La prua di Carola

Carola Rackete, capitana della nave Sea-Watch 3, è attraccata con forza nel porto di Lampedusa con il suo carico di migranti. La Rackete era ragionevolmente consapevole di fare ingresso, forse per avere una manciata di minuti di celebrità. Si è mostrata in canotta e pantaloncini, i capelli rasta ben legati, sembrava molto affaticata, forse per il caldo, forse perché in un primo momento sosteneva di aver bevuto. Non ha sprecato tempo a rendersi presentabile, quando tutti non avrebbero fatto caso alla sua persona, ma alla figura che ricopriva in quel momento. In effetti i fotografi non l’hanno risparmiata, è comparsa sui giornali di tutto il mondo come eroina e salvatrice o come irrispettosa delle leggi vigenti? Ancora non è chiaro.

Matteo Salvini la definisce “criminale” nei confronti della legge e quindi di tutti noi. Carola Rackete ha trasgredito il codice di navigazione, il buon senso e ha pensato bene di infischiarsene di tutto, anche dell’apparire, e ha lasciato il mondo a guardarla da capo a piedi per poi essere giudicata. Le antipatie non hanno tardato ad essere manifestate su social e magazine. La “Capitana” è riuscita a tirare fuori il peggio di tutti noi, facendosi appellare in modi poco ortodossi. Solo una minima parte dei politicanti è andata in suo sostegno, la stessa che in molte occasioni ha girato le spalle a persone che avevano davvero la necessità di essere aiutate ed accolte. Avete visto bene le fotografie dei profughi della Sea-Watch? Non sono sofferenti, non sono affamati e non sono mal vestiti.

Allora basta con i finti pietismi, tendiamo la mano a chi davvero merita soccorso, a chi ha dato la vita per poter portare un figlio oltre il confine, che poi ha dovuto abbandonare nelle mani del Signore perché nessuno ha soccorso. In queste ore si sta condannando Salvini per delle foto fatte con donne delle forze dell’ordine e sovrapposte con quelle della Rackete; secondo il deputato Miceli, trattasi di propaganda personale e politica, quindi ritiene il comportamento “inqualificabile”; allora lo speronamento dove lo collochiamo in ordine di “buone maniere”? Purtroppo una riflessione va fatta, la grande donna è riuscita in ciò che voleva, usando la forza nell’attracco di una nave da guerra, violando leggi e non pensando alle conseguenze dell’eventuale urto della motovedetta dei finanzieri, azionando i motori laterali, e senza pensare alle conseguenze. Oppure già sapeva di non essere condannata e quindi avanti tutta!

 

 

Aggiornato il 05 luglio 2019 alle ore 16:36