Dal tonno alle sardine

Flash mob, girotondi, sardine e scatolette di tonno. Tra grillini, radical chic comunisti di ritorno la fantasia non manca, prima erano tutti contro Silvio Berlusconi e adesso contro Matteo Salvini. Sia chiaro, il tema di sempre è l’antifascismo, l’antirazzismo, perché a sinistra, grillini compresi, quando i consensi scendono a picco si rispolvera il pericolo del Ventennio, la bandiera rossa, bella ciao, la democrazia, insomma il repertorio falce e martello.

Il fascismo poi è la parola chiave da inserire a bella posta per giustificare il rischio incombente, per suggestionare la gente; pensate che a Roma la giunta comunale ha rispolverato perfino i pini secolari piantati dal fascismo, che crollano e fanno danni. Insomma sembra che nella capitale gli alberi cadano non perché manca la cura, la potatura e la manutenzione del verde, ma perché i fusti dei pini siano fascisti, roba da matti.

Del verde, e dell’assetto del territorio poi non ne parliamo, perché grillini, sardine e girotondini fino a qualche mese fa erano tutti gretini, invasati per una manovra green e amore folle per l’ambiente, adesso la moda è già passata e per manifestare e protestare sono tornati al classico. Fateci caso, il Governo dell’ipocrisia appena nato ci ha assordati con l’ecologia sull’onda di Greta Thunberg e delle piazze: clima, surriscaldamento, cura del verde, idrogeologia. Adesso invece in vista delle elezioni via il green e dentro il pericolo fascista di Salvini e di Giorgia Meloni.

Insomma, funzionano a ondate, viaggiano per slogan, annunci e sparate, dopodiché quando governano dimenticano tutto e rimettono gli slogan nel cassetto. Si tratta di un classico della storia comunista, quando hanno paura di perdere si inventano un pericolo incombente, gli costruiscono il vestito più attagliato, quello fascista è sempre gettonato, e fanno partire la grancassa della piazza e dell’informazione.

Del resto basterebbe pensare al Cavaliere che per anni è stato dipinto come il nemico pubblico numero uno, e oggi che elettoralmente conta poco o niente per la sinistra è diventato quasi una garanzia, una certezza di democrazia, alla faccia dell’ipocrisia. Eppure contro i suoi governi hanno scatenato piazze, manifestazioni, girotondi e occupazioni, adesso al posto del Cavaliere c’è Salvini, il sovranismo, la Meloni, diventati a bella posta l’obiettivo della piazza.

Tuttavia mentre le sardine del Partito Democratico cantano bella ciao e della democrazia pericolante, il partito al governo coi soci della scatola di tonno anziché pensare al Paese e ai suoi guai pensa allo Ius soli, a far scappare ArcelorMittal da Taranto per sostituirlo con le cozze, per rimanere nel mercato ittico. La realtà è che in Italia il pericolo incombente non è il fascismo di Salvini che è inesistente, ma il modo di agire e di pensare del governo, dell’alleanza più a sinistra della storia, è una Finanziaria che sprofonderà il Paese in un mare di tasse, di manette, di fughe dei giovani e degli investitori.

Il pericolo vero è il ritorno dello statalismo a tutto spiano, dell’assistenza clientelare, della spesa improduttiva, della fiscalità punitiva, della galera educativa, insomma del repertorio di quella sinistra che dello sviluppo, della libertà e della democrazia ha fatto sempre strame. All’Italia serve il contrario, serve liberalizzare, privatizzare, eliminare la burocrazia, serve un concetto di redistribuzione per lo sviluppo e non per l’assistenza, un fisco equo e stimolante piuttosto che ossessionante. Serve di favorire chi investe e intraprende al posto di incutere la paura della magistratura, serve che al sud il fisco aiuti a fare impresa e a creare occupazione al posto della mancia elettorale, servono meno tasse e meno Stato che non serve a niente. Altro che sardine, bella ciao, cozze e compagnia cantante.

Aggiornato il 19 novembre 2019 alle ore 12:51