Alla faccia della fase due

venerdì 14 febbraio 2020


Viene da ridere solo a rammentare le dichiarazioni della maggioranza all’indomani del voto in Emilia Romagna e Calabria, che, ricordiamolo, si è chiuso a vantaggio del centrodestra nel computo totale delle regioni visto che la seconda era amministrata dal centrosinistra. Insomma un coro teatrale e un po’ comico di trionfalismi per la vittoria di Bonaccini e gli annunci sull’apertura della fase 2 per il rilancio della coalizione e del Paese, da Zingaretti a Bonafede, dal Premier a Italia viva, un minuetto di rassicurazioni sulla compattezza e l’armonia.

Noi al contrario di altri, scrivemmo invece che dopo il voto del 26 gennaio, la maggioranza fosse più debole e sotto botta sia della crisi da scomparsa dei grillini e sia della necessità di Renzi di farsi spazio a svantaggio del Pd e dei cespugli rossi Boldriniani. Detto e fatto perché dopo la perniciosità della fase 1 culminata con una finanziaria tasse e manette e colorita dalla barzelletta sulla sterilizzazione dell’iva e sulle previsioni del 2020, la fase 2 si è aperta con un volar di stracci e pesci in faccia da sceneggiata napoletana.

Non solo siamo tornati alle insolenze tra alleati, alle accuse incrociate su tutto a partire dalla prescrizione, ma peggio ancora alle minacce di ritorsione e ammutinamento condite da giudizi personali al limite dell’offesa. Qui non si tratta solo dello sfogo di Conte verso Renzi che per acrimonia fa il paio con quello contro Salvini, si tratta di un clima da lotta senza quartiere dentro la maggioranza e nei singoli partiti, da condurre quotidianamente l’esecutivo sull’orlo della crisi e del disfacimento.

Verrebbe da dire alla faccia della fase 2 e del rilancio dell’azione di governo a favore del Paese, perché se tanto ci dà tanto meglio sarebbe tornare alla fase 1 visto che almeno in quel momento c’era la scusa della finanziaria e delle clausole di salvaguardia sull’iva. Per farla breve in 6 mesi il governo della salvezza che per responsabilità verso gli italiani si era fatto cireneo per sanare la disfatta gialloverde, ha scodellato una manovra invalidante per la crescita e la fiducia, una gag sulla sterilizzazione dell’iva e una farsa kafkiana sulla prescrizione.

Come se non bastasse sulle concessioni ai Benetton, sulla Gregoretti, sulle crisi aziendali e soprattutto sulla spartizione di centinaia di poltrone si è aperto in questi giorni un fuoco amico e incrociato a suon di trappole, vertici disertati e tagliole dei numeri al Senato, alla faccia della fase 2. Nel mezzo di questo caos degno di un romanzo d’appendice alla carolina Invernizio, si è infilata la minaccia dei cosiddetti responsabili pronti a sostituire Renzi, quella dell’implosione dei grillini e delle trame interne del Pd con Franceschini, roba da pelle d’oca solo a raccontarla.

Parliamoci chiaro un’alleanza così menefreghista del Paese, protesa agli interessi personali, così lontana dai sentimenti della gente e dei sondaggi, incapace di guardare la realtà per la poltrona, pronta a consegnarsi a un gruppo sconosciuto e appena nato come le sardine, non s’era mai vista. Eppure il Pil sprofonda, gli investimenti fuggono, le aziende chiudono o licenziano, gli sbarchi aumentano ogni giorno, le tasse e la sfiducia salgono assieme al debito e al deficit, sul piano internazionale siamo sempre più isolati e le previsioni sono tutt’altro di quelle garantite.

Allora viene da chiedersi ci sarà qualcuno che pensi all’Italia, che capisca il rischio di un disfacimento sociale economico produttivo, che guardi al conto da pagare, che valuti l’imbuto all’orizzonte, oppure vogliamo arrivare al masochismo nazionale e alla crisi più nera e collettiva? Su quali basi si preferisce un naufragio probabile, un impatto per tutti contro il muro, uno scontro sempre più forte nella maggioranza, una spaccatura tra un governo in crisi e un paese che non lo vuole più, tra l’incapacità di un esecutivo fatiscente e la voglia di votare della gente?


di Alfredo Mosca