Se non ora quando?

Sgombriamo subito il campo dalla diatriba stucchevole di chi ha vinto e di chi ha perso, confrontando i voti delle politiche del 4 marzo 2018 e delle ultime europee in termini di voti assoluti e percentuali (le quali, queste ultime, sono condizionate dall’astensionismo) solo la Lega e Fratelli d’Italia hanno vinto, tutti gli altri hanno perso sia in voti assoluti e/o percentuale. Sono scomparse le forze che si richiamano alla sinistra democratica - che nulla hanno a che vedere con la sinistra ex comunista o cattocomunista - ma anche quelle forze di ispirazione cattolica di tradizione liberale, mentre uno zoccolo duro di massimalismo malpancista resiste ma ridimensionato nel M5S. Una buona parte dell’elettorato liberal, socialista e cattolico si sono rifugiati nell’astensione o, turandosi il naso, hanno votato il meno peggio in base alle proprie sensibilità politiche di chi hanno considerato peggio. Sono anni in questa seconda repubblica che si vota quasi sempre contro qualcuno e non per qualcosa.

La Lega e Fratelli d’Italia, in questo momento di euforia, pensano di essere il nuovo centrodestra ipotizzando una alleanza elettorale che escluda Forza Italia: non si rendono conto che, quasi certamente, chi li ha votati oggi contro le M5S e PD potrebbe non rivotarli perché si configurerebbe una coalizione statalista e rischiosa per gli equilibri  internazionali, essendo la gamba di Fratelli d’Italia estremamente minoritaria  e dovrebbe fare un grande sforzo per collocarsi fino in fondo nei valori del campo liberale.

Il PD con la segreteria Zingaretti sta ricreando il vecchio PCI  mentre l’anima cattolica dovrebbe rinnovarsi nel ritrovare le sue origini culturali nel liberalismo democratico dei cattolici invece di seguire quelle visioni terzomondiste che poco hanno a che vedere con la dottrina sociale della chiesa e con l’occidente e i suoi valori fondanti.  Forza Italia vive la stagione del suo tramonto raccogliendo ciò che ha seminato. Certamente la Lega è stata favorita dalla criminalizzazione operata dagli ex comunisti nell’apostrofargli l’anatema fascista e razzista (pensando così di delegittimarlo, non rendendosi conto  che questa strategia usata così spesso ha perso buona parte della deterrenza), che ha portato ad una banalizzazione del termine e fa si che dovremmo trovare altro nome per indicare il pericolo vero di derive autoritarie che sono presenti anche tra coloro che danno del fascista.

In questo quadro desolante mancano all’appello i socialisti erranti nel panorama politico e, cosa più grave, mancano quei valori e quella cultura gradualista del socialismo liberale che insieme ai democristiani hanno fatto grande nel mondo il nostro Paese.

Quanto durerà questo governo non ci è dato da sapere, ma dopo questi risultati è urgente che i riformisti si organizzano per offrire agli Italiani un contenitore che sappia affrontare i problemi non con la demagogia o isolando il Paese in Europa e nel mondo, ma neanche con la subalternità ai poteri finanziari dei governi targati PD. In politica il vuoto non esiste: esso, anche in modo inadeguato, viene da qualcuno presidiato. Basta con gli indugi ed attendismi. Il tempo è scaduto: se i riformisti ci sono, devono lasciare i loro porti sicuri ed incontrarsi tutti in mare aperto per guidare il Paese.

Aggiornato il 31 maggio 2019 alle ore 14:02