Cosa resterà

Come il brano di Sanremo, cosa resterà? Cosa rimarrà dopo le elezioni europee, così come più avanti, dei grillini e di tutto il movimento, dopo l’ennesimo episodio che li scuote dal di dentro? Che fine farà questo partito, nato non certo da un ideale alto, ma da una astuzia interessata di un bravo comico assieme ad un signore di sinistra. Certo, va detto, che se una mente comunista, molto sottile, non avesse creato le condizioni per la magnificazione elettorale dei grillini, tutto sarebbe stato diverso e molto meglio.

Nel 2011, Giorgio Napolitano dopo aver tentato con Fini, bella persona, di disarcionare slealmente Silvio Berlusconi, decise infatti di giocarsi Monti. Sia chiaro, non fu una azione solitaria, ma il frutto di scelte concordate, nate nella bufera di quegli anni dentro la Ue, banche, subprime, derivati, guerra alla Libia e conseguente immigrazione, insomma l’asse franco-tedesco c’entrava eccome. C’era bisogno, per farla breve, che l’Italia non facesse storie, non si mettesse di traverso, e di sicuro il governo Berlusconi, per quel passaggio, non poteva andare, basterebbe pensare a Tremonti. Oltretutto, girava voce che la scelta di Mario Draghi sulla Bce fosse legata all’obbligo per noi di fare cassa, e tanta, a partire dal sistema della previdenza, inviso a troppi nella Ue.

Insomma anni difficili, aggravati dalla scelta scellerata, di quei santi di Obama e Sarkozy, di mettere a ferro e fuoco Libia e Medioriente. Sia come sia, Berlusconi fu costretto ad accettare, ma peggio ancora, errore imperdonabile per noi, a sostenere il Governo Monti, un Esecutivo eccentrico, anomalo e targato. Per la cronaca tra le stranezze di allora, nel mezzo del conflitto libico e del Medioriente, compreso ciò che ne sarebbe conseguito, guarda caso, fu messo Francesco e Ratzinger posto a riposo.

Bene, anzi male, da lì, da Monti in poi, da quell’Esecutivo lacrime e sangue, tormento fiscale, esproprio previdenziale e spietatezza sociale, iniziò la grande ascesa dei grillini, al grido di onestà, riscatto e cambiamento.

E qui arriviamo al punto, da allora passando per tutti i successi elettorali, Roma, Livorno e Torino, se c’è stato un partito tormentato da problemi, inchieste, dimissioni, intrighi interni, è stato proprio quello dei grillini. Del resto Roma da sola potrebbe bastare ed avanzare per capire, mai nella storia delle giunte romane è successo tanto ed in continuazione, una sequela di scandali e fattacci. Per non parlare di rimborsopoli, dei curricula camuffati dei parenti inadempienti col fisco e col lavoro, delle ombre sulle spese e sulle privatezze, delle espulsioni strane, insomma un fiume in piena. Alla faccia della diversità, dell’onestà e del cambiamento; dopodiché, sia chiaro, c’è il garantismo, dunque molto è da verificare, altro, è ipotesi in corso, altro infine è collaterale, ci mancherebbe, vedremo, ma il giudizio politico è netto e negativo, punto.

Come se non bastasse c’è il giudizio sugli atti, anche qui Roma docet, per non parlare di governo, di crisi, di Tav, di tasse, di lavoro assistenziale e debito esponenziale, insomma di nuovo nulla, di miglioramento nemmeno e di cambiamento, semmai, Capitale in testa, solo in peggio. Ecco perché in conclusione viene da dire, cosa resterà? Che resterà degli strilli di onestà, di trasparenza, di efficienza e capacità nella gestione e nella amministrazione? Resterà poco e niente, il nulla elettorale e il resto fatto male, un male che purtroppo pagheremo tutti, e pagheremo tanto, il prezzo alto di uno sbaglio che, se lo avessimo capito prima, oggi l’Italia starebbe molto meglio.

Aggiornato il 21 marzo 2019 alle ore 11:24