Di Maio novello Cola di Rienzo

martedì 3 settembre 2019


Vedendo a Luigi Di Maio e osservando il suo excursus politico non posso non pensare ad un personaggio ben più famoso di lui: Cola di Rienzo. A Roma questo nome è sinonimo di shopping. Le loro due storie presentano analogie singolari. Figli di buona famiglia, di bell’aspetto ed abilissimi oratori, entrambi riescono a raggiungere un discreto livello di studi (addirittura notaio della Camera Apostolica il non contemporaneo) e tutti e due avvertono la nobilissima necessità di risollevare il Popolo da una situazione di abbrutimento in cui l’avevano costretto i governanti di turno. Certo la Roma del 1400 non era un luna park: i fasti di un tempo erano assai lontani. Di notte era meglio non avventurarsi e le finestre delle case, torri dei nobili, cominciano a farsi piccole e strette per paura di attacchi improvvisi. Insomma, una Mogadiscio dei nostri tempi.

L’Ars oratoria però è ciò che più li accomuna: in poco tempo coinvolgono le masse e le portano dalla loro parte. Riescono anche nell’intento di amicarsi il Papa e alcuni poteri forti. Certo, il tribuno non poteva contare sui social, ma all’epoca gli affreschi fatti eseguire in chiesa sortirono lo stesso effetto. Anche i programmi politici sono straordinariamente affini (e la cosa preoccupa non poco; segno che certi problemi sono ben lungi dall’essere risolti): più risorse pubbliche a sostegno dei cittadini, tempi certi della giustizia, ordine pubblico con milizie non più private. Un manifesto politico più che attuale. Quello che preoccupa e spaventa è la fase discendente della loro parabola politica e la storia, maestra di vita, viene dimenticata troppo facilmente.

Cola di Rienzo, dopo una fase di totale consenso in cui viene proclamato “Tribuno del Popolo”, comincia a perdere contatto con la realtà: si autonominò Cavaliere, minacciò chi lo aveva appoggiato, impose nuove tasse. Non è difficile non riconoscere un certo parallelismo storico. All’epoca, per la mobilitazione delle masse c’erano le scampanate, ora c’è la piattaforma Rousseau. Ma quando perdi l’umiltà e il contatto con le origini la fine, politica, sembra inevitabile per chi abbia la pretesa di difendere il popolo, cioè noi, da tutto e tutti. Grazie ad entrambi. Ma lo sappiamo fare da soli. Se ci permettessero di usare gli strumenti (anche libere elezioni) che la democrazia ci mette a disposizione augurando a Di Maio, ovviamente, di non fare la stessa fine del suo illustre predecessore.


di Anna Maria Fasulo