Salvini: “Ora riforma giustizia, ma non è contro i magistrati”

mercoledì 12 giugno 2019


Matteo Salvini torna a parlare di giustizia. Dopo la bufera che ha investito le toghe, con il caso Palamara, il vicepremier leghista invoca un’autentica rivoluzione del sistema. “È ora – sostiene – di avviare la riforma della giustizia. Ho chiesto, già per la prossima settimana, un incontro con il ministro Bonafede. Quanto abbiamo scoperto in questi giorni dimostra che è davvero arrivato il momento per fare questa benedetta riforma. Per arrivare a processi più rapidi, ad esempio”.

Intervistato dal QN, Quotidiano Nazionale, il ministro dell’Interno assicura di non volere fare “una riforma contro qualcuno. Al contrario, la voglio fare con i magistrati e con gli avvocati. Soprattutto, la voglio fare per gli italiani”. In questo ambito, afferma Salvini, qualcosa è stato appena fatto. “Nel decreto sicurezza bis, in Consiglio dei ministri abbiamo dato il via libera, con uno stanziamento di 28 milioni di euro del ministero dell’Interno, all’assunzione di 800 persone che lavoreranno nei tribunali per mettere in galera le decine di migliaia di condannati in via definitiva che sono a spasso, perché non c’è personale per eseguire la condanna”.

Quanto all’esecutivo, Salvini ammette che “il governo è stato a rischio, non lo nego: c’erano troppi litigi, troppe discussioni, troppe divisioni. Un freno a mano costantemente tirato. Ma se si torna a lavorare come nei primi undici mesi, si va avanti. Sarà però decisiva la manovra economica d’autunno. O sarà coraggiosa, o salta tutto”.

Rispetto al rischio di procedura d’infrazione Ue sui conti, Salvini sottolinea che in Europa sono presenti “dieci Paesi che versano all’Unione più di quanto ricevono e 17 che ricevono più di quello che versano. L’Italia è fra i primi. Versiamo ogni anno sei miliardi in più di quello che riceviamo. È assurdo che ci venga inflitta una multa di tre miliardi!”.

Quanto al debito pubblico, “lo abbiamo accumulato seguendo le indicazioni dell’Ue, rispettando le loro direttive. È chiaro che quello che ci chiedono di fare non funziona. Ecco perché vedo, nella procedura d’infrazione, un intento punitivo. E io non ci sto, ad accettare che l’Italia sia punita”.


di Manlio Fusani