La cultura autolesionista del Pd

Premesso che questo governo non è un governo eletto dagli elettori, ma è un ibrido, un mostro nato da una legge elettorale bifronte come Giano, da un lato è proporzionale e dall’altro uno pseudo maggioritario che favorisce le coalizioni, inoltre è stato un governo che ha approvato leggi illiberali ed ha ipotecato il futuro del Paese aumentando il debito pubblico per i prossimi anni.

Ho voluto specificare ciò perché non vorrei essere equivocato nell’affermare e dimostrare che l’impossibilità di avere un governo normale dipende da una malattia mentale degli ex Pci e, ormai, non solo loro. Nella Prima Repubblica il sistema era proporzionale ed il Pci non ha mai criminalizzato la Ds come partito, ma i suoi esponenti quando erano di intralcio alla sua strategia, con mugugni di una parte dei suoi aderenti, ma vigeva il cosiddetto centralismo democratico, che garantiva ai gruppi dirigenti la possibilità di fare e disfare senza problemi. Questa fu la sorte di Andreotti, Cossiga, Craxi, Berlusconi, ed oggi di Salvini.

Con la seconda Repubblica, cambiando il sistema elettorale in maggioritario, salta lo schema nel quale si individuava il democristiano o il socialista buono e quello da criminalizzare, oggi invece si demonizza non solo la persona, ma tutto un partito o un movimento. Lo schematismo politico ha favorito quello culturale facendo del manicheismo l’ ideologia politica del Pd, cosi la destra diventa il male assoluto e la sinistra il bene per antonomasia. Questa cultura, che confonde l’avversario con il nemico, vieta di fare accordi, perché il nemico si abbatte, si detesta, avvelenando cosi i pozzi del dialogo che sono la linfa della democrazia e della politica. Così avvenne per il lodo Conso, per la Bicamerale di Massimo D’Alema, per l’accordo industriale tra Berlusconi e De Benedetti e, dulcis in fondo, il Governo Monti, il quale essendo sostenuto dal diavolo Berlusconi e dai perbenisti del Pd, con anni di criminalizzazione reciproca, ha fatto scappare gli elettori di ambedue gli schiarimenti ed è ha permesso l’affermazione delle 5 Stelle.

Questa coazione culturale a ripetere da parte del Pd, ma anche di parte del centrodestra, fa sì che le vie di uscita da questa crisi siano ben poche: un governo 5 Stelle e Pd, sempre possibile, sarebbe la fine del Pd, mentre una alleanza di tutti contro la Lega e le 5 Stelle non solo non avrebbe la maggioranza, ma li rafforzerebbe e sarebbe una anomalia, senza il consenso degli elettori, come lo è stato questo governo. Avvelenare i pozzi del dialogo mediante la criminalizzazione dell’avversario sta impoverendo culturalmente il paese e rende difficile qualsiasi forma di governo. Se a questo aggiungiamo che buona parte della comunicazione politica oggi si esprime sui social e tweet, si sviluppa un effetto moltiplicatore della visione manichea della politica e della realtà.

Non so quali saranno le scelte del Presidente della Repubblica, che dovrà comunque verificare l’esistenza di altre maggioranze, ma se non si andrà al voto in tempi relativamente brevi, qualunque maggioranza sarà comunque vissuta dall’elettorato, come un sopruso democratico, ma sempre sopruso, come è stato questo governo. Al Paese serve una classe politica e dirigente che si legittima nelle proprie diversità, che sia antifascista e anticomunista, che abbia senso dello stato e che sappia distinguere l’interesse del paese con gli interessi legittimi di parte, che non accarezzi il pelo all’antipolitica madre del populismo e che non avveleni i pozzi del dialogo individuando fascisti, razzisti, zecche ed altre amenità del genere per un presunto facile tornaconto elettorale (che poi gli si ritorce contro), che nasconde il vuoto di proposta politica e di valori da diffondere nel Paese.

 

Aggiornato il 24 agosto 2019 alle ore 11:03