La legalità e la grande bellezza di Roma, parla Sabella

L’arresto di Marcello De Vito, seguito dal caso Frongia, sono solo gli ultimi di una lunga serie di grattacapi per Virginia Raggi. La sindaca di Roma non trova pace ma insiste ad usare parole come “legalità” e “provano a infettare”. Così non abbiamo potuto fare a meno di incollare i pezzi e queste parole ci hanno riportato alla memoria una persona: lui, l’ex assessore alla Legalità e alla Trasparenza del Comune di Roma, il “Cacciatore di mafiosi”, magistrato siciliano di Bivona, che, per chi non lo sapesse, è la città delle pesche. Stiamo parlando del sostituto procuratore del Pool antimafia di Palermo Alfonso Sabella. Un magistrato che ha condotto alcune delle operazioni di contrasto alla mafia più importanti, fra cui l’arresto di Brusca. Sabella, oggi giudice del Tribunale di Napoli, ha scritto un libro che s’intitola, per l’appunto, Capitale infetta. E della legalità ha sempre fatto il suo baluardo. Tant’è che Ignazio Marino lo aveva designato assessore in questa “specialità” per Roma e per il litorale, cioè Ostia.

Dottor Sabella, perché nel 2016 la sindaca Raggi non l’ha voluta nella sua Giunta?

In campagna elettorale l’attuale sindaca di Roma disse una cosa che io ho condiviso: “Nella mia amministrazione non ci sarà un assessore alla Legalità”. Il concetto è giustissimo, nel senso che un assessore alla Legalità è una figura anomala, una figura che non dovrebbe esistere in nessuna amministrazione, perché la legalità non è un punto di arrivo a cui un assessorato tende ma un punto di partenza di tutta l’azione politica e amministrativa. L’ho scritto anche nel mio libro: “Roma non avrà più bisogno di un assessore alla Legalità”. Ma vorrei capire il motivo per cui sono stati abbandonati tutti i sistemi di controllo efficaci dell’azione della Pubblica amministrazione e della politica. Un esempio, la Centrale unica di committenza (Cuc) che è fondamentale in una città come Roma, a prescindere dal fatto che è imposta dal codice degli appalti. La Cuc rappresenta uno strumento a disposizione della Pubblica amministrazione per semplificare le procedure di acquisizione di servizi e forniture, promuovendo la pianificazione dei fabbisogni e gli acquisti tramite mercato elettronico. Questo significa ridurre di gran lunga il numero delle stazioni appaltanti dei centri di spesa, se non quasi farle diventare un unico soggetto aggregatore: a Roma abbiamo oltre cento centri di spesa ed oltre una cinquantina di stazioni appaltanti. E questo vuol dire che, se oggi per un esempio, devi comprare una sedia o una penna per 15 presidenti di Municipio non fai una singola gara per comprare 15 penne, ma fai 15 gare per comprare ogni singola penna. Le sembra una cosa sostenibile? Se la Cuc non piaceva come l’avevo proposta io, anche se era stata approvata in Giunta e doveva solo passare in Consiglio, se non volevano portarla in Consiglio allora io dico fatene un’altra, ma fatela. Non si può non avere un organo così a Roma.

A fianco della sindaca Raggi non c’è da sempre un’altra figura, il Capo di Gabinetto.

Non si può governare la città di Roma senza questa figura fondamentale. Perché il capo di Gabinetto è il punto d’equilibrio fra la politica e la burocrazia. Una figura cruciale soprattutto nella capitale.

Lei aveva preso altre misure per migliorare il livello di legalità nell’amministrazione di Roma. Ce ne dice qualcuna?

Per aumentare l’efficienza e il livello di legalità del Corpo dei Vigili avevo previsto la loro rotazione territoriale. I vigili hanno impugnato al Tar ma ho vinto sia al Tar che al Consiglio di Stato. Il mio piano di rotazione era quello: me ne vado io e quel piano viene annullato in autotutela. Ritengo per non avere conflittualità coi vigili. Però, laddove avevamo applicato quella rotazione territoriale avevamo avuto un incremento delle sanzioni del 27 per cento. Non credo sia stato un caso. Poi, il regolamento sui contratti risaliva al 1993. Ne ho fatto approvare uno nuovo in Giunta, pronto per andare in Consiglio, ma è stato chiuso in un cassetto anche quello. Allora, ci si può anche privare di un assessore alla Legalità, ma occorre mettere in atto un sistema di controllo adeguato. Spero, adesso, non me ne vogliano i miei amici dell’Anac, ma i piani triennali dell’anticorruzione rischiano di essere acqua fresca. Solo belle parole buttate lì, prive di efficacia. Perché non si è investito ed insistito sulla formazione dei dirigenti? I dirigenti di Roma Capitale non vengono formati da anni. Avevo iniziato io, ma senza soldi, perché il mio assessorato non aveva soldi in bilancio e quindi avevo iniziato a fare corsi di formazione chiedendo favori gratuiti ad amici magistrati e a dirigenti di ministeri, tutte persone molto competenti. Tutto abbandonato. Ostia? Cosa devo dire di Ostia. Ho avviato demolizioni, chiuso varchi. Vado via io e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Forse la legalità non è coniugabile con la politica? Non posso pensare una cosa del genere. C’è sempre un modo lecito per fare le cose. Per qualcuno sembra quasi che l’unico modo di contrastare la corruzione sia quello di non fare. Così non emerge nulla.

Basterebbe non rubare.

Ogni volta che vado a Milano resto estasiato da com’è oggi. Basta anche guardare Napoli per vedere come a Roma siamo rimasti indietro. Io lavoro a Napoli, che ha problemi sociali superiori rispetto a quelli di Roma. Ma è una città che, lentamente, vedo andare avanti. Vedo delle cose che cambiano, piano ma cambiano. Roma, invece, va indietro, semplicemente. Di chi sia la responsabilità non lo so. Però è chiaro che se l’unica opera che si vuole fare è il nuovo stadio. Ma lo si fa solo perché il management della squadra capitolina dice che bisogna farlo. Perché aiuta a non perdere i voti dei tifosi. Poi però, questa vicenda non si riesce a governare. Giovanni Caudo, ex assessore all’Urbanistica nel 2017, tecnico molto qualificato, aveva detto che cerano delle criticità in questo progetto dello stadio. Lo aveva, addirittura, scritto in una lettera aperta. Dicendo: “attenzione, state facendo un favore ai proponenti che si mettono in tasca almeno trenta milioni di euro col nuovo progetto”. Quindi l’Amministrazione comunale tutto questo lo sapeva. Allora, se lo sai non devi accendere solo un faro. Ma tutti i riflettori del mondo su questa vicenda, perché è chiaro che è ad enorme rischio corruttivo. L’altro dato importantissimo è che, ancora, una volta emerge che l’unica titolare del controllo della legalità in questo Paese è la magistratura, che si avvale delle forze di polizia. Non è possibile andare avanti così. Il controllo della legalità va fatto all’interno delle pubbliche amministrazioni. Lo deve fare la politica e la burocrazia ancora prima della magistratura. Perché quando arrivano Pignatone e la Procura è troppo tardi e l’interesse pubblico è stato sviato a favore dell’interesse privato.

La Raggi, di fatto, sembra avere inanellato un errore dietro l’altro.

Non penso che le scelte di chi l’ha preceduta siano state scelte criminali. Le mie scelte, nei miei dieci mesi in Giunta, non sono state criminali. Le scelte del sindaco Marino non sono state scelte criminali. Lui con Mafia capitale non c’entrava niente. Piuttosto è stato una vittima. È di questi giorni la notizia del rinvio a giudizio dell’ex amministratore delegato di Ama Fiscon, che Ignazio Marino voleva silurare e qualcuno lo ha costretto a lasciarlo al suo posto. Questo è emerso dalle intercettazioni. Se noi mettiamo Raffaele Marra ai rapporti con i consumatori è un conto se lo chiamiamo a guidare il Gabinetto è un altro. Per carità, sono scelte e non è che esiste la patente di onestà a vita. L’occasione fa l’uomo ladro. Non bisogna criminalizzare tutta la categoria politica o un intero gruppo dirigente solo perché qualcuno è “diventato” disonesto.

Questo suo sistema di controllo della legalità non solo è stato ignorato successivamente, ma hanno cercato di dimenticarlo, come il suo assessorato?

Anche da New York mi erano giunti i complimenti per come avevo organizzato il sistema di controllo della legalità e questo mi era bastato già sul piano personale. Poteva essere perfettibile. Però prevedeva un controllo tra politica e burocrazia, burocrazia e politica e tra burocrazia e burocrazia. In rapidità di esecuzione, senza perdere in efficienza, anzi accelerando i processi. Facendo in modo che corrompere uno, due, tre o quattro persone non servisse. Magari dovevi corrompere cento persone per ottenere il risultato. Si butta sempre la croce su Roma. Io ho incontrato pubblicamente, sottolineo pubblicamente, diversi imprenditori ed ho capito che a Roma c’è anche l’imprenditoria sana, onesta, che avrebbe tanta voglia di confrontarsi in un gioco leale. Il problema è che se il gioco è sleale, tanti imprenditori sono in qualche modo indotti, e mi guardo bene dal giustificarli, a cercare di fregare gli altri giocando slealmente. Ma all’imprenditore bravo conviene giocare lealmente, perché chi è più bravo, vince. Se io sono più bravo vinco, se vinco non pago mazzette. Non mi vado a comprare false fatture per giustificare falsi lavori che non faccio. Non mi metto al soldo di criminali a destra e a sinistra. Sono libero. Questo deve essere l’imprenditore vero e serio, e a Roma ce ne sono tante di imprese così. Ed io avevo cominciato a fare uno screening di queste imprese che avevamo accreditato in Campidoglio. Pensi che ho cancellato dal nostro elenco imprese che mi avevano fatto un’autocertificazione di cui non mi sono accontentato, in cui si diceva che non avevano rapporti con altre imprese. Ma ho scoperto, con certezza, il collegamento e le ho cancellate tutte. Tutto questo però lo devi portare al di là dei piani anticorruzione dove ci diciamo tutti quanto dobbiamo essere bravi, onesti, belli e buoni. E poi devi dare alla Pubblica amministrazione gli strumenti per capire dove ci può essere la criticità. Le faccio un altro esempio che sembra non avere alcun rapporto con quanto le ho appena detto: quando io arrivai a Ostia, una delle prime cose che feci quale fu? Vidi che c’era una palestra che gestiva Roberto Spada e vidi che Roberto Spada era incensurato, però gestiva questa palestra in locali del Comune. Io so chi è Roberto Spada e a che ambito appartiene, e una delle prime cose che ho fatto, gli ho chiuso la palestra. Gli ho mandato i vigili, gliel’ho sigillata e l’ho mandato via. Non ho aspettato la testata a Piervincenzi per chiudergli la palestra. Questo è il discorso. Tu, amministrazione, lo fai prima. Perché alcune criticità riesci a intercettarle. Dove c’è una criticità devi intervenire prima che la frittata sia fatta, prima che la magistratura intervenga. Poi me ne sono andato via io e la palestra gliel’hanno fatta riaprire. Sinceramente, non so che dire. Però ci sono cose che si possono fare, che la Pubblica amministrazione può fare. Io non posso, da cittadino romano, accettare questa idea che Roma è un malato incurabile. Non è incurabile Roma. Roma ha bisogno di una buona amministrazione e di una sana visione politica e questo probabilmente è mancato negli ultimi anni. Ed ha bisogno della capacità dell’amministrazione e di realizzarla. Se metti in campo queste cose con gli strumenti giusti e con un po’ di competenza, Roma la tiri fuori dalle secche, le potenzialità di questa città sono straordinarie. Torno a Milano. Se le sogna Milano le potenzialità che ha Roma. Eppure, Milano sta volando perché è stata fatta una grande operazione di rapporto pubblico-privato, con grande riequilibrio del sociale e questo lo si deve perlopiù a Pisapia. Perché lui è riuscito a riequilibrare e ridurre di molto la conflittualità sociale in quella città. È così che Milano ha preso il volo. Io c’ero da studente universitario e ritornare in alcuni quartieri dove non si poteva andare a cuor leggero, e badi che pur non avendo un soldo in tasca avevo comunque paura ad andare. Ora vai a vedere cosa sono diventati quartieri come Garibaldi, le Varesine, Bicocca. Fiera è diventato un posto splendido. È una città che è decollata. Perché a Roma non si è potuto fare lo stesso? Perché a Roma c’è una fragilità e una incapacità della Pubblica amministrazione. E la classe dirigente di cui Roma è dotata, diciamo la verità, non è all’altezza delle funzioni di Roma Capitale e questo è colpa sicuramente di chi in qualche modo li ha portati lì.

Però sembra che molta della politica attuale pecchi di grande incompetenza. Come si recupera?

Con la legge Bassanini la politica non può essere totalmente incompetente perché la Bassanini, anche se io le attribuisco diverse colpe, è pur sempre una legge splendida. L’idea di fondo di quella legge è inattaccabile quando ti dicono separiamo l’indirizzo politico dalla gestione amministrativa. Ma se tu, politica, non hai un braccio operativo capace e degno di questo nome puoi essere il politico migliore di questo mondo ma non puoi essere mai in grado di realizzare i progetti che fai e questi resteranno solo sulla carta. Prima di lasciare Roma io lo dissi: attenzione a chi verrà a governare qui. Deve dotarsi di una burocrazia migliore. O forma quella che ha o se ne cerca altra.

Non ci sono più i partiti di una volta che formavano i giovani e li facevano crescere nel loro vivaio.

Non lo so. Non è mio compito sapere come si forma la classe politica. Una volta c’erano le scuole di partito dove insegnavano pure a fare il giardiniere. Oggi c’è solo improvvisazione. Ma poi dico: quando il Parlamento farà una legge sui partiti con delle regole chiare? È importante saperlo. Poiché i partiti concorrono alla formazione della volontà popolare nel nostro Paese. Eppure, non c’è una legge che li regolamenta. Sono passati 72 anni da quando è stata approvata la Costituzione. E poi bisognerebbe ripensare al finanziamento pubblico ai partiti. In maniera tale che renda i partiti più liberi e meno influenzabili, anche incrementando le pene. Regole minime alle quali tutti devono uniformarsi. Quella potrebbe essere una soluzione che permetterebbe all’Italia di uscire da queste secche e di guadagnare qualche punto sulla classifica delle nazioni virtuose nel campo della corruzione.

Forse ci vorrebbe una nuova Tangentopoli perché la facciano?

È incredibile quello che è accaduto nel nostro Paese. I partiti sono al centro della vita politica, amministrativa, burocratica e sociale. E non c’è una legge che regolamenti il loro funzionamento e ognuno fa quello che gli pare e piace, cambiando, modificando le regole, alternandole, chi fa le primarie, chi usa Rousseau, chi non fa niente, chi ha un padrone. Non può essere così. Ogni giorno che passa si fa un danno alla nazione. Poi incrementerei duramente le pene per chi si piglia un euro fuori dal circuito legale e così liberi i partiti dalle fonti di corruzione. Così diventa non un problema di sistema dove insistono molte mele marce, ma un problema legato alla fragilità dell’uomo.

Questo concetto mi ha colpito già nel passaggio precedente. Cosa intende dire? Che qualsiasi uomo ha il suo prezzo e può farsi corrompere, o se vive una circostanza particolare della vita può cadere in tentazione, anche se si tratta di una persona perbene?

Ormai ho trent’anni di esperienza in magistratura e ho conosciuto tante persone. Tante le ho dovute giudicare, e ho potuto valutare che geneticamente magari erano anche oneste, però di fronte ad una determinata situazione hanno ceduto. Ho conosciuto tante persone anche nel mio lavoro che ho creduto oneste, di cui mi fidavo e poi sono stato deluso. Non penso di essermi sbagliato nel momento in cui ho espresso il giudizio iniziale, però le persone a volte cambiano, si modificano.

Ma cambiano per debolezza?

C’è un aspetto di debolezza e un aspetto di emulazione. Mi spiego. Una volta me andai ad un’assemblea di costruttori edili, a tenere un intervento e mi misi ad osservare. Ero l’ospite di rilievo in quanto assessore alla Legalità. Io sto bene di famiglia e non mi sono mai sentito a disagio. A quell’epoca il mio stipendio era di 3.300 euro come assessore di Roma Capitale. Io ero l’ospite d’onore, ma la platea che mi accoglieva era venuta chi in Ferrari, chi in Maserati, chi aveva al polso un Daytona da 40mila euro e tanti erano abbigliati con splendidi abiti su misura. Ho pensato che se un altro al mio posto e con il mio stipendio fosse stato lì, essendo nella mia posizione fra quelle persone che tremila euro li guadagnano in un minuto, qualche tentazione non se la fa venire? Il rischio è reale e alto. Allora se la politica vuole garanzia e qualità forse la deve pagare. Sembrerà un discorso impopolare. Chi svolge un ruolo di grossa responsabilità dev’essere adeguatamente remunerato. Questo contribuisce a diminuire le possibilità di corruzione. Se poi questo accade ugualmente allora la giustizia dev’essere molto severa.

La cosa interessante è che ogni uomo ha il suo prezzo. Un fatto che noi non ci ricordiamo e su cui invece occorre riflette.

Il mio prezzo non l’ho ancora scoperto. Non è detto che non ci sia. Non lo posso dire. Di sicuro non sono i soldi, le donne non lo sono più (sorride, ndr), possono essere forse le minacce. Partire con le patenti di onestà è sbagliato. Siamo tutti tendenzialmente onesti. Il problema è capire come reagisci in situazioni di stress. Io nei contesti particolari, come gli inviti nelle terrazze ed alle cene semplicemente reagivo non andandoci. Incontravo ed incontro le persone nei contesti pubblici. Nessuno può dire che io abbia accettato anche un solo un invito a pranzo o a cena. Il mio approccio era quello del magistrato: “se un giorno dovessi essere chiamato a giudicarti non posso frequentarti”, altrimenti non sarei più sereno nel mio giudizio. Quindi io non frequentavo nessuno. Incontravo, si, ma a livello istituzionale perché è giusto sentire cosa hanno da dire le altre campane. Ma tutto questo alla luce del sole. Così come incontro gli avvocati in ufficio. Con gli avvocati non vado a cena e men che meno con gli imputati. Però questo è il mio approccio manicheo, da magistrato e magari a qualcuno potrà sembrare eccessivo. Ma è così che la politica può recuperare la questione morale. Potrebbe essere un punto di partenza. Capire che nessuno è al sicuro dal rischio corruzione. Come Pubblica amministrazione devi mettere in campo delle strutture per cui una eventuale tentazione non faccia danni all’interesse pubblico e parlo quindi di strutture di controllo, di verifica, di semplificazione, di accelerazione delle procedure. Ad esempio, una cosa che io avevo segnalato quando predisposi la mia delibera in urgenza appena 15 giorni dopo essere arrivato a Roma Capitale ed avevo dato come atto di indirizzo agli altri assessori, che hanno approvato in Giunta, che quando una procedura pendeva da troppo tempo, c’era una criticità. E nelle criticità s’infila il malaffare. Quindi, tu assessore verifica le criticità di quella procedura per capire, perché per emettere un mandato di pagamento ci stanno mettendo sei mesi quando ci vorrebbero dieci giorni. Anche questo suggerimento è stato chiuso in un cassetto. Non dico che avrebbero impedito quello che è accaduto oggi. Certo applicare la mia delibera al dossier stadio avrebbe comportato un iter completamente diverso e sicuramente non avrebbe concentrato in poche persone tutti i poteri decisionali come sembra essere avvenuto per la prima parte dell’inchiesta. Non è che non si può fare, si può fare, ci sono i metodi. Ne avevo trovato qualcuno, ma ce ne saranno altri. Penso che nei miei dieci mesi in Campidoglio abbiamo reso la vita difficile a corrotti e corruttori. Tra le misure che ho preso c’è stata quella di secretare la lista degli invitati alla gara. E noi abbiamo beccato con le mani nella marmellata il tizio che è andato di notte per l’ufficio ad introdursi nel computer del collega per scoprire la lista e comunicarla all’imprenditore mandante e nelle intercettazioni questi signori mi maledicono. Erano abituati al sistema corruttivo. Altro esempio: se si deve fare una strada, perché io Pubblica amministrazione devo fare le verifiche solo in fase di collaudo? Quando alla fine trovi il direttore dei lavori sotto stress perché c’è l’impresa che non ha messo l’asfalto della qualità giusta, non ha messo il massetto dell’altezza giusta, non ha steso la quantità di asfalto prevista dal capitolato, secondo cui le strade dovrebbero durare 11 anni e mezzo, ma a Roma quando durano due anni è grasso che cola. Se questa verifica la metti nelle mani solo del direttore dei lavori in sede di collaudo, l’ultimo giorno, quando tutti i passaggi sono stati effettuati e quello si piglia ventimila euro dall’impresa perché vada a fare i carotaggi dove i passaggi sono stati effettuati bene, mi chiedo perché tu, amministrazione, non ci vai in corso d’opera. Perché non vai a vedere come stanno lavorando prima e con una squadra di tecnici. Perché, altrimenti, dopo puoi solo fare arrestare la persona corrotta. Non permettere che un tuo dipendente finisca sotto stress, non indurlo in tentazione ed elimina a monte il problema. Roma ha più di ventimila dipendenti, tolte le maestre, se tu impieghi tutti i dipendenti a fare gare e garette perché non hai fatto la Cuc, hai un mare di personale che ripete inutilmente le stesse cose sterili: allora concentrane una parte in una struttura ad hoc e avrai duemila persone che sono impegnate a fare gare, pigli i migliori, magari cento, e li destini alla fase dei controlli, per esempio. Poi puoi destinare la struttura a dare servizi ai cittadini in maniera più rapida. Un’altra cosa che è stata abbandonata e che avevo in cantiere, è il regolamento sulle cooperative sociali di tipo B, lo studio dei processi, capire dove cominciano e dove finiscono le pratiche, quale ufficio se ne occupa, come si possono accelerare le operazioni. C’è un detto avvocatesco che dice: “Più pende e più rende”. Lo stesso è per una procedura amministrativa. Più dura più sono i rischi di un rapporto corruttivo.

Sembra che ci sia una mancanza di conoscenza o una negligenza. Altrimenti sarebbero errori fatti appositamente e questo non ci va di pensarlo. Sono errori di incompetenza?

Sono errori di incompetenza. La politica deve recuperare competenza e qualità. Lo spirito della Bassanini era tale che un sindaco per le sue capacità, sarebbe stato in grado pure di scriversi un bando di gara da solo.

@vanessaseffer

Aggiornato il 26 marzo 2019 alle ore 15:53