La senatrice Pacifico (M5s) incalza Di Maio sulla politica estera

martedì 30 giugno 2020


Giovedì scorso la calura estiva si è fatta sentire sempre più a Roma, ma oltre che nelle sue strade sembra che abbia avuto un particolare effetto di estensione anche nei palazzi delle istituzioni, facendo surriscaldare anche l’ambiente tra le “anime”, meglio chiamarle con il loro vero nome “correnti” deluse, interne ai cinque stelle. In fondo c’era da aspettarselo, se si parte dal presupposto che proprio il sole è la stella più vicina alla terra, si evince da sé che è parte, giustamente, in causa nello spazio della galassia pentastellata. Ma lasciata l’astronomia da conto ritorniamo sulla terra, dove lo scorso giovedì 25 giugno, alle ore 17, presso l’Aula di Montecitorio, le Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato ha svolto le comunicazioni, a nome del Governo, dei ministri degli Esteri Luigi Di Maio e della Difesa Lorenzo Guerini, sulla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali nell’ambito dell’esame delle deliberazioni adottate dal Consiglio dei ministri il 21 maggio 2020 ai sensi della legge 21 luglio 2016, n° 145, in cui per Di Maio è divenuto una sorte di giovedì della passione, proprio come quello che precede la Pasqua, solo che in questo caso è difficile il paragone con una eventuale risurrezione del medesimo e del movimento, dato le passate, recenti e futuri addii dei parlamentari dal rispettivo gruppo.

Durante la discussione in Aula sulla questione per deliberare l’impegno dei nostri militari nella missione nel Sahel, una fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana tra l’oceano Atlantico e il Mar Rosso, è apparsa interessante la questione posta dalla pentastellata, senatrice Marinella Pacifico che, in barba all’appartenenza politica e alla logica di non porre domande scomode agli esponenti dei cinque stelle al Governo, ha richiamato l’attenzione del ministro Luigi Di Maio a quel senso di profonda responsabilità, necessaria in una corretta strategia di politica estera. Poi ha proseguito il suo intervento chiedendo al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, quali interessi nazionali spingevano l’impiego delle nostre forze armate su quelle dune, quali garanzie esistevano per i nostri soldati, nello specifico, in quale scenario si sarebbero trovati ad operare e soprattutto in che termini di regole di ingaggio. Dette così possono apparire come delle normali questioni, invece dietro ciò vi è una stimolante visione logica, posta dalla Pacifico. Come affermato dalla stessa, questa missione è paragonabile alla missione “Barkane”, che in tutta onestà non ha ottenuto un grande successo, fu guidata anche in quel caso proprio dai francesi, per interessi che, in gergo, si definiscono esclusivamente di bottega.

Infatti, la senatrice sostiene che non sia un caso che la multinazionale francofona Orano (ex Areva) che opera nel campo dell’energia nucleare (con la quale l’italiana Sogin, Società Gestione Impianti Nucleari, stilò un accordo per il trattamento presso l’impianto di La Hague, del combustibile nucleare irraggiato presente presso i siti di Caorso, Trino, Garigliano e in seguito firmato un contratto di trasporto e riprocessamento delle scorie), curiosamente, sia presente in quella fascia di territorio nigeriano per l’estrazione di un terzo dell’uranio necessario al funzionamento delle centrali nucleari francesi, a riguardo ha ricordato anche la Total, anch’essa operante in regime di monopolio sempre nel Sahel. Con questa analisi, che non fa una piega, in quella sede, la parlamentare non ha fatto altro che porre sotto i riflettori una questione più importante di quello che si possa pensare, ha portato alla luce del sole (per rimanere in tema di stelle) un errore di politica estera che stava compiendo il ministro Luigi Di Maio, al quale francamente va riconosciuto che ce la mette tutta, ma nonostante la sua buona volontà i risultati mancano a venire.

Infatti, la senatrice, ringraziandolo dapprima per il lavoro profuso, poi lo incalza ricordandogli il caso della Libia, tra le righe leggasi la figura, barbina, fatta nel mese di gennaio scorso con l’incontro Al-Sarraj e Haftar, facendo capire l’inevitabile conseguenza, come anche in questo specifico caso, di ritrovarsi, come italiani, a fare da ruota di scorta dei francesi. Nel caso del Sahel l’aggravante sarebbe maggiore, fare ai francesi pure la cortesia di continuare ad essere predominanti anche su questo territorio, pur compiendo un grosso sforzo mentale, è del tutto illogico secondo la senatrice pentastellata, anche il solo fantasticare, che le società francesi possano concederci una sorta di regalo accettando un duopolio in materia di estrazione e commercio di risorse. Dopo quanto fatto emergere, in modo palese, dalla senatrice Pacifici in sede istituzionale, viene da chiedersi se il ministro Luigi Di Maio si sia reso conto realmente della faccenda e l’unica cosa, così a caldo, che viene da pensare, è che forse stia solo cercando di muoversi in qualche direzione, con la sotterranea strategia di pensare che prima o poi ne azzecchi una. Nel frattempo va ricordato che si avvicina il periodo dell’anno, non proprio propizio per le stelle, nel quale vi è un giorno in cui le stesse divengono cadenti.


di Alessandro Cicero