“L’unico cambiamento culturale che questo governo sembra voler attuare è l’abolizione del merito, della competenza, degli ordini professionali e dei titoli accademici”.

È questo il commento di Daniele Virgillito, presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Ungdcec) al recente provvedimento del governo in tema di codice della crisi d’impresa. Il Consiglio dei ministri, nonostante il parere del ministero della Giustizia che riteneva i consulenti del lavoro soggetti non muniti delle necessarie competenze contabili e di gestione dell’attività e della liquidazione dell’impresa, amplia, con un coup de théâtre, impropriamente e ingiustificatamente, anche a questi ultimi le responsabilità e le funzioni di evitare gli impatti sociali ed economici che la crisi di un’impresa inevitabilmente comporta. Secondo l’articolo 358 dello schema di decreto legislativo sul codice della crisi d’impresa in attuazione della legge numero 255 del 19 ottobre 2017, possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore, nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza: gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro e tutti coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali. Precisa la norma, sottolinea Virgillito, che la nomina degli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, è condizionata all’esistenza di rapporti di lavoro subordinato in capo all’impresa in crisi o insolvente.

Senza nulla togliere alle competenze specialistiche in materia di lavoro, che per l’appunto sia per formazione che per esperienza, incontestabilmente e inconfutabilmente, i consulenti del lavoro possiedono e senza nulla togliere alle capacità imprenditoriali e gestionali di chi ha svolto funzioni direttive e amministrative, è piuttosto impensabile che queste categorie di professionisti possiedano l’adeguata formazione o abbiamo maturato sul “campo” le competenze utili alla gestione della crisi, addirittura valorizzate dalla previsione della costituzione di un apposito albo degli incaricati che definisce, tra gli altri, gli standard per il mantenimento dei requisiti.

“Azioni imprudenti come questa da parte del Governo giallo-verde mettono a rischio la tenuta di un’intera categoria composta da 118 mila professionisti che hanno creduto nella formazione e soprattutto - rincara la dose Virgillito - qua si mette a rischio l’efficacia di un provvedimento che è stato costruito per mesi proprio sulla base delle competenze specialistiche che solo commercialisti e avvocati hanno dimostrato di possedere”.

Il governo del cambiamento, conclude il presidente, in barba a qualsivoglia percorso formativo e senza batter ciglio, ha pensato bene, prima, di “laureare l’esperienza” in campo sanitario, poi ha imposto il supporto dei dottori commercialisti nella digitalizzazione del nostro Paese, senza concedere alcun incentivo e oggi, incautamente, svilisce e confonde percorsi formativi, competenze e figure professionali.

Aggiornato il 14 gennaio 2019 alle ore 13:49