse”. Ovvero: il Parlamento le accetta o le respinge in toto. In quest’ultimo caso il Premier può chiedere e ottenere dall’Assemblea una stanza di compensazione per la necessaria mediazione sui principi. Viceversa, il Premier può esercitare il diritto di veto sulle norme approvate autonomamente dal Parlamento, chiedendo un riesame congiunto. Nel caso di contrasti insanabili tra Premier e Assemblea, entrambi possono chiedere al Presidente della Repubblica nuove elezioni o un nuovo sorteggio. Entrambi, in caso di diniego del Presidente, hanno diritto a far svolgere un referendum chiedendo all’elettorato di esprimersi su nuove elezioni o sorteggio. Sono ulteriormente rafforzati, con obbligo di esame prioritario, le leggi a iniziativa popolare che però devono raccogliere un numero di firme pari all’un percento degli aventi diritto al voto. Il Comitato promotore è organo costituzionale pro-tempore e ha diritto a rapportarsi direttamente con la Corte costituzionale e il Parlamento. A voi il tutto pare un’utopia?

Aggiornato il 17 dicembre 2018 alle ore 12:51