Ecco come il virus dell’antirazzismo ideologico ci ha portato il coronavirus

Un altro virus si aggira per l’Italia. Precedente al coronavirus, suo antecedente e predecessore (e destinato a sopravvivergli). È il virus dell’antirazzismo ideologico. È quel virus ideologico che ci ha regalato il terzo posto al mondo per diffusione del coronavirus. Quell’esito non era naturale e inevitabile, come qualcuno ora dice. Più che la natura e il destino, poté il virus dell’ideologia antirazzista, maschera della tartuferia nazionale. Nelle scorse settimane, infatti, la parte maggioritaria della classe dirigente italiana (nessuno escluso) ha dato di sé lo spettacolo di una gara a ostentare soprattutto antirazzismo e buoni sentimenti. In assenza di razzismo vero, lo si è inventato, attribuendolo non solo ai soliti “sovranisti”, ma anche ai virologi e ai presidenti di Regioni che chiedevano la quarantena per i provenienti dalla Cina, inclusi i cinesi e i bambini.

Per quei reprobi è stato anche creato un epiteto nuovo: “fascio-leghista”. Politici e giornalisti di sinistra hanno voluto ostentare soprattutto “Apertura”: un’apertura affermata come principio assoluto e metafisico; un’apertura che doveva prevalere su ogni indicazione scientifica, su ogni ragionevolezza e sulla stessa salute degli italiani. Questi ultimi sono stati invitati – e quasi precettati – a mostrare apertura e anzi a spalancare le braccia all’ “altro”, in questo caso al cinese. Come se ce ne fosse bisogno! Macché quarantena per loro: quella è roba buona solo per italiani. Macché salute pubblica: roba per chi non pensa che a chiudere porti e frontiere! Salute e frontiere: poca cosa a petto della sacra “Apertura”, dell’ideologia no-border ad ogni costo. Così tra accuse dell’antirazzismo immaginario, l’apertura delle braccia e delle frontiere è stata fatta trionfare sulla scienza, sulla ragione e sulla salute pubblica. La diffusione del coronavirus in Italia è avvenuta dopo che gran parte della classe dirigente aveva inscenato uno spettacolo dominato da una paradossale allofilia (adorazione dell’altro), accompagnata da una evidente negazione di sé, un’autofobia, molto vicina all’odio di sé e al masochismo.

Nel sottofondo, pur se non apertamente menzionata, ha sempre aleggiato l’annosa questione dell’emigrazione e l’altrettanto annosa polemica sui porti aperti o chiusi. Insomma nel sottofondo aleggiava il fantasma di Matteo Salvini. La polemica sul coronavirus è stata vissuta da politici, giornalisti e conduttori di talk show come una fase, una battaglia della lunga guerra a Salvini. In nome di questa guerra si è spalancata la porta non “all’altro”, ma a un virus potenzialmente letale. Si è fatta una guerra ideologica alla quarantena per lo straniero (e non per l’italiano) mentre la quarantena per chiunque arrivasse dall’estremo Oriente avrebbe invece scongiurato l’epidemia. Così – a quanto pare – è andata. Più che analizzare e commentare ulteriormente basti qui ricordare i nudi fatti come si sono succeduti nelle scorse settimane.

Il 31 gennaio il governo decide un unico provvedimento: bloccare tutti i voli diretti dalla Cina). Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte festeggia ed annuncia che l’Italia è ora “al sicuro e all’avanguardia”. Il provvedimento viene ritenuto totalmente inutile e anzi dannoso dai maggiori esperti virologi, tra cui il professor Walter Ricciardi (designato nel 2017 dal governo Gentiloni al Comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità) e il noto professor Roberto Burioni. Il provvedimento – fanno osservare i virologi – è addirittura dannoso perché ci si priva della possibilità di tracciare la provenienza delle persone che arrivano in Italia dalle zone a rischio senza alcun controllo con voli indiretti o via terra.

Il 3 febbraio i governatori di Lombardia, Veneto e Friuli e il presidente della provincia di Trento chiedono di sottoporre ad isolamento anche i bambini cinesi che stanno rientrando dalla Cina dopo il capodanno cinese. Dario Nardella, sindaco di Firenze lancia l’hashtag ##Abbracciauncinese e pubblica sul suo sito un video in cui accusa di razzismo tutti coloro che – secondo lui – farebbero “terrorismo psicologico e sciacallaggio per trovare una scusa per l’odio e l’esclusione”. Nei giorni successivi si scatena una polemica in cui dalla maggioranza parlamentare e da tutti i media vicini alla sinistra e al governo, per giorni proveniva un coro di condanna per il razzismo di tutti coloro che chiedevano maggiori misure e maggiore attenzione.

Il 6 febbraio il presidente Sergio Mattarella visita le classi, con bambini cinesi, la scuola Daniele Manin nel quartiere Esquilino di Roma. La visita culmina con un coro di bambini che intona l’inno di Mameli. La visita viene generalmente interpretata come un appoggio implicito alla linea antirazzista del governo e come implicita sconfessione dei tre governatori del Nord. I maggiori media e in particolare i conduttori dei talk show televisivi nei giorni successivi si sentono incoraggiati a continuare la loro campagna “antirazzista” e per l’apertura di principio. Il 19 febbraio il professor Burioni la decisione della Regione Toscana di non sottoporre alla quarantena i 2.500 cinesi che stanno rientrando dalla Cina. Il governatore toscano Enrico Rossi replica: “La Toscana in materia di coronavirus sta facendo più di tutte le altre Regioni. Chi ci attacca o non è bene informato, o è in malafede o è un fascioleghista”. Solo dopo l’intervento dell’Ordine dei medici Toscana e dell’Associazione italiana medici oculisti, il governatore toscano decide di adottare una “quarantena volontaria”, benché pericolosa, dato che si affida solo al senso civico dei cittadini cinesi. Il 20 febbraio con i buoni auspici delle autorità viene indetta a Milano una “notte delle bacchette” per testimoniare vicinanza ai ristoratori cinesi. L’iniziativa è accompagnata da vari post sui social: chi non mangia cinese è insensibile o è un “fascioleghista”. Ancora il 21 febbraio Conte e il ministro della Sanità Speranza continuano a parlare di “situazione sotto controllo”, benché i morti siano già due e gli infetti una cinquantina, 39 in Lombardia e 11 in Veneto. La ministra dell’Istruzione grillina, Lucia Azzolina, era inorridita all’ idea che i ragazzi di ritorno dal Capodanno cinese non potessero tornare immediatamente sui banchi di scuola. Il ministro della Salute, Speranza, parlava di “allarmismi ridicoli”. Il segretario dem, Nicola Zingaretti, dichiarava che la quarantena era inutile in quanto l’esecutivo aveva già sospeso i voli, fingendo di non capire. Si distorceva mediaticamente la proposta della quarantena per attaccare il rivale politico, fregandosene dei danni al Paese.

Il 23 febbraio, nonostante che lItalia sia balzata al terzo posto nel mondo per diffusione del coronavirus, Conte dichiara: “Siamo il paese occidentale che ha adottato le misure più garantiste, più efficaci e di massima sicurezza”. Nel frattempo il governo decide di chiudere gli stadi (all’aperto) in Lombardia e Veneto ma lascia aperti centri commerciali, cinema, teatri, perseverando nella sua linea puramente propagandistica di ricerca del consenso mediatico. Così, per non aver voluto fermare i cinesi due settimane prima, il governo oggi è costretto a bloccare metà italiani, con conseguenze drammatiche per l’economia. Il 24 febbraio Conte cerca di addossare le responsabilità, pur non nominandoli esplicitamente, ai medici dell’ospedale di Codogno (anch’essi infettati) e sulle Regioni del Nord. Evoca anche la possibilità del governo di avocare a sé i poteri delle Regioni in nome del “necessario coordinamento”. Il 25 febbraio il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana definisce “irricevibili ed offensive” le accuse di Conte mentre il suo assessore al welfare Gallera accusa il governo si “totale incapacità”. Lo stesso giorno Matteo Salvini accusa Conte di volersi “lavare la coscienza” scaricando le sue responsabilità sui medici e sulle Regioni.

Ogni ulteriore commento è superfluo.

Aggiornato il 26 febbraio 2020 alle ore 11:28