L’unica verifica sarebbe il voto

L’unica verifica coraggiosa sarebbe il voto democratico piuttosto del solito rito ipocrita del confronto interno tra chi, pur di non cedere il potere, “venderebbe l’anima”.

Del resto c’è poco da verificare intorno ad una maggioranza messa in piedi come sappiamo, che nel Paese è minoranza netta, che i cittadini se potessero votare manderebbero a casa per direttissima. Ecco perché suscita rabbia la richiesta del Premier di riunire a gennaio gli alleati per ricucire gli strappi; oltretutto ricucire cosa, se non c’è stato mai un tessuto comune per il bene del Paese. Questa maggioranza infatti nasce da uno strappo, da una forzatura costituzionale giustificata dai numeri e basta, perché su tutto il resto c’è stato e c’è il peggiore teatrino dell’ipocrisia politica, del trasformismo, del disinteresse della volontà popolare.

Oltretutto Giuseppe Conte sa bene che quando si governa per il solo scopo del potere, della paura di essere cacciati, si ricuce sempre; figuriamoci tra grillini, Pci-Pds-Ds-Pd-Leu e cespugli vari, sarebbero capaci di tutto pur di non mollare. Basterebbe pensare a Beppe Grillo, ai voltafaccia su ogni principio precedente, oppure a Matteo Renzi e alle sue dichiarazioni sui 5 Stelle e sul suo ex partito, ai giuramenti di Nicola Zingaretti, alla parola dello stesso Premier che mai avrebbe guidato una maggioranza alternativa a quella gialloverde.

Uno zibaldone di bugie e ipocrisie da far impallidire Pinocchio, anche perché il burattino di Collodi in fondo era dall’animo buono, incuteva tenerezza, mentre questa maggioranza stimola solo il disappunto verso una politica che tratta la parola d’onore come una barzelletta. Del resto la prova di questo andazzo sta tutta nel voto odierno sul Mes, che solamente pochi giorni fa veniva presentato come un successo, un trattato eccellente, privo di alcun rischio per noi, mentre oggi si fanno i salti mortali per cercare di cambiarlo.

Insomma, se non ci fossero stati gli allarmi gridati dal centrodestra, il Mes sarebbe passato in sordina e la trappola franco-tedesca sarebbe scattata inesorabilmente contro l’Italia. Una roba che altrove avrebbe costretto alle dimissioni in blocco del governo. Sul Mes, infatti, non si tratta di un provvedimento come tanti,  ma di un accordo che una volta ratificato diventa un nodo di Gordio che per tagliarlo altro che Alessandro Magno; lo vediamo con Dublino, Basilea, Maastricht e tanti altri. Ecco perché è stato grave il tentativo del presidente del Consiglio e del ministro Roberto Gualtieri di far passare per buono il Mes, così come è stata grave l’evasività di Giovanni Tria e la leggerezza della Lega lo scorso giugno. Diciamoci la verità, anche Matteo Salvini allora avrebbe dovuto fare fiamme e fuoco, seppure meglio tardi che mai.

Per farla breve, siamo nelle mani sbagliate; mani che non avrebbero dovuto guidare il Paese non solo perché di fronte ad una crisi come quella d’agosto sarebbe stato giusto votare, ma perché era evidente che non ci fossero le condizioni minime di armonia e sintonia fra gli alleati. Tanto è vero che la verifica di cui adesso si parla nasce dal teatrino quotidiano su tutto, un batti e ribatti ridicolo mentre il Paese affoga in un mare di problemi seri che si pensa di risolvere con le manette, con la persecuzione fiscale, con la paura addosso ai cittadini.

Altro che il terrorismo mediatico di Salvini e della Meloni, la sinistra scende in piazza contro l’odio e poi vorrebbe appendere Salvini, oppure scatena le Sardine per impedire manu militari comizi e tribune elettorali, alla faccia del reciproco e pacifico rispetto politico e democratico.

In una democrazia compiuta, l’antagonismo, seppure forte, non dovrebbe mai scivolare nell’odio, nell’incitamento alla censura veemente e preventiva, negli slogan pericolosi e bugiardi che possono aizzare gli scalmanati e i facinorosi, da una parte e dall’altra. In una democrazia compiuta esiste il voto popolare per risolvere le crisi di governabilità, di stabilità delle maggioranze, d’impasse programmatica dell’esecutivo. Ecco perché al posto della verifica fittizia, di un miraggio, servirebbero le urne, le elezioni, l’onestà intellettuale e il coraggio.

Aggiornato il 11 dicembre 2019 alle ore 10:39