Pagliacci e pagliacciate

lunedì 14 ottobre 2019


Che fosse a Napoli la kermesse dei grillini era ovvio, col supporto di Luigi De Magistris la grande affluenza risultava garantita molto più che altrove, meno che mai a Roma, dove i romani sono furibondi con la sindaca Virginia Raggi.

Meno ovvio, ma probabile invece, che Beppe Grillo nel suo stile teatrante scegliesse la maschera del pagliaccio Joker del film che, seppure in cima agli incassi mondiali, lancia un messaggio inquietante, macabro e tutt’altro che tranquillizzante. Del resto oramai in politica pagliacci e pagliacciate sono all’ordine del giorno, ecco perché per un verso continua ad aumentare l’astensionismo e per l’altro il populismo, una sorta di reazione automatica alla mancanza di idee serie e coerenti per la soluzione dei problemi del Paese.

Qui non si tratta solo delle sceneggiate da clown del comico genovese, padrone assoluto del movimento, ma del rischio di una frattura pericolosa per la democrazia rappresentativa e costituzionalmente intesa, a favore dell’ipnosi elettorale e dei clic sulla tastiera.

Insomma le giravolte, le abiure, le parole rinnegate, le promesse disattese come fossero facezie e quella sorta di certezza di poter fare degli elettori e del loro pensiero ciò che si vuole per orientarlo, suscita una preoccupazione che solo l’incoscienza può trascurare.

Quello che sconvolge infatti è il metodo da setta, della spinta all’orientamento purché sia, della capacità di persuasione verso il capo e verso l’indirizzo che indica di volta in volta, senza sé e senza ma. Sconvolge la naturalezza con la quale si rinneghi il principio precedente a vantaggio del successivo, pronti a rinnegarlo ancora nel futuro per un’altra posizione, è questo il post-ideologismo di Grillo e dei grillini. I Cinque Stelle infatti sono passati, si accetti il paragone, dall’ateismo alla fede, dal rigore al qualunquismo, dall’ortodossia al relativismo, a semplice comando del fondatore, tutto e il suo contrario basta che sia, basta che il potere rimanga in mano sua. Ecco perché Grillo alla kermesse ha detto: “È ovvio che siamo cambiati, è ovvio che dopo 10 anni siamo diversi, è ovvio che oggi siamo un’altra cosa”, insomma tutto normale e scontato. Secondo noi, invece, tutto studiato per condizionare la volontà elettorale.

Dal mai con nessuno al pronti alle alleanze, dall’assalto alla scatola di tonno alla perfetta integrazione, dalla guerra al sistema alla scelta di farne parte, dall’antipolitica alla politica del potere, dalla lotta solitaria ai due, tre forni e dove conviene. È così che piano piano i grillini sono arrivati prima a scegliere Matteo Salvini e poi il Partito Democratico con Matteo Renzi e Laura Boldrini; pur di non votare col rischio di sparire hanno fatto ogni genere di accordi con la sinistra, hanno confermato Giuseppe Conte perché disposto alla politica del camaleonte. Hanno scelto di cancellare Bibbiano, gli attacchi feroci a Maria Elena Boschi, la sfuriata in streaming contro Pier Luigi Bersani, la veemenza verso la giunta dell’Umbria per farla cadere, i “vaffa day” contro Renzi e Gentiloni, gli insulti a tutto spiano contro l’Europa dei tromboni. Non solo l’hanno cancellato, ma così bene da riuscire oggi a starci assieme, da confermare quanto sia giusto questo amore, da votare per la von der Leyen, da farci squadra alle Regionali come anteprima delle elezioni nazionali. Ecco perché diciamo: pagliacci e pagliacciate. I 5 Stelle sono passati dalla lotta ad Equitalia al potenziamento, dall’unità sulla Diciotti ai porti aperti, dalle accuse al Presidente alla stima permanente, dall’annullamento delle concessioni alla richiesta di partecipazioni, dalle sterilizzazioni alle rimodulazioni. E sul Pd, che dire? Chi si somiglia si piglia, italiani sveglia!


di Alfredo Mosca