Quando ha ragione Salvini

giovedì 10 gennaio 2019


Sissignori. Non sarò certo io a sostenere che Matteo Salvini è simpatico e neppure che ha toni tollerabili. Non dirò che ha la faccia ed i modi di uno che mangia i bambini. Non esageriamo. E, poi, anche se fosse vero ricordiamoci il sentenzioso giudizio di Alberto Sordi nel film: “Buonanotte avvocato!”: “La faccia da delinquente non costituisce reato”.

Capita, questo è il punto, anche a Salvini di aver ragione. E quando capita, che poi è un po’ raro, dargli torto per la sua faccia, i suoi intollerabili modi, i suoi precedenti (e le previsioni, ahimè, per il futuro) è una balorda sciocchezza. È, in fondo, un regalo fatto a lui, che proprio non se lo merita. Nel caso della nave “Sea Watch” e dei quarantanove migranti da essa raccolti in mare nelle acque di Malta, Salvini ha ragione. Non è a noi che spetta di farli sbarcare in uno dei nostri porti. I sindaci di città portuali che hanno offerto di aprire le banchine delle loro città sono degli ipocriti imbecilli più, addirittura, di quelli che hanno dichiarato di aver deciso il ricorso alla Consulta contro il “Decreto sicurezza”.

Se “chiudere un occhio” nei confronti di Malta può avere qualche parvenza di giustificazione, non è detto che gli occhi da chiudere siano quelli dell’Italia. Fortunatamente Mussolini non riuscì (e nemmeno ci provò) ad annettersi “Malta baluardo di romanità” come diceva la canzone “Vincere”!

Il fatto che siamo la Nazione più vicina all’Isola, cui si “concede” (senza bisogno di una farsesca “obiezione di coscienza”) di respingere le navi che battono bandiere di Paesi nordici che pattugliano di Mediterraneo per incontrarsi con gli “scafisti”, non comporta che cada su di noi l’obbligo previsto dalle convenzioni internazionali sull’accoglienza ai naufraghi, come se a Malta non esistesse un grande e ben funzionante porto.

Detto ciò ed aggiunto, magari, che se c’è qualche giustificazione alle “porte chiuse” di Malta, allora c’è da rivedere tutta la normativa, è anche il caso di porsi la domanda se occorra proprio far la parte degli allocchi per far finta di non sospettare (almeno sospettare) che, se non tutto, parte di questi “pattugliamenti” di navi di associazioni umanitarie “no profit” (il no è tanto per dire) sappia tanto di una combine con gli scafisti.

Se i primi li definiscono “mercanti di carne umana”, “speculatori della disperazione”, non è che, crescendo la stazza dei battelli cadano automaticamente tali qualifiche. E allora tutto il sistema va all’aria. Non c’è discorso del Papa che faccia diventare questi capitani di navi con appuntamenti in alto mare con gli scafisti-mercanti etc. etc. qualcosa di molto meglio dei gestori della prima tratta del viaggio verso l’Europa di quei poveracci. E, poi, c’è da fare per capitani ed armatori di tali navigli e per i vari “operatori” umanitari del seguito, fino agli “obiettori di coscienza” alla Orlando e company, il discorso di Ernesto Rossi su Sant’Eligio e la sua passione per il riscatto degli schiavi dell’altra sponda dell’Adriatico.

Certo è che dopo che in Italia, sia pure con la brutalità di un Salvini e delle sue operazioni pre-elettorali, sono cominciate difficoltà per i viaggi a staffetta verso le nostre città e, come direbbe con fine linguaggio il ministro, è finita la pacchia, è diminuito il numero degli sbarchi ma anche quello degli imbarchi sulla costa africana. Il che, poi è l’unico obiettivo concludente da raggiungere. Crudele, come tutti gli interventi del potere e della forza. Ma non di più di operazioni che consistono nel traghettare africani e altra gente dell’altra sponda del Mediterraneo da una vita da cani ad un’altra vita da cani. Certo, c’è un’altra alternativa, quella di dare ai migranti il reddito chi sa perché detto di cittadinanza (il perché è prendere per i fondelli la gente).

L’ammonimento di Ernesto Rossi che ricordava Sant’Eligio, funziona. Farne una colpa a Salvini è da imbecilli. Ce ne sono già troppi.


di Mauro Mellini