Sorvegliare e punire il giornalismo, la missione di Vito Crimi

“Avete visto perché abbiamo fatto bene a tagliare i fondi per l’editoria? Il titolo omofobo di “Libero” di oggi ci dà ragione”. Luigi Di Maio, vicepremier al “Reddito di cittadinanza”, parafrasando quello che diceva Golda Meir dei palestinesi, “non perde mai l’occasione di perdere un’occasione”. Nella fattispecie di tacere e meditare prima di parlare. 

Ma il sottosegretario con delega all’editoria, Vito Crimi, sembra avere invece davvero una missione, che – citando Michel Foucault – si potrebbe riassumere così: “Sorvegliare e punire”. I giornalisti  s’intende. Con sovvenzioni per i giornali buoni e taglio dei fondi dell’editoria, ormai ben poca cosa, per i cattivi. Che poi spesso, quasi sempre, coincidono con quelli che non piacciono al sottosegretario stesso e al Movimento Cinque Stelle di cui fa parte. Questa non sarebbe una novità, anche se tanti colleghi e illustri pensatori faticano a digerirla e a chiamarla con il proprio nome, cioè “fascismo burocratico”, ma la cosa balza agli occhi nell’episodio odierno, quello che riguarda il titolo di cattivo gusto se non bellamente omofobo di “Libero”. Che credeva di fare sarcasmo sostenendo che “calano fatturato e Pil ma aumentano i gay”.

Ebbene, in una circostanza in cui Crimi poteva avere ragione, ad esempio con una normale e anche feroce critica a questa maniera di fare “populismo giornalistico”, riesce – insieme a Di Maio che subito si schiera con il sottosegretario – a passare dalla parte del torto legando l’erogazione dei fondi per l’editoria al politically correct. Da lui – unico giudice con delega governativa  – appositamente vagliato. E con ciò ergendosi a supremo  decisore di chi sia degno di prendere soldi dallo Stato e di chi no. Una specie di maestro con bacchetta mediatica per mandare dietro la lavagna gli editori e i giornalisti “cattivi” e tenere ai banchi gli altri. Sicuramente fanno orrore quei titoli che ammiccano al razzismo e all’omofobia in cui tanti giornali – non solo “Libero” (talvolta Crimi potrebbe dare un’occhiata a “La Verità”, tanto per non fare nomi) – si cimentano come scorciatoia commerciale da vendere a una platea becera. Che si dimostra più ampia di quella normale. Tanto nella politica quanto nell’editoria. Ma altrettanto fa ribrezzo un sottosegretario che si arroga il ruolo di Padreterno in sedicesimo e che manda all’Inferno o in Paradiso secondo criteri non sempre molto limpidi.

L’apparente nazi-maoismo fuori tempo massimo in salsa Casaleggio Associati irrita perché la “sorveglianza” è di quel tipo che ricorda il Grande Fratello di orwelliana memoria, mentre la punizione ha anche l’aggravante pedagogica. È il classico “cappello d‘asino” da rivoluzione culturale cinese.

Aggiornato il 23 gennaio 2019 alle ore 18:45