La lotteria del Csm, la svolta del Gattopardo

Cambiare tutto per non cambiare nulla”? Incredibile ma vero: anche per il Consiglio superiore della magistratura si profila una riforma rivoluzionaria che fa ruotare a trecentosessanta gradi il tavolo di Palazzo dei Marescialli, lasciando evidentemente tutto come prima.

Infatti, la domanda vera è: “Come si riequilibrano i poteri dello Stato?”. Perché la sostanza delle cose nella divisione dei poteri tra giustizia e politica è la commistione e l’ibridazione tra due soggetti, che nascono e dovrebbero restare per sempre separati. Ovvero: non possono esistere passerelle e porte girevoli per il passaggio dall’una all’altra facies istituzionale. Eppure, già la composizione del massimo organo di autogoverno dei giudici, il Csm (il cui clima interno oggi segna tempesta, a causa di scandali che hanno coinvolto di recente alcuni suoi componenti), soffre già di una patologia della rappresentanza che vede politici nominati membri non togati, e magistrati che contrattano dall’esterno con uomini della politica per favorire/interdire carriere di magistrati e pilotare incarichi direttivi all’interno degli organismi giurisdizionali territoriali. Tuttavia, le aberrazioni di questo insalubre rapporto tra politica e magistratura hanno avuto origine in prevalenza dal protagonismo dei procuratori, quando all’epoca di “Mani Pulite” un avviso di garanzia aveva forza di condanna penale anticipata, per proseguire poi con la demolizione di leader e gregari di partito sottoposti a un’infinita gogna mediatica attraverso l’anticipazione o la fuga di notizie sui contenuti compromettenti di intercettazioni telefoniche, o delle dichiarazioni a orologeria dei pentiti.

Malgrado che un corno del problema sia di facile soluzione, come quello della separazione delle carriere e, soprattutto, dell’incompatibilità per magistrati che vogliano candidarsi a svolgere funzioni politiche rimanendo in fuori ruolo, nulla si è mosso in tutti questi anni dal punto di vista dell’azione legislativa. Oggi, per di più, si pone il problema di modificare la legge elettorale per l’elezione dei membri del Csm attraverso una modifica dei collegi e perfino ricorrendo all’estrazione a sorte dei suoi componenti.

In realtà, a mancare a mio avviso è un vero e proprio meccanismo di controlli interni che, oltre l’azione disciplinare e il potere ispettivo del ministro, veda un controllo di gestione degno di questo nome in base al quale sia pesata e valutata con giudizio oggettivo la qualità e la tempistica della produzione giurisdizionale. Non solo ragionando sul numero di procedimenti conclusi rispetto a quelli ancora da istruire ma, soprattutto, sugli esiti di quelli che sono giunti a dibattimento e che sono stati decisi. Gli elementi di prova che resistono e si vedono confermati fino al terzo grado non possono essere equiparati a quelli la cui infondatezza sia ricusata fin dal primo grado! E così via.

Una cosa è certa: se si operasse un sorteggio parziale all’interno dei procuratori generali che abbiano acquisito i più alti punteggi di merito loro attribuiti dal controllo interno, per quanto riguarda la conduzione dei rispettivi uffici, si stempererebbe notevolmente il peso delle correnti nell’elezione dei consiglieri.

Tuttavia, il metodo ateniese del sorteggio degli uomini eccellenti per la conduzione della Res Publica dovrebbe riguardare soprattutto il Parlamento nazionale. Ma la procedura, in tal senso, non può avere nessun carattere di incondizionata casualità. Chi affiderebbe mai la guida di una grande nave a uno sprovveduto senza alcuna esperienza? Se persino per una cosa semplice e banale, come la guida di un’auto, occorre un’abilitazione e un esame specifico su strada, come si può pensare di affidare a persone senza qualifica alcuna il più sofisticato degli strumenti di costruzione di una società, come la scrittura delle leggi, la nomina o la sfiducia nei confronti dei Governi?

La democrazia diretta in base al motto “uno vale uno” è semplicemente un atto di follia autolesionista. Pertanto, l’unica via per farlo (tagliando così i costi abnormi della politica ed eliminando a tutti i livelli la corruzione, l’asservimento alle lobbies, la cooptazione da parte dei leader di Partito, e così via) è l’istituzione di un contenitore pre-camerale (“P”, in simboli) a livello nazionale, posto sotto l’alto patrocinio della Presidenza della Repubblica, il cui accesso sia condizionato all’accertamento di buone conoscenze di base (la famosa patente!) nei campi del diritto pubblico e costituzionale; della contabilità di stato; delle tecniche di drafting-law; della capacità di illustrazione dei provvedimenti di legge de iure condendo, e così via.

Per assicurare che gli appartenenti a P abbiano sufficiente pratica di amministrazione pubblica applicata, oltre ad assicurare loro una adeguata indennità di pre-carica, basterà obbligarli a svolgere con profitto un tirocinio almeno biennale affidando loro incarichi ispettivi (attribuiti con decreto presidenziale) presso gli Enti locali territoriali e le Amministrazioni centrali dello Stato, per la verifica di atti amministrativi e contabili e della condotta relativa dei pubblici amministratori. Al termine di ogni legislatura, il nuovo sorteggio è poi effettuato tra tutti coloro che abbiano concluso positivamente il tirocinio, tenuto conto esclusivamente della piramide d’età, dell’equilibrio di genere e del luogo residenza per l’equa ripartizione territoriale.

Aggiornato il 01 giugno 2020 alle ore 12:55