Italia Viva? Governo già mezzo morto

Il nostro primo commento al passo di Matteo Renzi lo abbiamo dato ieri con il titolo delle nostre poche righe “Mi scindo ma non mi spiego”. Sembra, infatti, che in tutta la poco chiara e poco commendevole vicenda la principale preoccupazione dell’ex premier, ex capo di un Pd-Partito della Nazione, mancato riformatore della Costituzione, promettente non adempiuto di lasciare la politica per la batosta subìta, sia stata quella di confondere le acque, di agire nel modo meno razionale e meno leale. Ma questo è l’uomo. “Questo passa il convento”.

La scissione proclamata a governo fatto e completato (ma con 400 poltrone da spartirsi entro la prossima primavera per non parlare del Quirinale alla scadenza di Sergio Mattarella), un Governo 5 Stelle-Pd che proprio lui, Renzi, aveva lasciato intravedere da tempo, è cosa che non ha bisogno di commenti. Per quanto a “scissione”, Renzi cerca di evitare questo termine.

E, sembra, che abbia saputo manipolare da par suo la stampa: il rilievo da essa dato stamane ad un avvenimento inusitato di tale rilevanza sembra obbedire più all’esigenza di “non perdere e far perdere la calma” (dei giornalisti) che a quella di chiedere e, per quanto possibile, ottenere ragione e ragioni da parte dei governanti. La situazione era già paradossale. A fare il governo erano due partiti che fino a poco prima sembravano uniti solo dalla gran voglia di coprirsi reciprocamente di insulti e di attribuirsi le peggiori colpe ed i peggiori propositi.

In tutto il percorso, da quella rissa al più formale e strepitoso degli inciuci, Renzi ha taciuto. Ma ha fatto di tutto perché si capisse che “dietro c’era lui”.

Allibito” si è definito Giuseppe Conte dopo la telefonata (!) con la quale Renzi gli ha annunciato la sua scissione. Una parola, questa, che anzi sembra che si sia cercato di evitare, anche se poi ne sono state sbandierate le cifre: 40 parlamentari. Tot senatori, tot deputati. Unica cosa chiara, anche se chiaro non è se e fino a quanto ed a quando il sostegno che è stato promesso a Conte continuerà.

Tutto (si fa per dire: quel tanto che è possibile ipotizzare) lascia intendere che la promessa varrà fino a che ci saranno da mungere poltrone e poltroncine e, magari, poltronissime. Gli esperti dicono: fino a primavera. Intanto le altre forze politiche si preoccupano di vedere la nuova formazione gettarsi all’incetta dei loro voti. Se l’ineffabile vicepresidente Antonio Tajani di Forza Italia si dice sicuro da quella parte, la meno ottimista Mara Carfagna ha detto chiaramente che la scissione interessa anche il suo partito, Forza Italia.

Il gruppo di Renzi si chiamerà ottimisticamente “Italia Viva”. Come se bastasse “scrivercelo sotto”. Questa scissione ha infatti piuttosto il macabro sentore di una sezione autoptica di un cadavere. Ed intanto si realizza ciò che qualche giorno fa scrivevamo sul modo di votare di una maggioranza degli italiani: “votar contro”.

E si fanno partiti e partitini che non esprimono correnti di pensiero e di consenso per una politica, ma piuttosto sono “contro questo o quello”. Dopo i partiti degli anni della Guerra fredda (partiti contro l’Urss, partiti contro l’America) abbiamo ora partitini e pretesi partiti contro questo o quell’uomo politico, contro questa o quella corrente o pretesa tale.

Il loro nascere e morire diventa, poi, inestricabile per il sovrapporsi, di cui negli ultimi mesi abbiamo avuto le prove, di odi e antipatie locali, nazionali ed, ora europee. In questo liquame dei liquami (il termine mi piace e lo userò spesso) personaggi come Renzi sembrano addirittura un primato tra uomini politici, nati per fare questa cosiddetta politica.

Che fare? Intanto cercare di capire. Capirne qualcosa è difficile. Ma non siamo, poi, tutti dei Toninelli. Per ora non cambierei il mio giudizio: “Renzi: si scinde ma non si spiega”. Gli conviene non spiegarsi troppo.

Aggiornato il 19 settembre 2019 alle ore 13:26