Pavoncello, un ebreo in corsa con la Lega per le Europee

venerdì 24 maggio 2019


Angelo Pavoncello, imprenditore di religione ebraica, romano autentico da generazioni, che si batte da anni per difendere i diritti delle piccole imprese italiane fortemente penalizzate da una serie di direttive europee come la Bolkestein, si candida per la Lega alle elezioni per il Parlamento europeo nel collegio del Centro Italia (Lazio, Marche, Toscana e Umbria). Ci incuriosisce questo legame che può avere un fervente uomo di fede che pronuncia frasi della Torah con il Carroccio. Conosce Salvini nel 2015 e con lui condivide molti temi, fra cui la difesa delle aziende, gli ambulanti, i balneari.

Con Pavoncello parliamo di difesa della memoria della Shoah e di rispetto dei valori e di difesa della democrazia di Israele. Pavoncello è vicepresidente dell’Associazione nazionale ambulanti e presidente di Italia Produttiva, che rappresenta appunto gli ambulanti, i balneari, i circensi e spettacoli viaggianti, taxi, urtisti, detti anche peromanti ottocenteschi, cioè i tradizionali venditori di souvenir romani e le carrozze, le famose botticelle.

“Io e Salvini – ha affermato Pavoncello – siamo d’accordo anche su molte tematiche riguardanti il Medioriente. Basti pensare alle sue parole dello scorso 25 aprile, sul sostegno alla Brigata Ebraica che ha combattuto il nazifascismo e allo Stato d’Israele, di fatto già lì si racchiude tutto il pensiero”.

È tutto chiaro, all’insegna della lealtà, della sincerità, fra lei che è ebreo e la Lega che non è solo Salvini?

Secondo me, sì. Spesso si vuol avvicinare la Lega a posizioni estreme e false che qualcuno vuole attribuirle, secondo me la Lega vuol solo far rispettare la legge e far rispettare le regole nulla di più. Io ho tanti amici extracomunitari e non necessariamente africani, ma americani, russi, tutti quelli che vengono da fuori dell’Europa, amici che vengono dalla Nuova Guinea, che sono in Italia da tanti anni e che sono venuti qua per lavorare, chiedendo il permesso regolarmente, sono fieri di stare qui e loro stessi dicono che è giusto che si entri con delle regole. In Australia se arrivi con 100 euro, senza una carta di credito è quasi certo che ti rimandano indietro, perché si chiedono come farai a prendere un taxi, a vivere, vogliono sapere dove andrai, come mangerai per una settimana, se vieni a lavorare in nero, se sei un clandestino. Ci sarebbe il caos senza regole. Averle non significa essere razzisti, xenofobi o altro. La posizione della Lega è quella che ha qualsiasi persona che vuole il rispetto per tutti al di là della religione, della provenienza e della nazione. Quando dice “prima gli italiani” una pensa solo agli italiani di nascita, ma ci sono anche le imprese, altri cittadini che sono diventati italiani che vanno difesi ugualmente e vanno difesi perché stanno regolarmente in Italia, poiché seguono le regole. La Lega difende anche loro. Il messaggio contrario è un fake.

Durante questa campagna elettorale per le europee si è sentito parlare prevalentemente di fascismo, di comunismo, di fantasmi del passato fuorché di argomenti che contano veramente. Lei si intende di banche, di agricoltura, di pesca? Le regole si fanno a Bruxelles e noi dobbiamo mandare lì qualcuno pratico che faccia gli interessi degli italiani.

Mentre giro per le regioni, per i Paesi più sperduti di esse, trovo imprenditori che hanno i problemi più disparati. Non ci sono direttive europee che portano il nome di un italiano. La direttiva dell’olandese Bolkestein è quella che abbiamo combattuto perché voleva che venissero messe al bando 196 mila Partite Iva nel nostro Paese. Bisogna invertire la rotta, cominciare ad essere noi a scrivere le nostre direttive che difendono la nostra agricoltura, la nostra pesca, il commercio, l’industria. Perché non creare un fondo di solidarietà per Paesi meno fortunati con quei prodotti in esubero, piuttosto che buttarli al macero a causa di certe direttive europee? Forse si avrebbe un concetto più sano di applicazione delle norme europee. Noi siamo contribuenti attivi poiché paghiamo 30 miliardi di tasse all’Europa su tutto ciò che compriamo, dove c’è il marchio CE, e non recuperiamo quasi nulla, perché le nostre istituzioni non sono preparate e non sanno spendere i fondi europei a disposizione. Vorrei che le aziende, le associazioni, venissero supportate affinché preparassero progetti spendibili in Europa e poi sui fondi diretti sta a noi trovare gli altri due Paesi europei necessari per aver assegnati i fondi senza passare dai Por (Programmi operativi regionali) regionali; questo è un altro motivo per cui mi candido, per dare sviluppo ai territori. La Romania buona parte del Pil lo costruisce su questi strumenti europei. Soldi sui territori significano sviluppo, assunzioni, diminuzione della disoccupazione e rilancio dell’Italia.

Gli ambulanti fanno 2,4 miliardi di fatturato all’anno in Italia. Sono il 2 per cento del Pil. A Roma e nelle piazze italiane sono distribuiti bene o si potrebbe secondo lei fare di meglio?

C’è sempre spazio per fare di meglio per crescere e per evolversi, altrimenti si rimane stabili e fermi sulle proprie posizioni, si rimane indietro e nessuno deve restare indietro. Anche per gli ambulanti faremo delle proposte non solo a livello europeo ma italiano, saremo attenti per avere delle proposte che possano rilanciare il settore e migliorarlo per dare una ripresa in questo momento di grande difficoltà, per il commercio online, per il clima, per le poche regole, la burocrazia, i costi altissimi del suolo pubblico, gli ambulanti non lavorano tutto l’anno a causa delle intemperie. Infatti stiamo prevedendo un fondo di solidarietà proveniente dai soldi che gli stessi ambulanti pagano alla Camera di Commercio, senza intaccare il bilancio dello Stato. Non pensiamo ai grandi stipendi ma al cittadino.

Come ha vissuto la questione della professoressa di Palermo che ha accostato il decreto sicurezza alle leggi razziali del 1938, ricevendo la solidarietà del mondo civile e del mondo accademico?

Non ho tutti i dati per approfondire, ma le leggi razziali non si possono paragonare a nulla, non mi sembra che ci sia qualcos’altro che crea ciò che ha creato al mio popolo l’impossibilità da cittadini italiani di essere nelle scuole, di lavorare, di essere diventato il nulla. Forse non bisognerebbe mai arrivare a giocare sulla comparazione di qualcosa che diventa il nulla rispetto a tante altre tematiche dove non mi sembra che qualcuno chieda ad altri di professare la propria religione, la propria cultura. La nostra nazione è democratica, è fondata su sani principi costituzionali, non mi sembra che Salvini abbia mai detto che voglia andare a stravolgere questi principi imponendo una dittatura, anzi. Più volte ha ribadito di essere contro qualsiasi dittatura. Lui è antifascista, anticomunista. Lascio che le Procure facciano il loro lavoro, perché magari quando si approcciano certi temi, possono commettersi degli errori, ma lascio dire a chi sta verificando se è stata una scivolata o una volontà specifica che non sia di rispetto per tutti. Io, d’altro canto, combatterò sempre l’antisemitismo, da qualunque parte politica arrivi, dal centro, da destra o da sinistra. Non lo potrei accettare. Il rispetto deve esserci fra tutte le culture ed è impensabile che qualcuno voglia prevaricare ed essere superiore agli altri. Ma le regole sono fondamentali in un Paese. Quando in Germania la Merkel impone delle regole o in Francia Macron, nessuno dà loro dei fascisti, o in America o in Australia. Le regole ci devono essere e vanno seguite.

Come intende, se eletto, affrontare la questione degli immigrati in Europa, dove bisognerà fare la battaglia più tosta? Molte nazioni non vollero dare asilo agli ebrei che fuggivano dal nazismo. Forse c’è un’assonanza con molti immigrati che fuggono dalle guerre. Comunque glielo farebbero notare.

Sempre per evitare paragoni che possono essere mal interpretati, noi ebrei quando fuggivamo dal nazismo fu perché siamo stati annientati, eravamo diventati un numero. Mio nonno che è tornato da Auschwitz, aveva stampato sul braccio A15805. Si cercava di scappare per sopravvivere. Qui in teoria è la stessa cosa, ma nessuno ha detto che chi scappa dalle guerre non deve essere accolto. Matteo Salvini ha ribadito che le persone che fuggono dalle guerre le andiamo a prendere pure noi se è il caso, con l’aereo. Ma il problema è un altro e ne parlavo con alcuni ambasciatori recentemente, c’è un finto miraggio che viene raccontato sul tenore di vita in Europa per cui c’è questa spinta verso di noi di umanità che poi si ritrova a patire la fame. Perché invece l’Europa non cambia il modo di aiutare questi Paesi disagiati e invece di mandare soldi, che poi vanno verificati, perché foraggiano perlopiù la guerra, non li usiamo per costruire scuole, strade, infrastrutture? Non per i missili, per scavare tunnel, per le armi. Facciamo lavorare le persone lì e mandiamo semplicemente i nostri per i controlli. Se c’è cultura c’è conoscenza, c’è rispetto, le persone non se ne vanno dai loro Paesi, abbandonando le loro case. L’immigrazione calerebbe del 90 per cento.

Cosa farebbe perché l’Italia in Europa votasse a favore di Israele, poiché finora si è espressa contro o si è astenuta? Lavorerebbe per convincere al trasferimento dell’Ambasciata d’Italia da Tel Aviv a Gerusalemme?

Assolutamente sì. La Capitale è sempre stata Gerusalemme, spiegherei i motivi con tanto di documentazione sul perché la Capitale deve essere Gerusalemme. Spesso viene nascosto che Israele è l’unico Stato in Medioriente che ha avuto un ministro della Cultura arabo, vorrei vedere in un altro Paese se vengono eletti ministri che siano di religione ebraica, buddisti, cristiani. Gli jihadisti non tollerano chi non sta alle loro regole. Israele è uno Stato democratico e Gerusalemme è sempre stata la sua Capitale e lo stanno dimostrando tanti Paesi, quindi noi lavoreremo sempre su questo, spiegheremo le nostre ragioni e lavoreremo per questo. Vedremo poi se la proposta sarà accolta o meno.

@vanessaseffer

 


di Vanessa Seffer