Toh! riscappano fuori le primarie

Non lo sapevo. Mi accade spesso di essere distratto proprio da quelli che dovrebbero essere i fatti e le situazioni chiave. Chiave, magari di porte che sono solo dipinte sul muro.

È in corso nientemeno che la campagna elettorale per le Primarie del Partito Democratico. Ho sempre considerato le “Primarie” degli eredi del Partito Comunista Italiano una stupida e bolsa trovata, un camuffamento significativo di quello che era stato il partito antiamericano. Ma c’era Walter Veltroni, impegnato a far dimenticare il volto incombente di Stalin nei ricordi e pure nel Dna del partito, e nella discendenza di quelli del Comintern. Il Pci (non ricordo più in quale delle sue successive denominazioni) strinse un’alleanza con i residui di altri partiti. In chiave antiberlusconiana, soprattutto. I coalizzati scelsero il leader da contrapporre a Silvio Berlusconi. Lo investirono del ruolo e ne diffusero il ritratto, del resto ben noto, benché un po’ buffo. Il nuovo schieramento sarebbe stato quello di Romano Prodi Presidente. Ma, per dare un tono “americano” a quella “ammucchiata” tipicamente italica, furono presentate altre “candidature”. Il risultato serviva, pare, a regolarsi per il dosaggio nella attribuzione delle candidature per Senato e Camera tra i vari alleati. Nate con un falso dichiarato, le Primarie “all’italiana” si diffusero come metodo base del nuovo Pci, scusate, Pd. Se il Pd ricorreva al falso, Forza Italia andava avanti con la più sfacciata violazione di ogni parvenza di democrazia interna. Le “nomine” di ogni candidato erano quelle imposte da Berlusconi e da qualcuno di sua (al momento) fiducia.

All’epoca del referendum sulla semi-distruzione della Costituzione operata da Matteo Renzi, quando i padroni di Mediaset erano schierati per il Sì confindustriale, Berlusconi creò addirittura un “coso” alternativo a FI, presieduta, o meglio rappresentata, dal candidato di destra battuto nelle Comunali di Milano, un “coso” che non si è mai saputo che cosa fosse. Però ogni tanto veniva fuori, senza compromettersi tra il Sì ed il No. Ora pare che Berlusconi abbia nominato l’erede al trono di Forza Italia. Nientemeno Antonio Tajani, che però le cariche se le sa trovare. Nel frattempo alla “presidenza” di Berlusconi si è aggiunta la vicepresidenza di Tajani. Ogni quindicina di giorni si può leggere su “Il Giornale” la notizia che Berlusconi si è dedicato alacremente alla ristrutturazione di Forza Italia. In una delle ultime “ristrutturazioni” annunziò acquisti di non so quanti sacchi di distintivi e proclamò l’esigenza di portarli all’occhiello. “Tutto chiacchiere e distintivi”, mi venne da commentare.

Gli altri partitini annaspano. Ma, in genere, i leader non si toccano. Anche perché è l’unica cosa che se ne sa. Ora pare che riavremo il “Partito dei Cattolici”.  Per non sbagliare (perseverare diabolicum) i capi li nominerà la Conferenza Episcopale Italiana o forse, per ora, dato che l’“uscita” sarà tutta calabrese, i vescovi di Cosenza e di Catanzaro. Così fiorisce la democrazia nel nostro Paese. Non parliamo della “democrazia diretta” e di quella “telematica”. Che questa sia democrazia vadano a raccontarlo agli spettatori delle cavolate di Beppe Grillo.

Aggiornato il 18 dicembre 2018 alle ore 13:31