Coronavirus: la bufala dei tamponi

“Si trova quel che si cerca. Gli altri paesi europei hanno meno casi positivi che in Italia perché fanno meno tamponi”. In questa frase è racchiusa una grande bufala che corre da qualche settimana di bocca in bocca e viene diffusa da politici soprattutto di governo (ma anche, per malinteso “orgoglio nazionale”, dell’opposizione) e da giornalisti che non verificano - e si bevono allegramente - le balle diffuse dalla propaganda governativa.

 La bufala si è spinta fino a diffondere implicitamente il sospetto che il governo tedesco e quelli degli altri paesi europei, non facendo tamponi-test in proporzioni massicce - come invece farebbe il governo italiano sempre “all’avanguardia” - eviterebbero di mostrare le dimensioni reali dell’epidemia nei loro paesi e starebbero nascondendo la proverbiale “polvere sotto il tappeto”.

All’origine della bufala troviamo il solito premier italiano Giuseppe Conte, che sin dai primi giorni dell’epidemia in Italia ha detto e ripetuto che in Italia sono stati trovati tantissimi casi di coronavirus perché, a differenza degli altri paesi europei, sono stati fatti “test di massa” per trovarlo.

E invece come si poteva leggere su “La Repubblica” del 3 marzo in una breve notizia della corrispondente dalla Germania Tonia Mastrobuoni: “La Germania ha eseguito 11mila test per il coronavirus soltanto nell’ultima settimana. Il dato è stato reso noto dall’Associazione federale delle casse sanitarie Kbv. Ed è un numero incontrovertibile - continua Mastrobuoni - che smentisce le bufale che continuano ad appestare il dibattito pubblico” (in Italia- è il sottinteso).

La stessa giornalista spiega poi che in Germania il sistema sanitario è misto, pubblico e privato ed è più difficile elaborare un dato complessivo dei tamponi i cui dati arrivano in ritardo perché non sono centralizzati. A radio radicale lo stesso 3 marzo Mastrobuoni ha aggiunto un dato: nella sola Baviera stanno effettuando 1200 test al giorno, per cui a conti fatti risulterà probabilmente che in Germania stanno effettuando molti più test che in Italia. Per la cronaca al 3 marzo i casi positivi riscontrati in Germania erano solo 223.

In Gran Bretagna secondo dati aggiornati al 2 marzo i test effettuati erano 13.525 con 40 positivi inclusi quattro inglesi sulla nave Diamond Princess.

In Francia, alla data del 3 marzo le autorità sanitarie francesi avevano effettuato 1.126 test, tra i quali 202 erano risultati positivi. Certamente molti meno che in Italia. Ma nella propaganda diffusa da governo e giornalisti distratti si nasconde il fatto che in Francia sin dall’inizio dell’epidemia si sono mandati in quarantena coloro che provenivano con voli diretti o indiretti e si sono fatti test solo sui pazienti sintomatici (come poi ha negli ultimi giorni deciso di fare lo stesso Istituto superiore di sanità italiano riconoscendo che in Italia ci sono troppi tamponi-test anche per ragioni propagandistiche.

Il governo sta cercando di mostrare che l’epidemia in Italia non è più grave che negli altri paesi europei, dove starebbero cercando di nascondere i veri dati. Così facendo cerca di attenuare le responsabilità del governo e del suo premier. Dai dati emerge infatti un fatto incontrovertibile: che laddove, come in Italia, il governo ha fatto la sciocchezza propagandistica (e in linea con l’antirazzismo ideologico della prima ora che diceva “abbracciate un cinese” e “dalli al fascioleghista che vuole le quarantene per i cinesi”) di bloccare i voli dalla Cina (privandosi della possibilità di controllare tutti coloro che di conseguenza avrebbero scelto voli indiretti), è scoppiata un’epidemia che al 4 marzo aveva fatto registrare 3.089 di contagiati (di cui 107 morti e 276 guariti). Laddove invece, come in Germania Inghilterra e Francia, quella stupidaggine non è stata fatta (e le autorità sanitarie hanno controllato con più ragionevolezza e meno propaganda gli arrivi diretti e indiretti e adottato le quarantene), siamo intorno a soli 200 casi positivi, come in Germania e Francia, e in Inghilterra solo 40. Una ragione ci sarà.

Il governo italiano - in sostanza - nella sua prima fase propagandistica di antirazzismo ideologico (quando invece di contrastare il coronavirus si pretendeva di contrastare quello inesistente del razzismo e del fascioleghismo!) ha fatto “scappare i buoi” per cui, in seguito, ha dovuto inseguirli ed eseguire “tamponi di massa” (a oggi circa 25 mila) anche a tutti coloro che avevano avuto contatti con loro. Da quella sciagurata e dissennata scelta iniziale è poi derivata la tardiva e improvvisa decisione di “chiudere la stalla” accompagnata da drammatizzazioni e sovraesposizioni mediatiche personali del premier. I cosiddetti suoi “errori di comunicazione” sembrano in realtà un eufemismo che copre una cosciente linea propagandistica (e narcisista), che, a quanto pare, è l’ordinario e principale metodo di lavoro del premier Conte. Un uomo che sa di avere un deficit di legittimità e cerca disperatamente di acquistarla ad ogni costo con mezzi mediatici. Si spiega così perché la propaganda e la ricerca dell’immagine siano state per ben due mesi le sue uniche dimensioni politiche e le sue uniche possibilità operative.

Aggiornato il 05 marzo 2020 alle ore 13:02