C’è puzza di bruciato

giovedì 24 gennaio 2019


Che l’Europa e l’Euro fossero in crisi e sulla via del tramonto si era capito già da un pezzo, dunque l’unico dubbio può riguardare i tempi. Del resto solo un bimbetto potrebbe credere il contrario, in un clima come questo, che vede contrasti, divisioni, antagonismi e differenze fra tutti e su tutto dentro l’Unione europea.

Insomma, si conferma che i paroloni dei guru, i cosiddetti “padri dell’Euro e dell’Unione”, i sogni di benessere e solidarietà, crescita e condivisione, erano una presa in giro per farci credere lucciole per lanterne. Tanto è vero che oggi, molti di loro, si affannano ad ammettere gli errori, le omissioni gravi, il pianto del coccodrillo, oppure la chiusura della stalla a buoi fuggiti, o ancora meglio: ipocrisia.

Ecco perché in questo clima il rafforzamento del patto a due fra Germania e Francia siglato ad Aquisgrana puzza di bruciato eccome. Oltretutto, il fatto di aver per l’ennesima volta trascurato l’Italia, membro fondatore, la dice lunga per un verso, sulla nostra ininfluenza, per l’altro sui magheggi franco-tedesci in corso. Certo, ad Aquisgrana si è parlato di difesa, di seggi al Consiglio dell’Onu, di equilibri mondiali, di Cina, Russia e America, ma sotto sotto, almeno per noi, il nodo vero è stato quello dell’Euro e della Ue. Sull’Onu poi mai la Francia rinuncerebbe al seggio sulla sicurezza, ottenuto per miracolo divino; qualsiasi potenza nucleare lo farebbe mai, del resto. È vero invece che tra le due, Francia e Germania, sulla difesa ci possa essere integrazione, perché una dispone di armi nucleari e l’altra no, così come vi sarà una sommatoria delle reciproche influenze commerciali, economiche ed estere.

Comunque sia il risultato è evidente, un enorme aumento di potere dei due Paesi uniti, soprattutto uno scudo totale contro i rischi di una eventuale deflagrazione dell’Euro e dell’Unione europea. Sia come sia, lo schiaffo all’Italia è conseguente, insomma chiamatela come vi pare, ma pur sempre di trama alle spalle si tratta. Aquisgrana non è stato un caffè da prendere assieme tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente Emmanuel Macron. Ecco perché viene il sorriso a vedere Giuseppe Conte correre, seppure encomiabilmente, da un summit all’altro sperando di recuperare un potere contrattuale che non c’è, praticamente su tutto. Del resto sarà mica un caso la coincidenza fra Aquisgrana e Davos, a pochi mesi dal turno elettorale europeo, con l’Inghilterra fuori comunque, con Mario Draghi alla fine del mandato e con l’Italia in mano ad un Governo innaturale fatto in larga parte da incapaci.

Per noi dietro le quinte, da Aquisgrana a Davos, il vero focus è stato proprio l’Euro e il suo futuro, il futuro della Ue e le contromisure necessarie. Certo, pensare che il nostro modo di affrontare un 2019 tanto decisivo sia stato il varo di una finanziaria scriteriata, che aggraverà la recessione, che ci farà litigare col resto del mondo, che ci esporrà a procedure d’infrazione, suscita senso di disperazione e rabbia insieme.

Per concludere ci restano due cose, da una parte l’auspicio del classico stellone, che spesso ci ha salvati dal peggio, dall’altra un lampo di genio di Matteo Salvini, che capisca a che trappola abbia abboccato, e soprattutto da che parte sia arrivata.


di Alfredo Mosca