E Conte attacca le regioni

Giusto per rispettare l’invito all’unità di Mattarella, Conte attacca le regioni e come spesso gli capita lo fa in libertà, è già successo con l’anno bellissimo, con la crescita assicurata, è successo negli incontri sulla Libia e così via. Ebbene a parte il fatto che l’appello del Capo dello Stato non poteva certo sottintendere il divieto di critica o di biasimo verso la politica di governo, ci mancherebbe, ma nel caso di Giuseppe Conte siamo ad un protagonismo dialogico inutile e fastidioso.

Del resto basterebbe pensare a cosa sarebbe accaduto a parti invertite, cioè se un premier di centrodestra avesse attaccato un gruppo di regioni di centrosinistra, minacciando di limitarne le prerogative con un atto di governo. Apriti cielo, si sarebbe parlato di fascismo, di intolleranza costituzionale, di pericolo democratico e via dicendo; insomma dai giornali radical chic, ai talk-show di supporto, agli intellettuali di sinistra, sarebbe stato un coro di allarme sulle intenzioni del premier.

Sia chiaro, noi siamo certi che l’uscita di Conte sia solo una delle tante dichiarazioni in libertà che il premier si lascia sfuggire nei momenti di difficoltà, perché l’idea di trasformarle in un pericolo nemmeno ci sfiora, ciononostante il paragone a parti invertite tiene eccome. Ecco il motivo per cui scriviamo e meno male che il Colle avesse raccomandato coesione e misura da parte di tutti in un passaggio delicato e difficile come questo, perché il primo ad aver bisogno di unità e di misura nelle azioni e nelle dichiarazioni dovrebbe essere proprio il Governo.

Al contrario, invece, abbiamo assistito e assistiamo ad una sequela di interventi in ordine sparso, di approcci alternativi e di provvedimenti che hanno indotto i cittadini in confusione, timore, spingendoli a reazioni di sconcerto e disorientamento. Per farla breve, dalla scriteriata chiusura dei voli dalla Cina, alle esitazioni sulla quarantena, alle sfilate nei ristoranti cinesi, alle notizie ufficiali sulla gravità del virus e adesso alla eventualità di bloccare i poteri regionali, un minestrone di cose che ci ha condotti ad essere additati ovunque nel mondo.

Qui non si tratta solo di passare da vittime a carnefici, visto che nei nostri confronti sono scattate dovunque una serie di restrizioni; si tratta proprio di quella unità e capacità di affrontare il problema che nel governo è latitata almeno in parte. Eppure siamo in presenza di un sistema sanitario tra i più capillari e qualificati al mondo, di una Protezione civile eccellente, di una croce rossa di vaglio, così come di un apparato di forze dell’ordine preparate in grado di offrire le migliori garanzie, dunque siamo protetti al meglio.

Ecco perché parliamo di carenze del governo e della maggioranza, visto che a fronte di una attrezzatura tanto capace ed apprezzata indiscutibilmente, c’è stato un Esecutivo titubante e disarticolato sia nelle scelte iniziali che in quelle successive. A partire dall’informazione ai cittadini, dalle misure precauzionali, dagli interventi verso la collettività, si è trasformato un problema serio, in una sorta di sfida politica tra maggioranza e opposizione, tra buoni e cattivi, tra regioni del nord e quelle del sud.

Per questo bene ha fatto Sergio Mattarella a richiamare tutti all’unità e alla coesione, specialmente alla necessità di stabilire una linea chiara e condivisa sulla scorta degli indirizzi forniti dagli esperti e dalla comunità scientifica sanitaria. Del resto una emergenza va affrontata come tale, senza il timore che sia troppo, perché meglio esagerare in cautela che rimpiangere di essere stati generici, melius abundare quam deficere insomma, salvo che l’abbondanza non stia nelle dichiarazioni inutili di chiunque.

Aggiornato il 25 febbraio 2020 alle ore 17:44