Il presuntuoso non torna mai sui suoi passi?

Dalle più accorte analisi dei risultati elettorali si possono trarre molte considerazioni.

A parte quella di un centrodestra che, con il crollo di Forza Italia, di fatto ha aperto una corsa per la spartizione di quella minuscola eredità che Silvio Berlusconi lascia ai molti eredi, c’è un problema anche a sinistra: ammesso (ma non concesso) che questo vecchio schema politico regga ancora.

Ad esempio i voti dei grillini “pentiti” non sono affatto tornati al Partito Democratico: o finendo da Salvini, o nelle vaste praterie dell’astensione. Il ritorno nel vetusto pascolo, per ogni pentastellato doc, è un vero tabù (al di là di qualche esponente del mondo dello spettacolo, ma non fa testo): semplicemente perché questo personaggio è un vero presuntuoso, sicuro di non sbagliare mai.

Un po’ com’erano Fausto Bertinotti e pure Gianfranco Fini, entrambi responsabili per aver fatto schiantare tanto un centrosinistra (di Romano Prodi) che più centrodestra (di Silvio Berlusconi).

Quindi, per il Pd, la propria emorragia elettorale è stata solo ridotta, non certo fermata o reintegrata con nuove linfe vitaminiche. A questo punto, per questo partito, si apre un rovello che è atavico da quando una parte di centro è confluita nella sinistra, scontentando entrambe le parti per gli equilibrismi praticati: vale la pena che lasciamo scorrazzare nelle praterie recintate e di estrema sinistra la Lega del vituperato Matteo Salvini (tanto poi ritornano), ovvero a quella porzione di elettorato ci rivolgiamo noi - pur avendo le nostre rappresentanze parlamentari rigonfie di renziani - ad una fascia di elettori che dopotutto erano ben rappresentati dal “pasdaran” Turigliatto (quello che colpì e affondò Romano Prodi)?

In tal modo si può dire che “se Atene piange, Sparta non ride...”.

Aggiornato il 07 giugno 2019 alle ore 10:54