Il nanismo della politica nell’immane tragedia

Una tenue luce s’intravede in fondo al tunnel. Anche se niente sarà come prima, perché la luce che s’intravede è solo un riflesso, il riflesso di un Paese diverso, spaventato e addolorato. L’Italia tornerà ad essere il Paese operoso, creativo e solidale di sempre. Lo sta già dimostrando oggi, dal chiuso di tante abitazioni. Lo dimostrerà domani, quando si chiederanno sovrumani sforzi per rimettere in carreggiata il mondo dell’economia. Ma, la solidarietà non basta, senza la riscoperta delle ragioni fondamentali per le quali vale la pena fare sacrifici. Qui l’Italia o ritrova le giuste motivazioni della convivenza civile, oppure non si salva. Per la ricostruzione serviranno soprattutto le persone, cioè un ceto politico e di governo capace d’interpretare il comune senso nazionale.

Purtroppo, in mezzo alla catastrofe collettiva, il dibattito tra i diversi attori della politica non pare in sintonia con la drammaticità del momento, perché continua a mettere in scena la solita commedia di sempre. Si sono coinvolte le opposizioni nelle decisioni di governo, bene, ma non pare diradarsi la diffusa retorica distonica che regna nella comunicazione tra gli schieramenti. Molte dichiarazioni, dal solito tono convulso, continuano ad attestare l’assoluta incapacità di cogliere il senso di smarrimento che dilaga tra la popolazione, dimenticando che l’isolamento si combatte alimentando il senso di comunità. Serve mostrare il volto unitario delle istituzioni, il senso di coerenza dell’azione congiunta di Stato e regioni, l’uniformità nelle esternazione degli scienziati, così come vengono appellati.

Serve dar prova del senso di misura nelle affermazioni che si fanno. Serve dare contezza della concretezza delle decisioni che si assumono, in proporzione alla vastità delle risposte che si attendono. Siamo tutti sulla stessa barca. Nonostante le testimonianze uniformi sull’abnegazione del personale sanitario, dei sindaci, degli amministratori regionali, delle forze dell’ordine, delle associazioni del volontariato, della croce rossa, la gamma dei messaggi che emana dai partiti stride ancora rumorosamente con la richiesta del senso di misura che sale dalla gente. Il virus non si sconfigge con il rodomontìsmo verbale. Non si sconfigge neanche con l’europeismo apriori, l’internazionalismo di facciata, il nazionalismo di bandiera, l’antieuropeismo, la richiesta incondizionata di maggiori risorse. Si sconfigge soltanto attraverso l’assunzione di atteggiamenti di responsabilità collettiva, secondo il monito, semplice e umano, di Papa Francesco per cui nella tempesta “nessuno si salva da solo”. Anche dal Papa viene l’invito all’unità.

Alla delusione per l’inadeguatezza del dibattito interno si somma lo sbigottimento per la miopia dell’atteggiamento dei Paesi del Nord e della Germania. Il corto respiro di queste reazioni è avvilente. Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer, lo stesso Helmut Kohl avrebbero reagito in modo diverso alla pandemia, memori che in un mondo integrato anche la battaglia contro il virus non può che essere integrale. Serve allora un’autorevolezza diversa da parte delle istituzioni, interpretata da persone memori degli insegnamenti della storia. Il nanismo della politica, interno e internazionale, stride con il gigantismo dei problemi. La chiamata in soccorso di Mario Draghi parte da questa triste constatazione.

La competizione in atto non tollera contrapposizioni aprioristiche, perché la difesa della vita e l’anelito alla sopravvivenza del genere umano, non ha colore politico. Lo hanno capito alla fine anche Donald Trump e Boris Johnson, al di là di ogni pregressa altisonante ragion di Stato. E poi, la democrazia qualche volta è fatta anche di silenzi attivi. Non c’è nessuna unità nazionale in grado di gestire la complessa fase postemergenziale, senza l’indiscussa autorevolezza del Governo. Allora, si prenda ragionevolmente atto che questa immane tragedia richiede il cambiamento di tanti logori e stereotipi modi di condurre la quotidiana competizione partitica. Solo così la ripartenza del Paese potrà avere duraturo effetto.

Aggiornato il 01 aprile 2020 alle ore 13:04