Giustizia, Bongiorno: “Serve un test psicoattitudinale per i magistrati”

Giulia Bongiorno propone un test psicoattitudinale per i magistrati. Per la ministra leghista della Pubblica Amministrazione è arrivato il momento di operare una profonda rivoluzione nell’universo della giustizia italiana. La Bongiorno, intervistata dal direttore di Libero Pietro Senaldi, sostiene di essere “d’accordo” con Matteo Salvini sulla necessità di riformare la giustizia nel nostro Paese.

“La vicenda – afferma la ministra – è grave anche per l’effetto che ha sui cittadini, specie su chi in passato è stato indagato dai magistrati coinvolti. Chi viene processato o condannato deve avere la certezza della correttezza assoluta di chi decide sulla sua libertà o sul suo patrimonio. Certi veleni, inevitabilmente, minano la fiducia nella magistratura”.

La Bongiorno si riferisce all’inchiesta di Perugia sulla presunta corruzione del pm di Roma Luca Palamara. “Aspetto con ansia – afferma – di vedere il progetto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Secondo me non possiamo prescindere da una riforma del Csm, l’organo di autogoverno della magistratura, e da un ripensamento dei criteri d’accesso al terzo potere dello Stato”.

La ministra suggerisce che per l’accesso in magistratura sia prevista “anche una verifica psicoattitudinale: non può diventare giudice solo chi è più bravo degli altri a imparare a memoria i codici e la giurisprudenza. Sono indispensabili anche doti caratteriali di equilibrio e buon senso. Poi, una volta superato l’esame, serve una formazione accurata e completa e se, vinto il concorso, il tirocinio va male, dev’essere inibita ogni possibilità di accesso alla magistratura”.

E la riforma del Csm? “È da rivedere il sistema d’elezione, la situazione attuale crea patologie. Io non sono contro la libertà di pensiero, e non mi scandalizza che nel Csm ci siano correnti. Ma bisogna evitare la politicizzazione dell’organo e gli scontri tra fazioni, magari pensando a un sorteggio tra una rosa di nomi indicati dalla politica e dalla categoria”.

Rispetto all’idea di Salvini di abolire il reato di abuso d’ufficio, “nemico del buon funzionamento delle amministrazioni”, la Bongiorno sostiene che “il sistema sia dominato dalla burocrazia e da un’ipertrofia di norme, spesso sindaci o funzionari restano inerti per non rischiare. Ma le dirò anche che, in 25 anni di avvocatura, ho difeso centinaia di persone con questa contestazione ma non ricordo un solo processo finito con condanna definitiva perché per contestare l’ipotesi di abuso d’ufficio ci si accontenta spesso di una condotta che violi le norme, ma poi, quando si apre il processo, si scopre che mancano sempre gli ulteriori requisiti previsti dalla legge: una volta manca il dolo, un’altra l’ingiusto arricchimento”.

Aggiornato il 03 giugno 2019 alle ore 16:35