E adesso la Giustizia

E adesso la giustizia. Così, perentoriamente, si è espresso il ministro dell’Interno. Bene, ci fa piacere così tanto che stavolta, caro Matteo Salvini, la sfidiamo cordialmente a mantenere la parola. Anzi, sull’argomento, che è delicato assai, ci permettiamo qualche approfondimento breve, partendo da lontano.

Il rapporto politica-magistratura, si sa, non è mai stato un fiore, ma è con tangentopoli e con la sciagurata decisione del Parlamento nell’ottobre del ’93 che si è lacerato definitivamente. In quel nefasto mese, infatti, il Parlamento, tranne il Partito liberale, approvò la modifica radicale dell’articolo 68 della carta, abolendo l’autorizzazione a procedere. Nei fatti veniva consentito così, “campo libero” alla magistratura avverso ai parlamentari, quel campo che la saggezza dei costituenti aveva limitato proprio in nome dello stato di diritto e del garantismo.

Da quel momento, da quella scriteriata debolezza, la politica in qualche modo decise di subordinarsi alla magistratura. Sia chiaro, parliamo in punta di principio e di diritto, perché il focus dei pesi e contrappesi fu lesionato, eccome. Del resto noi, da inguaribili liberali, su questa essenziale garanzia negativa, non arretreremo mai, siamo cresciuti studiando Constant, De Ruggiero, Calamandrei e semmai Sartori, dunque ad essere diversi non possiamo.

Ecco perché diciamo che un vera riforma della giustizia non possa non partire dal ripristino ex ante dell’articolo 68 della Costituzione; ancora di più oggi, a leggere e vedere quel che succede sia in politica e sia in magistratura. Anche qui, sia chiaro, noi da garantisti veri partiamo sempre dalla presunzione d’innocenza, e non da quella interpretata che troppo spesso viene dimenticata o mortificata, dall’una e dall’altra parte. In Italia, in questi ultimi 25 anni, un pezzo della magistratura ha assunto posizioni inusitate e inappropriate, finendo col forzare nemmeno poco l’ambito che la Costituzione le ha assegnato. Abbiamo per questo assistito ad inchieste improbabili, interferenze, flop clamorosi e dolorosi, talvolta drammatici, errori e spettacolarizzazioni in stile “Cinecittà”, perché ad Hollywood in America il fair trial esiste eccome.

Sia chiaro, parliamo solo di un pezzo della magistratura, perché la maggior parte opera con abnegazione, coraggio e lealtà straordinari, spesso in condizioni estreme e pericolose. Però il discorso è generale e la giustizia va riformata nel suo complesso, architettura, efficienza, rapidità, attrezzature e costi per il cittadino. Ecco perché virtualmente sfidiamo Salvini a presentare e portare in fondo un progetto di cambiamento radicale del pianeta giustizia. Ci riferiamo alla separazione delle carriere, responsabilità civile, alla obbligatorietà dell’azione penale, al Csm, all’adeguamento automatico della posizione, ed ovviamente al fair trial, quello vero. Sono questi punti imprescindibili di una riforma moderna che avvicini la giustizia ai cittadini, alle istituzioni, che recuperi soprattutto per intero quella fiducia reciproca che appunto in questi anni si è incrinata assai. Per questo ci rivolgiamo al ministro dell’Interno per metterlo alla prova dei fatti, visto che di giustizia si parla solo e da 25 anni. Resta per Salvini il problema di convincere un alleato veterocomunista, forcaiolo di sinistra. Dunque delle due l’una, o il vicepremier mette nel conto un nuovo fallimento, oppure ricorda che la sua alleanza naturale è col centrodestra, non quella di sinistra seppure coi grillini. A buon intenditor…

Aggiornato il 13 giugno 2019 alle ore 10:47