“Alla Giustizia italiana si può sopravvivere”, parola di Alfonso Papa

“Non mi va di fare la vittima, non sono l’unico in Italia che è sopravvissuto ad alcuni mesi di gogna mediatica e alla carcerazione preventiva per reati di cui si sapeva innocente, ora ho voltato pagina e non ho aspettato l’assoluzione in secondo grado per farlo... e dico: ho ancora fiducia nella giustizia, anche perché altrimenti nel nostro paese crolla tutto”.

Alfonso Papa, ex deputato del Pdl, sacrificato dal suo stesso partito sull’altare giustizialista di un’inchiesta di Henry John Woodcock sulla cosiddetta P4, ad otto anni di distanza dai titoli sui giornali e dalla clamorosa richiesta di arresto alla Camera dei deputati ha finalmente ottenuto l’agognata giustizia. Con grave ritardo come quasi tutti in Italia. È una sorta di “chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto”? Lo chiediamo proprio a lui, all’interessato.

Alfonso Papa, lei in un’intervista dell’8 dicembre 2011, dopo sei mesi di carcere a Poggioreale e due mesi di arresti a casa, diceva proprio a chi scrive su “L’Opinione” che il tema del carcere era prioritario per la giustizia italiana. E che avrebbe passato il resto della sua vita politica a sensibilizzare la gente su questa battaglia che fu dell’indimenticato Marco Pannella. È ancora di questa opinione?

Oggi più che mai, visto il clima giustizialista che pervade il Paese. Mi ricordo che dissi che, quelli che si lamentano per la calca negli autobus o se qualcuno li sfiora, dovrebbero farsi un giorno di estate in carcere a Poggioreale per capire cosa è il disagio per i detenuti anche in attesa di giudizio. Ma constato che la dimensione carceraria in Italia viene tenuta come in un limbo.

Ossia?

I politici ritengono che la galera (quella per gli altri beninteso, sennò torna il garantismo, ndr) sia la risposta per tutti i problemi del Paese, ma la struttura carceraria è una discarica sociale. Possibile che oggi che si parla tanto di ecologia, nessuno voglia rendere meno inquinata la vita pubblica del Paese? E, se mi guardo indietro in questi otto anni fino alla sentenza della Corte di appello che ha fatto cadere tutte le accuse contro di me pochi giorni orsono, vedo solo tre persone che si sono fatte carico del problema dei problemi della giustizia penale italiana e si tratta di Marco Pannella, Giorgio Napolitano e l’ormai Santo Papa Wojtyla. Tutti e tre parlavano di amnistia ma vedo che sono rimasti profeti senza patria.

Ciononostante lei dice di avere sempre fiducia nella giustizia?

Non dimentico di essere stato un magistrato prima che un parlamentare, e se a quelli come me venisse meno quel tipo di fiducia l’intero Paese cadrebbe a pezzi. Gli italiani devono avere fiducia nella giustizia, c’è poco da fare.

Quindi non si lamenta del trattamento subito?

Guardi, non voglio passare per fesso, ma a che servirebbe? Vado oltre riorganizzo la mia vita, non è nelle mie corde fare del vittimismo e non serve a niente.

In Italia le carceri sono sempre sovraffollate anche perché si abusa notoriamente della carcerazione preventiva. Però la soluzione dei politici del nuovo giustizialismo assomiglia a qualcosa di vecchio: costruire altre carceri. Lei che ne pensa?

Se si potessero tirare su in pochi mesi sarebbe un’ottima soluzione e io penso che comunque stando così le cose nell’edilizia carceraria si dovrebbe anche investire. Ma il problema, che solo i Radicali sottolineano, è che ci vuole meno carcere non più carcere, e questo Paese adesso vuole rimettere le manette pure agli evasori... senza una decarcerizzazione della vita politica e di quella pubblica in generale le carceri resteranno piene, anche se si riuscisse a costruirne delle nuove in poco tempo, cosa che non reputo possibile.

A proposito di evasori e di manette, talvolta i mantra sul costruire nuove carceri con l’illusione di risolvere così i problemi di sovraffollamento assomigliano tanto a quelli sulla lotta all’evasione per risanare la finanza pubblica. Non le sembra?

Il paragone è calzante. Sono le vuote parole della politica di oggi e di ieri.

E della riforma sulla prescrizione che di fatto la abolirà – a partire dal prossimo gennaio – dopo il primo grado di giudizio cosa ne pensa?

Non sono d’accordo ovviamente, come non sono d’accordo sull’impostazione giustizialista di questo ministro. Però vedo anche il bicchiere mezzo pieno. Da una parte gli innocenti non dovranno accontentarsi della prescrizione in giudizio e dall’altra si potrà vedere che la maggior parte dei processi si prescrive in realtà prima del primo grado di giudizio e questo farà forse accendere una lampadina a qualcuno.

Una lampadina su cosa?

Su come vengono condotte le inchieste e sui tempi della fase istruttoria ovviamente.

Aggiornato il 27 settembre 2019 alle ore 14:09