Peggio che garzoni

Premesso che sulla vicenda Mes la Lega che tanto sbraita abbia gravissime colpe, le dichiarazioni di Roberto Gualtieri sulla non negoziabilità del costituendo organismo sono raggelanti ed evidenti insieme. In Europa contiamo poco o niente e il premier Giuseppe Conte dovrà spiegare eccome la faccenda.

Parliamoci chiaro, questa storia del Mes gira dal dicembre 2018, quando fu dato mandato all’Eurogruppo di riformare il cosiddetto “Fondo salva-Stati”, dunque non è una novità e nemmeno un fulmine a ciel sereno, ecco perché Matteo Salvini e Claudio Borghi dovevano pensarci prima.

Come se non bastasse, a giugno di quest’anno, con il Governo gialloverde, l’Eurogruppo ha trattato, revisionato e approvato la bozza di accordo sui poteri e sullo statuto di questa super Authority europea delegata agli interventi finanziari a favore dei Paesi membri in difficoltà. Insomma, la Lega avrebbe dovuto allora alzare barricate contro una riforma del sistema pericolosa per noi, piuttosto che limitarsi a dichiarazioni di contrarietà, ecco perché viene da chiedersi il motivo di tanta veemenza solamente ora, sebbene meglio tardi che mai. Eppure guarda caso è proprio sul “meglio tardi” che casca l’asino della nostra ininfluenza all’interno dell’Unione europea; insomma, come mai nonostante il diritto di veto il ministro Gualtieri difende il Mes e annuncia l’impossibilità di modificare l’accordo?

Ebbene, ve lo spieghiamo noi il motivo, perché il diritto di veto scatta sulla unanimità che nello statuto Mes è stabilita per quanti e non per testa; insomma, la decisione può essere bloccata solamente se votata da almeno i due terzi degli aventi diritto. Bene anzi male, nel quorum degli aventi diritto è statuito che la Germania valga il 27 per cento, la Francia il 20 e l’Italia il 17, dunque il nostro Paese non riuscirebbe mai a raggiungere il quorum per il veto senza l’assenso della Germania e della Francia. Ecco perché Gualtieri parla di non modificabilità.

Per farla breve la frittata è fatta e la strada per cambiare il Mes è veramente una scalata a mani nude, una battaglia persa in partenza, come purtroppo la gran parte delle altre che si sono succedute dall’inizio della Ue e dei suoi patti. Ora cosa sia il Mes l’abbiamo scritto, una sorta di tribunale dell’affidabilità contabile di un Paese, una super-agenzia di rating sulla capacità a sostenere il debito sovrano, fatto che evidentemente penalizza i Paesi più indebitati e in difficoltà, che richiedessero un sostegno al “Fondo salva-Stati”. Ma se questo non bastasse al Mes è stato dato il potere di pretendere, nel caso di richiesta di aiuto di uno Stato membro, la ristrutturazione del debito e il modo per realizzarla; un commissariamento tout court della politica economica e di bilancio sovrana. Ecco perché è pericoloso.

Del resto basterebbe pensare a cosa accade ai titoli di Stato e allo spread quando una qualsiasi agenzia di rating abbassa la valutazione di affidabilità di una nazione, figuriamoci se il Mes, che è molto più vincolante e autorevole, lo facesse con L’Italia. Sarebbe una catastrofe. Ecco il motivo per il quale in un anno di trattativa avremmo dovuto alzare le barricate e farci sentire anziché come al solito sottometterci all’asse franco-tedesco che è il vero progettista del Mes, ed ecco la ragione per la quale “meglio tardi che mai” vale poco, purtroppo. Siamo alle solite, l’Europa in realtà si scrive Ue ma si legge Francia e Germania, tanto è vero che su ogni questione dell’Unione siamo abituati a sentir dire che la Francia vuole, la Germania vuole e mai l’Italia vuole, perché il nostro potere è ridotto alla marginalità, siamo sinceri. Qui non si tratta di sovranismo che, ipocrisia a parte, vale per tutti. Emmanuel Macron e Angela Merkel da sempre antepongono gli interessi nazionali a quelli comunitari. Bisogna recuperare voce e dignità dentro un consesso che abbiamo contribuito a fondare e sosteniamo a fior di miliardi di euro l’anno. Si tratta una volta per tutte di affrontare a qualsiasi costo la riscrittura delle regole, dei patti, dei trattati, per garantire pari dignità e pari opportunità a tutti i Paesi, togliendo dalle mani dell’asse franco-tedesco una Golden share sulla Ue che non sta scritta da nessuna parte. Viva L’Italia.

Aggiornato il 28 novembre 2019 alle ore 11:21