Brexit e disunione europea

Che l’Unione europea stesse implodendo sotto il peso dei “comitati d’affari”, degli egoismi bancari tedeschi e delle imposizioni commerciali francesi (olandesi, belghe, danesi…) era già chiaro al corpo elettorale britannico da almeno un decennio. La Gran Bretagna che, grazie alla sua passata politica coloniale non può certo dare lezioni di filantropia all’Ue, aveva però creduto si potesse costruire un percorso europeo sempre più scevro da prevaricazioni finanziarie e commerciali. Soprattutto il Regno Unito non ha accettato lezioni d’umanità sulla gestione dei migranti da parte di Francia e Germania. Non dimentichiamo che, le navi delle Ong finanziate da George Soros battono bandiera tedesca ed olandese. Ma Soros è anche persona non gradita alle istituzioni britanniche a seguito delle speculazioni piratesche sulla sterlina, senza contare che la magistratura del Regno Unito ha indagato il magnate per traffico di migranti.

I palazzi di Bruxelles si sono dimostrati sordi alle parole di Londra come in passato a quelle di Atene. Senza contare la miriade d’esempi di poca fiducia franco-tedesca nell’economia italiana: di fatto una strategia per convincere i governi italiani a svendere aziende e patrimoni. La Germania è dunque tornata a dare lezioni, questo la Gran Bretagna non l’ha sopportato. Soprattutto la Germania ha creduto d’esercitare un ruolo di supremazia sul dibattito politico ed economico europeo. Non è certo un mistero che, la politica di Bruxelles oggi confligga con gli interessi di Londra ma anche con quelli di Budapest: il governo ungherese è stato bacchettato da Bce ed Ue per aver raddoppiato in cinque anni le proprie riserve auree. Quindi non è solo un caso di Brexit. Perché la politica del “sistema bancario europeo” sta di fatto confliggendo con gli interessi legittimi di tutti i paesi non in linea con l’asse franco-tedesco.

“Il governo italiano deve saper gestire il proprio alto debito pubblico, questa responsabilità non gliela toglie nessuno - afferma a mo’ di disco rotto Olaf Scholz (ministro tedesco delle Finanze) -. Il debito non si può esportare e nemmeno trasferire ai partner europei”. Ecco che Olaf Scholz “consiglia” all’Italia di svendere i propri asset (Finmeccanica, Enel, Eni…) e di non fare più affidamento sull’oro di Banca d’Italia, perché oggi ostaggio del sistema finanziario internazionale. Un po’ difficile trovare armonia nell’Unione quando la linea non è condivisa da tutti, soprattutto crea malcontento e decrescita infelice.

“L'Unione Europea non è un comitato d'affari ma una comunità di valori sulla quale si costruisce la convivenza dei popoli europei e la coesione sociale”, ha detto il presidente Sergio Mattarella a Berlino (al termine di un incontro con il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier): parole sacrosante, che si stenta a credere trovino seguito nelle politiche economiche volute dalla Germania. E sembrano davvero un pianto di coccodrillo le parole del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, sull’uso eccessivo dell'austerity: gli italiani non dimenticano i moniti dell’Ue durante i governi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, in cui s’invitava a strette creditizie, aumento di tasse e licenziamenti alla greca.

L’Ue per quasi due anni ci ha fatto ripetere dalla stampa addomesticata che, la Gran Bretagna si sarebbe fatta del male uscendo dall’Ue, che Londra sarebbe tornata indietro di cento anni. Ma, mentre impazzava la bagarre alla camera dei Comuni, Donald Tusk (presidente del Consiglio Ue) ha stranamente aperto all’ipotesi di una “no Brexit”: in un tweet ha lanciato il “coraggio di parlare di un annullamento del voto di giugno 2016.

“Se un accordo è impossibile e nessuno vuole l’accordo - parole di Donald Tusk -. quello già firmato, allora alla fine chi avrà il coraggio di dire qual è l’unica soluzione positiva per il Regno Unito?”. Ma ad essere preoccupata è solo la May, perché il popolo s’è già espresso, e solo i giornali filoUe parlano di ripensamenti. Senza un accordo a fine marzo scatta la Brexit senza un accordo (il “no-deal”). Di fatto giornalisti “filoUe” e filo “asse franco-tedesco” non si rendono conto che le forze produttive britanniche vogliono stare fuori da questa Europa, e promuovere un rapporto commerciale (e legale) sulla falsa riga di quello che l’Ue ha con la Norvegia. Anche perché le stime dicono che questa linea farebbe volare l’economia britannica. Soprattutto l’Unione Europea, fino ad ora tronfia e bulla, è oggi nell’angolo, soprattutto non può respingere qualsivoglia nuovo accordo con la Gran Bretagna. La May di fatto è ormai indigesta al proprio partito ed ai britannici, e per aver piegato il ginocchio con l’Ue. Il suo antagonista laburista Corbin (oggi quasi suo amico) non è affatto nei cuori dei britannici, e certo il suo voto non può scongiurare il “no-deal”. Questo schema di Unione europea non funziona, e mettere sul banco degli imputati Gran Bretagna, Italia, Ungheria, Polonia, Grecia e Portogallo non agevola la coesione, anzi avvelena gli animi. L’elettorato in cuor suo ha già bocciato l’austerity propinata dai poteri bancari ai popoli… si aspetta solo il verdetto di primavera.

Aggiornato il 21 gennaio 2019 alle ore 16:12