Le giaculatorie

Chi in un modo chi nell’altro governo e maggioranza pregano, il Pd addirittura si è chiuso in un convento per elevare il cattocomunismo a fede unica. Chi da fuori e chi per conto proprio si raccomandano al cielo perché a partire dall’Emilia-Romagna, gliela mandi buona. Nel più classico stile democristiano e comunista predicano bene e razzolano male, dopodiché si affidano alla provvidenza sperando che ci metta una pezza anche se nel caso loro, più che una toppa ci vorrebbe un immenso velo pietoso.

Perché sia chiaro a partire dal Pd, dal premier e l’alleanza di governo, tra spergiuri, ipocrisie, voltafaccia e giravolte politiche, ne hanno fatte e dette di ogni colore, salvo che ora, impauriti, sperano che col conclave arrivi il perdono e la benedizione. Ecco perché ostentano, straparlano e promettono che da domani cambieranno il passo per dare insieme e appassionatamente un futuro migliore agli italiani.

Eppure, fino ad agosto si detestavano al punto tale da giurarsi guerra eterna, sancire l’incompatibilità assoluta, farsi paladini dell’antagonismo reciproco, roba da non credere come si possa pensare di riscuotere la fiducia persino dell’Altissimo che al contrario vede e provvede. Tanto provvede che la paura di perdere le Regionali fa 90, che i sondaggi confermano la bocciatura, che i risultati in quattro mesi sono zero, che la crisi economica peggiora.

Mai nella storia repubblicana c’è stato un governo tanto debole e incapace, fragile e diviso, in grado solo di confermare compattezza nella considerazione proprietaria, della democrazia, della libertà, delle istituzioni, dello Stato e soprattutto del lavoro, del reddito, della vita e delle fatiche della gente. Ecco perché vogliono stabilire quando sia giusto di votare, quanto sia giusto guadagnare, la durata dei processi, quale partito sia pericoloso o meno, come sia dovuto di pagare, cosa sia opportuno di bere e di mangiare, in che modo si debba declinare l’accoglienza.

Alla faccia della libertà e della sovranità popolare, per questo ci spremono di tasse stabilendo per quanti giorni si debba lavorare per lo Stato e quanti per noi, ci considerano evasori a prescindere e scambiano la lotta all’evasione con la persecuzione. Per questo hanno trasformato la giustizia in arbitrio, lasciando che la prescrizione mortificasse ogni diritto, usato le casse pubbliche come bancomat per l’assistenzialismo e il clientelismo, per questo aumentano i controlli obbligandoci alla sudditanza e alla fine della privatezza.

Del resto, basterebbe scorrere la Finanziaria per capire quale concetto abbiano dell’economia, della società, del lavoro e della libertà, tassa e spendi, galera preventiva, assunzioni pubbliche, statalismo e salvataggi a gogò dei carrozzoni e delle banche truffaldine. Come se la crisi si risolvesse aggravando la spesa pubblica improduttiva, ingigantendo un apparato statale che succhia risorse e restituisce disservizi e inefficienze, assicurando bonus ai nullafacenti, tartassando la produzione della ricchezza, spaventando e minacciando investitori e consumatori.

Eppure dagli 80 euro di Matteo Renzi, al reddito di cittadinanza, a quota 100, al decreto dignità, alle migliaia di posti in più nell’amministrazione ai costi per l’immigrazione incontrollata, è stato solo un sperpero infinito di risorse e di debito aggiuntivo senza che il Pil se ne accorgesse in proporzione. Eppure, con la persecuzione fiscale e la colpevolezza preventiva si è solo amplificata la guerra tra contribuenti ed entrate, si è fatto fuggire ogni investitore, allontanato il capitale e l’intrapresa, esasperata la rabbia, perché quando il fisco punisce ed ossessiona la crescita non può esserci. Per farla breve c’è poco da riunirsi nei conventi per fare comunella e gli scongiuri, possono ingannare tanti per un po’ e qualcuno per sempre, ma tutti all’infinito mai, ne riparliamo dopo il ventisei.

Aggiornato il 14 gennaio 2020 alle ore 12:02