Giovedì decretone, reddito a 250mila famiglie invalidi

“I motivi tecnici”, come li chiama il premier Giuseppe Conte, che hanno finora rallentato l’iter del decretone su reddito di cittadinanza e pensioni sembrano ormai risolti o in gran parte in via di soluzione.

Il provvedimento dovrebbe quindi finalmente approdare in Consiglio dei ministri domani, allargando la platea dei beneficiari ad oltre 250mila famiglie con invalidi, alleggerendo i dipendenti pubblici dal peso dell’anticipo del Tfr e arrivando in tempo utile per far scattare effettivamente le misure chiave della manovra ad aprile, come annunciato.

Quello dei tempi non è infatti un problema indifferente, soprattutto per il reddito di cittadinanza per il quale, tra l’altro, Luigi Di Maio annuncia “l’obbligo” di spendere l’assegno di 780 euro “entro il mese in cui lo si prende” per aumentare la domanda interna e, con essa, “i posti di lavoro”. Lo strumento è dunque complesso, coinvolge molti attori (Poste, Caf, Inps, centri per l’impiego) e fare in modo che tutti agiscano con procedure ben oliate e in base alle scadenze previste non sarà impresa semplice. Ad ammetterlo è stato non a caso proprio Conte che, smentendo - insieme al ministro dell’Economia Giovanni Tria - divergenze all’interno del Governo, ha spiegato dal Niger che le novità richiederanno “un meccanismo perfetto”. Per questo, ha insistito il presidente del Consiglio, “è normale che ci possa essere qualche tempo in più per affinare”.

Di divergenze politiche in realtà ne erano emerse e a sollevarle era stato Matteo Salvini che, in momenti di tensione interne alla maggioranza dovuti non solo al varo delle nuove norme, aveva minacciato di non votare il provvedimento nel caso in cui non fosse stata risolta la questione disabili. Nell’ultima bozza il problema sembra essere stato superato grazie all’inclusione tra i beneficiari di 254.146 nuclei familiari con invalidi civili, con almeno il 67 per cento di invalidità. Rimangono tuttavia altri nodi sul tavolo, sollevati in queste settimane da esperti e sindacati: come concepito finora il beneficio premierebbe infatti più i single che le famiglie numerose e, allo stesso tempo, stando all’allarme lanciato dal segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, disincentiverebbe i lavoratori. A parità di entrate, da lavoro e da reddito, le prime sarebbero infatti tassate e le seconde no. Più che archiviati, i contrasti politici sembrano comunque essersi spostati: dal doppio decreto al dl semplificazioni.

L’esame del Senato è ancora in alto mare, tanto da far slittare sia i lavori delle Commissioni che quelli dell’Aula, calendarizzati ora per martedì 22. Secondo il capogruppo Pd Andrea Marcucci, il rinvio è dovuto evidentemente a divisioni tra Lega e M5S, sulle trivelle ad esempio, ma non solo, tanto da far parlare sin da ora di ipotesi fiducia. E le gatte da pelare non si fermano qui. A scoppiare è infatti stato anche il caso risparmiatori. Le modalità di rimborso previste dalla manovra, dove è stato istituito il fondo ad hoc da 1,5 miliardi in tre anni, sarebbero infatti suscettibili di incappare in un’infrazione europea. E a lanciare l’allarme sarebbe stato lo stesso ministero dell’Economia, in un documento scritto dal dg Alessandro Rivera durante l’esame della legge di bilancio in Parlamento. Il governo dovrà probabilmente cercare di correre ai ripari, così come sta già facendo anche sui Pir (i Piani individuali di risparmio). Le modifiche formali alla normativa introdotte con la manovra, rimandate però concretamente ad un successivo decreto attuativo che non ha ancora visto la luce, hanno bloccato la loro raccolta. Mef e Mise sono dunque al lavoro, assicurano entrambi i dicasteri, per rendere operative le novità entro febbraio, riattivando gli investimenti.

Aggiornato il 16 gennaio 2019 alle ore 10:48