Le condizioni necessarie per un aiuto europeo

venerdì 27 marzo 2020


Mi spiace ma non mi associo alla narrazione dei ricchi ed egoisti Paesi nordici (inclusa la Germania) che riluttano e pongono condizioni all’emissione di coronabond per aiutare i Paesi europei mediterranei a rimediare ai disastri economici dell’epidemia. Non mi associo, quindi, nemmeno all’icona del premier Giuseppe Conte, che “batte eroicamente i pugni” sul tavolo di Bruxelles rifiutando ogni condizione come un attentato all’onore e alla sovranità dell’Italia. Non mi associo perché, parlandoci chiaramente, l’Italia (con altri Paesi) sta chiedendo agli altri soci europei un aiuto gratuito. Tale sarebbe infatti l’emissione di coronabond dato che tutti i partner europei garantirebbero titoli (indebitandosi) emessi in nome proprio, ma per conto dell’Italia (o di un altro Paese danneggiato dall’epidemia). Inoltre l’Italia e gli altri Paesi esigono che tale aiuto non sia sottoposto ad alcuna condizione, nemmeno a quella minima che quelle risorse non siano sciupate e dilapidate, come, purtroppo, l’Italia ed altri Paesi mediterranei hanno fama in Europa (e nel mondo) di essere molto propensi a fare.

In sostanza, l’Italia e gli altri Paesi mediterranei chiedono aiuti gratuiti e incondizionati sulla base del mero principio etico della solidarietà, dato che non vi è in materia alcun obbligo giuridico cogente. È sulla base della mera solidarietà tra partners davanti alla sciagura che li ha colpiti, che, a loro avviso, i Paesi nordici dovrebbero allentare i cordoni della loro borsa e cioè quella dei loro cittadini ed elettori. Capisco la nobiltà etica del principio di solidarietà, ma che senso ha, su una base meramente etica, “battere i pugni sul tavolo”? Se si vuole un aiuto gratuito bisogna parlare di interessi politici ed economici, non di principi etici.

Purtroppo l’altruismo, che è già virtù rara tra gli individui, è una merce che non ha addirittura corso tra gli Stati. Nella storia (a parte i casi di annessione) c’è un solo caso in cui uno Stato abbia accettato di accollarsi una parte del debito di un altro Stato e per di più senza condizioni. Il caso unico è quello degli Stati Uniti dopo la guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna del XVIII secolo. Non lo fanno nemmeno gli Stati federali o confederali. Lo dimostra il caso dello Stato della California, indebitatosi sino ai capelli, che circa 10 anni fa nessuno degli altri Stati americani (e tanto meno lo Stato federale di Washington) pensò minimamente di salvare a proprie spese dalla bancarotta esigendo che si salvasse con le sole sue forze.

Altre eccezioni al “sacro egoismo” degli Stati, per limitarsi all’ambito euro-occidentale, sono stati il Piano Marshall (1948-51) e la cancellazione parziale del debito tedesco del 1953. Si tratta però di due iniziative eccezionali finalizzate ad obiettivi politici comuni europei ed occidentali (tra cui l’unificazione europea). Furono cioè due iniziative politiche lungimiranti dettate dal clima di ricostruzione post-bellica e basate sulla coscienza di interessi comuni. Si potrebbe certo rimproverare oggi ai Paesi centro-nordici europei di non avere altrettanta lungimiranza, e di lasciarsi guidare da un politicamente miope egoismo, ma non di venire meno ad obblighi morali o giuridici che non ci sono. Ma c’è un elemento in più che contribuisce a spiegare la riluttanza dei Paesi nordici e la loro insistenza sulla condizionalità a cui sottoporre l’eventuale emissione di coronabond.

Nel secondo dopoguerra il buon uso delle risorse erogate era garantito dalla presenza in Europa di governi affidabili diretti da personaggi della statura indiscutibile di un Konrad Adenauer in Germania e di un Alcide De Gasperi in Italia.

Oggi, in particolare in Italia, non vi sono paragonabili garanzie che gli eventuali aiuti dei Paesi nordici non finirebbero, con gli attuali leader, in mille rivoli elettoralistici, come sono stati, per fare un esempio, i bonus di renziana memoria, il reddito di cittadinanza e quota 100. Nelle attuali condizioni oggettive e soggettive, è comprensibile quindi che l’eventuale aiuto degli Stati all’Italia (e agli altri Stati colpiti dall’epidemia del coronavirus) sia in qualche misura sottoposto a qualche, ancorché minima, “condizionalità”. C’è di più: gli stessi cittadini italiani hanno un interesse al buon uso delle risorse e dei nuovi debiti che si contraggono. L’attuale Governo non garantisce nulla di tutto questo. Un Governo più autorevole e più affidabile dell’attuale, nonché meno condizionato da istanze e propensioni populiste, propagandistiche e personaliste – oltre che da plateali incompetenze – troverebbe certamente un maggiore ascolto tra i partner europei. E avrebbe anche l’autorevolezza e la credibilità necessaria per chiedere un “colpo di reni” non solo agli altri europei, ma agli stessi cittadini italiani.


di Lucio Leante