Italia/Libia: gli errori di oggi e gli avvertimenti di ieri

La Libia è nel caos e l’Italia deve reagire il prima possibile, il rischio è un nuovo scenario geopolitico complicato, una nuova emergenza migranti, danni economici e rischi energetici.

Mentre il mondo si divide su quale “fazione” sostenere, più per interessi nazionali che per visioni politiche, il presidente degli Stati Uniti ha mosso la sua pedina nello scacchiere internazionale. Trump ha fatto una telefonata di sostegno al generale Khalifa Haftar, che comanda le forze di Bengasi e che il 4 aprile ha dato l’ordine di conquistare la capitale della Libia, Tripoli, controllata dal rivale Fayez al-Sarraj. Un totale capovolgimento di approccio geopolitico dalle dichiarazioni del segretario di Stato americano Mike Pompeo, che aveva annunciato la contrarietà Usa all’offensiva militare di Haftar chiedendogli di fermare le operazioni. Recentemente, il presidente egiziano Abdel Fattah El-Sis aveva chiesto a Donald Trump di sostenere il generale libico. La mossa del presidente statunitense è sorprendente, arrivando a complicare il gioco sul futuro del Paese nordafricano, spiazzando anche l’Italia, le sue mosse politiche e il sostegno al premier libico Fayez al-Sarraj.

Intanto, gli sfollati a Tripoli sono saliti a più di 30mila, come scritto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) e l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato il bilancio dei combattimenti a Tripoli: più di 200 morti e più di 1.000 feriti. Tra le vittime operatori sanitari, donne e bambini. Le problematiche principali per il generale Haftar riguardano l’organizzazione e la capacità di tenere unite diverse milizie che combattono al suo fianco esclusivamente per motivi economici. Una problematica che caratterizza anche l’organizzazione di al-Sarraj, appoggiato da gruppi di mercenari locali che traggono guadagno dai finanziamenti provenienti dagli alleati, dalle interferenze della Francia e dalla gestione dei centri per i migranti riconosciuti ufficialmente.

In una recente intervista, Michela Mercuri, docente dell’Università di Macerata ed esperta di Libia ha dichiarato: “La situazione attuale è frutto del sostegno esterno alle diverse fazioni. Solo un tavolo di pace che includa questi attori può portare a una conclusione del conflitto”. Scelte politiche errate, compiute dalla nostra classe dirigente e dal governo italiano. In realtà, c’era chi aveva allertato a sviscerare e comprendere a fondo il fenomeno libico, già alcuni anni fa, in tempi che potevano essere più incisivi per la nostra Penisola sulle scelte dello stato nordafricano.

Nell’ottobre del 2016, alcuni esponenti parlamentari, capeggiati dall’onorevole Nicola Ciracì, incontrarono al-Qatrani, il braccio destro di Khalifa Haftar, che già allora sostenne che dai 1.100 chilometri di costa della Cirenaica, controllati dall’esercito al comando di Haftar, non era partito un solo migrante. In occasione dell’incontro al-Qatrani dichiarò: “Noi potremmo anche lasciare le coste aperte poiché in 250mila stanno tentando di passare dal Sudan: se non controlliamo l’area è un rischio per l’Italia, poiché dicono di essere migranti, ma stanno cercando di arrivare in Italia per farsi esplodere”, confermando già allora il pericolo per la nostra sicurezza nazionale, pericolo che viene riconfermato nelle ultime ore. In seguito a tale missione vennero alla luce notizie interessanti sul lavoro del generale Haftar: “Siamo noi ad aver liberato i terminal petroliferi della Cirenaica che sono strategici per il settore energetico italiano. L’Italia considera il governo Sarraj come l’unico interlocutore, ma il popolo libico non la pensa così”, avvisarono i delegati libici all’incontro con i parlamentari e senatori italiani. Successivamente, ricordiamo le azioni del Governo Gentiloni che non riuscì a frenare i fenomeni migratori e che continuò ad ignorare la posizione del Comitato nazionale libico per la difesa e la sicurezza.

Da tali errori, arriviamo all’attualità politica libica estremamente complicata e agitata ove il protagonismo italiano oramai non è più pressante come in passato e i rischi per la sicurezza nazionale ed energetica sono davvero elevati. Eppure, la forza della storia dovrebbe farci comprendere come non ripetere errori e in Italia c’era chi aveva avvisato il governo anni prima, quando alcuni senatori e deputati avevano sottolineato la fretta e la superficialità di scelte politiche che oggi raccogliamo. Oggi, il territorio libico è teatro di ulteriori scontri fra fazioni, che si contendono l’egemonia politica e religiosa.

Gli interessi in campo sono economici, particolarmente relativi ai giacimenti petroliferi, ma anche geopolitici con il nascere di future relazioni internazionali. Consideriamo, ad esempio, che l’Arabia Saudita sta tentando un controllo religioso e politico della Libia nel tentativo di creare una barriera all’avanzata sciita e dei Fratelli Musulmani nel Paese.

Aggiornato il 30 aprile 2019 alle ore 12:24