L’ipocrisia e la verità

Sono ipocriti e rozzi tutti quelli che hanno attaccato Antonio Tajani per alcuni commenti sul Ventennio. Si tratta della solita crociata radical chic che, spudoratamente, spara a zero e basta. Del resto, per dare del fascista al presidente del Parlamento europeo ci vuole una faccia tosta senza limiti, oltretutto solamente perché Tajani ha elencato una serie di opere e di realizzazioni di quel periodo. Sia chiaro, pretendere onestà da parte di chi ha falsificato la storia, chi ha camuffato libri e cultura, chi ha viziato la narrazione dell’Italia dal Dopoguerra in poi è forse troppo, ma accusare Tajani di apologia del fascismo è ridicolo. Nessuno e nemmeno per sbaglio può mettere in discussione l’antifascismo del presidente Tajani. E non lo scriviamo certo per difesa. Anche perché in questo caso non c’è nulla da difendere, punto. La realtà è che da noi, il problema culturale, non è la storia del fascismo. Tutti sappiamo degli orrori, della vergogna sulle leggi razziali, dell’alleanza folle col nazismo, delle squadracce vili e violente, dell’assenza di democrazia e di tutte le ulteriori e drammatiche colpe. Lo sappiamo bene, così tanto, che il nostro giudizio è di condanna totale e senza appello, definitivo, senza sconti e sottrazioni. Insomma sia chiaro, ripudiamo il fascismo. Ma se per placare l’avidità d’ipocrisia di una sinistra disonesta, l’antifascismo di cui siamo fieri, deve spingerci a negare, quello che è stato fatto nel ventennio, non ci stiamo. La falsità non ci appartiene.

Anzi, la lasciamo volentieri ai figliocci di Togliatti, che con lui, della falsità hanno fatto bandiera, nascondendo sempre le vergogne comuniste, e gli orrori compiuti dai compagni, dai sodali del Migliore. Quel Migliore che esortava i partigiani a stare coi titini per infoibare gli innocenti. Quel Migliore che era il braccio destro di Stalin per le purghe e le deportazioni, anche di italiani. Quel Migliore che applaudiva ai carri armati d’Ungheria e all’antisemitismo russo. Quel Migliore che ha fatto scuola nel Paese, addestrando al comunismo e alla bugia tutti i suoi eredi. Quello che con Dossetti nella Costituente ha originato il cattocomunismo. Quello, infine, che ha insegnato tutto, a molti che girano ancora parlando di democrazia. Insomma, Palmiro e il Pci, quello della resistenza e del triangolo della morte. Leggete Giampaolo Pansa per farvene un’idea, quella vera però, non quella fasulla, che per decenni hanno raccontato i figliocci di Ercole. Ecco perché non ci stiamo agli attacchi sulla descrizione, delle opere del ventennio. Chissà, i postcomunisti preferirebbero sentirsi dire che le bonifiche furono fatte da Palmiro, che l’Iri fu lui ad inventarla, che la Treccani fu una sua idea e la Garbatella pure. Bene. Noi non smetteremo mai di dire il vero, che piaccia o meno ai radical chic, ai figliocci di Togliatti e del Pci, Pds, Ds, Pd. Noi siamo liberi e liberali, conosciamo la democrazia e, soprattutto, l’onestà intellettuale. Dulcis in fundo, una semplice chiosa: il fascismo, per fortuna, è morto e sepolto. Il comunismo e il cattocomunismo ancora no. Anzi è, autorevolmente, rappresentato. Purtroppo.

Aggiornato il 14 marzo 2019 alle ore 12:36