Lo “Sblocca cantieri” fa discutere: un rischio o un’opportunità?

È arrivato, prima della Santa Pasqua, il tanto atteso Decreto “Sblocca Cantieri” con le sue “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”. Come il gioco delle parti impone, il governo si è mostrato entusiasta, mentre le opposizioni hanno manifestato il proprio scetticismo.

Il Decreto si articola in tre capi: uno riguarda i contratti pubblici e l’accelerazione degli interventi infrastrutturali e di rigenerazione urbana, mentre due riguardano misure specifiche per gli ultimi gravi eventi sismici che hanno colpito il nostro Paese. Se gli ultimi due capi del Decreto prevedono interventi, finanche tardivi, che disciplinano la riparazione e la ricostruzione degli immobili ed anche l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica nei territori colpiti dai terremoti, è il primo capo del provvedimento ad aver generato le maggiori perplessità.

Tra i molteplici aspetti sui quali il Governo è intervenuto, spiccano le modifiche al Testo Unico Edilizia (il D.P.R. 380/2001), ma soprattutto le variazioni al Codice dei Contratti Pubblici. A far discutere innanzitutto è la previsione del comma 27-octies nell’articolo 216 del Codice dei Contratti Pubblici, in forza del quale le linee guida vincolanti di Anac non saranno più in vigore nel termine di 180 giorni dall’entrata in essere del Decreto. I maggiori timori derivano dal timore di inoperatività, entro tale termine, del nuovo “Regolamento Unico Appalti”, che dovrebbe sostituire proprio le linee guida Anac.

Ma i dubbi principali riguardano le modifiche all’articolo 36 del Codice Appalti, che prevedono novità di rilievo per gli appalti al di sotto della soglia comunitaria. Lo Sblocca Cantieri, per tale categoria di appalti, dispone l’affidamento, previa consultazione, di almeno cinque operatori economici per servizi e forniture e di almeno tre operatori, ove esistenti naturalmente, per gli appalti di lavori. È questa la previsione che ha indotto il presidente di Anac, Cantone, a criticare più o meno velatamente il testo del Decreto appena approvato, definendo “pericoloso” l’aumento da 150mila a 200mila del tetto degli appalti che possono essere assegnati sulla base di soli tre o cinque preventivi.  Più chiaramente, viene paventato il rischio che, in tali tipologie di procedure, possano annidarsi sacche di malaffare e corruzione.

Il tema, sul quale ha posto l’accento Cantone, è molto semplice ma di straordinario rilievo, soprattutto nell’attuale momento storico: la deregulation, soprattutto in campo giuspubblicistico, può essere volano di sviluppo economico? La semplificazione delle regole, anche nel campo degli appalti pubblici, che dovrebbero rappresentare un importante traino dell’economia del Paese, può aiutare il tessuto produttivo dello stivale? Sul tema si sono stratificate le teorie economiche e politiche più disparate. L’analisi storico – economica della vita del nostro Paese, nell’ultimo ventennio, dovrebbe consentire di trarre conclusioni logiche. Il campo dei contratti pubblici è stato caratterizzato da una ipertrofia legislativa che molto spesso ha generato ostacoli agli attori del mercato.

La crisi economica del nostro Paese, inoltre, è coincisa proprio con la crisi degli appalti pubblici. Partendo da questo dato di fatto, qualsiasi provvedimento teso a semplificare “il sistema” e ad apportare novità non può che essere visto positivamente. Le perplessità di Cantone sono più che legittime ed assolutamente condivisibili. Ma può uno stato moderno, come l’Italia, sacrificare le proprie aspettative di sviluppo sull’altare della propria incapacità di generare quegli anticorpi giuridici ed etici che consentano di respingere ogni forma di illegalità? Presupposto imprescindibile sposato dallo stesso Governo nel provvedimento è “la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni volte a favorire la crescita economica e a dare impulso al sistema produttivo del Paese, mediante l’adozione di misure volte alla semplificazione del quadro normativo e amministrativo connesso ai pubblici affidamenti, concernenti, in particolare, la disciplina dei contratti pubblici”.

Consapevoli che la misura adottata dal governo non costituisca la panacea di tutti i mali, auguriamoci, con una buona dose di ottimismo, che lo “Sblocca Cantieri” possa rappresentare, più che un rischio, una discreta opportunità di sviluppo per il nostro Paese. Come sempre, il tempo sarà il miglior giudice.

(*) L’autore dell’articolo, Giovanni Francesco Fidone, è avvocato amministrativista e giuspubblicista dal 2009, patrocinante in cassazione consulente ed amministratore di enti pubblici, società partecipate e imprese in tutto il territorio nazionale.

Aggiornato il 23 aprile 2019 alle ore 12:13