Ma anche questo è un bilancio?

Non dovrebbe esserci bisogno che lo ripeta ancora una volta: sono un somaro in fatto di bilanci, finanza, affari, economia grande e piccola, generale e particolare. Ma, poiché tutto è relativo, potrei anche sostenere di essere un mago della finanza, un supertecnico dei bilanci pubblici. Basterebbe che mi mettessi a paragone di qualche ministro o sottosegretario.

Che la legge di Bilancio 2020 sia, tanto per parlar chiaro, una bojata è noto oramai anche a gente più asina di me. E poiché oramai anche in Europa e per la promozione dell’economia delle sue componenti nazionali si va avanti in base alle “raccomandazioni”, all’essere o no “figlio di papà”, aggiungerei che il chiasso europeo, le intimazioni e i rilievi che, magari quest’anno non ci saranno, li dobbiamo solo al fatto che abbiamo una maggioranza “europeista”, di cui il nostro Paese fa parte. Siamo, si fa per dire, dei raccomandati e non c’è più da farne carico ad un governo, o almeno, un mezzo governo “sovranista”. Tutto il mondo è un Paese.

C’è poco, quindi, da poter far riferimento a quelli che saranno i giudizi ed i provvedimenti degli organismi europei. Anche se i somari più somari di me sanno bene che quello che si discute al Senato è un bilancio ed un bilancio di uno Stato di non esiguo peso economico, un documento che è stato, anzi viene solo ora raffazzonato dopo essere stato formalmente depositato in Parlamento.

Il bilancio dello Stato, pur non essendo uno strumento puramente contabile ma anche di scelte e decisioni di grande politica economica, non è documento cui possa pretendersi di dare un contenuto piuttosto che un altro dopo, addirittura, la sua presentazione al Parlamento ed agli organismi europei. Se al momento dell’adozione di un bilancio possono essere prese decisioni di economia e di alto livello, non è sui “fili di lana” dei termini convenzionali che si può decidere quali strade prendere per l’economia del Paese.

La rissa scatenata tra i componenti della maggioranza, tra l’uno e l’altro dei ministri e dei ministeri e, cosa manco troppo mascherata, tra interessi del Nord e interessi del Sud, cambia e ricambia volto e contenuto con colpi, contraccolpi, ed altri colpi ciascuno dei quali dovrebbe presupporre una scelta intervenuta dopo studi e rilevazioni di sondaggi e compromessi già abbondantemente sperimentati. Niente affatto. Si sparano notizie di complicate nuove tassazioni, di riforme che ci assicurano essenziali e poi si accorgono che no, quello che s’ha da fare è altro, che quanto detto e ripetuto non s’ha da tenere in considerazione.

Ad esempio: per avere una mano di colore verdastro, è stata istituita la Plastic tax. C’è mancato poco che la Regione Emilia-Romagna, in cui si voterà a gennaio, proclamasse la secessione e la rivolta armata. Così si farà, ma non del tutto. Anzi, per niente. Certo, nessuno, pare avesse fatto caso che il fatturato per prodotti da imballaggio di quella Regione supera quella della maggior parte dei Paesi europei.

E così via. Un bel modo di fare il bilancio. Una pretesa di considerarlo tale del tutto forsennata. Una prova provata che l’economia di questo nostro povero Paese è nelle mani di pericolosi dilettanti buontemponi. Però Sergio Mattarella è soddisfatto, perché ha, comunque, assicurato all’Italia un governo. Se lo dice lui…

Aggiornato il 06 novembre 2019 alle ore 12:35