Formigoni, accolta la richiesta dei domiciliari: “Ha compreso gli sbagli”

lunedì 22 luglio 2019


Roberto Formigoni esce dal carcere e va ai domiciliari. Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha accolto la richiesta dell’ex governatore della Lombardia, finito in cella lo scorso febbraio dopo la condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione. È quanto ha deciso il Tribunale di sorveglianza di Milano.

I difensori di Formigoni, gli avvocati Mario Brusa e Luigi Stortoni, avevano sollevato la questione della irretroattività della “Spazzacorrotti”, legge che ha imposto una stretta sulle misure alternative al carcere per i condannati per corruzione. Formigoni, che ha voluto essere presente lo scorso giovedì in udienza davanti al collegio presieduto da Giovanna Di Rosa, avrebbe detto di avere accettato la condanna, requisito indispensabile per ottenere i benefici penitenziari.

La Corte d’Appello di Milano, lo scorso marzo, aveva respinto la richiesta della difesa del politico di dichiarare l’inefficacia del provvedimento firmato dal sostituto procuratore di Milano Antonio Lamanna. “L’ordine di carcerazione – avevano scritto i giudici – è stato legittimamente eseguito”.

Un mese fa Formigoni, in una lettera inviata alla rivista Tempi, aveva scritto: “Hanno potuto condannarmi ma non hanno potuto decidere del mio modo di reagire e di vivere, non hanno potuto inquinare né il mio cuore né il mio cervello”. L’ex governatore aveva anche parlato della vita di tutti i giorni in carcere dove c’è “poco tempo utile nella giornata. E dunque a maggior ragione il tempo non va sprecato. C’è il tempo per la corrispondenza: le lettere, le mail e i messaggi che per settimane mi sono arrivati a fiumi (ben oltre duemila) oggi hanno un po’ rallentato il ritmo, ma – aveva sottolineato – ogni giorno ci sono nuovi arrivi. È qualcosa di straordinario, che mi emoziona e mi sorprende ogni volta”.

Formigoni ha “riletto la sua vicenda comprendendone gli sbagli” a partire dalla sua “amicizia con Daccò”, comprese le “vacanze in yacht”, e per lui, condannato in via definitiva per il caso Maugeri, anche se volesse, non c’è più “spazio” per collaborare. Lo scrive il Tribunale di Sorveglianza nel provvedimento con cui gli ha concesso i domiciliari a casa di un amico. I giudici valorizzano il “basso profilo” da lui tenuto in carcere con i detenuti che, in quanto ex politico, gli hanno fatto molte richieste.

Nel provvedimento i giudici (Di Rosa, La Rocca e due esperti) riportano anche le dichiarazioni rese nei giorni scorsi durante l’udienza dall’ex presidente lombardo. “Mi conformo alla sentenza di condanna – ha detto – e comprendo il disvalore dei miei comportamenti”. La “mia riflessione sui fatti del processo”, ossia la corruzione nel caso San Raffaele-Maugeri, si è accresciuta “in carcere”.

I giudici, in sostanza, da un lato valorizzano il suo “percorso di cambiamento” e, dall’altro, spiegano che ha diritto ai benefici penitenziari, e in questo caso ai domiciliari da ultrasettantenne (ha più di 72 anni) perché “il presupposto della collaborazione è impossibile”. Il carcere, in pratica, per lui sarebbe stato ancora necessario se avesse potuto collaborare con nuovi elementi e ciò a prescindere dell’applicazione, retroattiva o meno, della legge “Spazzacorrotti”.

Entrambi i temi, comunque, erano stati sollevati dai difensori Brusa e Stortoni. La Procura aveva depositato una memoria per chiarire che non aveva “elementi certi per ritenere, ma nemmeno per escludere” che l’associazione criminale, di cui facevano parte Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone, i collettori delle tangenti per Formigoni, fosse “ancora in atto”. E non poteva “escludere l’utilità di dichiarazioni” di Formigoni “proprio per il suo ruolo nella vicenda” anche per recuperare “l’ingente patrimonio” transitato per paradisi fiscali e mai recuperato.

Per i giudici, però, anche se è “pacifico” che il “Celeste” non ha collaborato nelle indagini e nel processo, per lui ora non ci sono più “spazi” per farlo, anche perché i pm hanno portato solo “presunzioni” e non elementi “per fondare una possibilità” di collaborazione. Anzi, il processo ha ricostruito tutti gli elementi “con pignoleria”. Importante per i giudici, infine, il suo percorso di questi mesi, “lo stile di vita riservato, la resipiscenza”, i “buoni comportamenti”, l’attività di volontariato nella biblioteca del carcere. Mentre la Procura generale valuta se ricorrere, Formigoni va ai domiciliari a casa di un amico che si è detto pronto ad aiutarlo economicamente, anche perché lui, come ha detto, non può più nemmeno comprarsi da mangiare.

 


di Michele Perseni