Regionali, la grande occasione

Mentre Giuseppe Conte perde numeri al Senato e resta a galla perché la sinistra comunista, cattocomunista e grillina che lo sostiene, ha un concetto dell’alternanza e delle libertà elettorali pari a zero, il centrodestra viaggia deciso verso l’appuntamento delle Regionali. Quella di settembre infatti sarà un’occasione straordinaria che il popolo di centrodestra dovrà cogliere per dimostrare tanto al governo quanto al Colle, quale sia la maggioranza vera del Paese e quanto sia rischioso e impopolare, sfidare una realtà elettorale che in ogni democrazia normale avrebbe da tempo avuto la possibilità di manifestarsi e affermarsi. Insomma, sulle elezioni amministrative, seppure l’esecutivo abbia provato a rimandarle per via del Covid-19, si potrà giocare una partita tale per cui a trascurarne l’eventuale risultato, sarebbe di una gravità democratica senza precedenti. Adesso lo sappiamo, dal mondo ipocrita radical chic, rive gauche, intellettuale, erede di quel brav’uomo di Palmiro Togliatti, si leverà l’ammonizione che le Amministrative non siano le Politiche, che i risultati delle regionali siano altro, insomma la solita minestra ripetuta dal centrosinistra. Ovviamente non è così, perché alla fine i voti alle politiche non vengono da un territorio marziano, ma dall’espressione locale e regionale del sentimento elettorale dei cittadini e chi avesse in mano la gran parte delle regioni sarebbe logicamente e virtualmente maggioritario alle politiche.

Ecco perché a settembre se il centrodestra strappasse come è possibile e probabile che sia altri governatori al centrosinistra, parliamo di Puglia, Campania e Marche per esempio, salire al Quirinale per chiedere con forza, con ragione, che si vada subito al voto nazionale sarebbe conseguente e normale. Sia chiaro in punta di carta il capo dello Stato anche di fronte a una vittoria schiacciante del cdx alle amministrative, potrebbe tirare dritto col governo giallorosso, sarebbe una legittima prerogativa, ma lo scollamento, tra realtà democratica e parlamento sarebbe in quel caso tanto forte che difficile e singolare sarebbe fare finta di niente. Oltretutto un Governo giallorosso che si trovasse a gestire un Paese, non solo in minoranza elettorale, ma con 15 o 16 regioni nelle mani del centrodestra, rappresenterebbe davvero un unicum nella storia repubblicana, per non dire della drammaticità del passaggio che viviamo. Parliamoci chiaro, è nei momenti più difficili che un Paese ha bisogno di condivisione e unità, tanto è vero che giustamente il capo dello Stato insiste su questa necessità dell’Italia, ma quale unità potrebbe garantire un governo palesemente minoritario, la cui maggioranza uscisse sempre sconfitta nelle tornate elettorali, che avesse uno scollamento tanto schiacciante fra governo delle regioni e governo del Paese? Ovviamente nessuna.

Ecco perché una vittoria netta alle prossime regionali del centrodestra difficilmente sarebbe trascurata dal capo dello Stato, ancora di più se Matteo SalviniGiorgia Meloni e Silvio Berlusconi ponessero la questione non tanto e non solo come evidente, perché l’eventuale risultato parlerebbe da solo, ma come dirimente per una crisi devastante che questo governo è incapace di affrontare e risolvere. Del resto il Conte bis sta dimostrando chiaramente l’inadeguatezza di preparazione, competenza ed esperienza, tanto è vero che dal nord al sud, dalle associazioni alle confederazioni, delle imprese, artigiani, Partite Iva, commercianti, albergatori, autonomi e cosi via è una protesta forte e generale da rischiare per settembre la rivolta nazionale. L’Italia ha chiaramente bisogno di un esecutivo coeso, preparato e sostenuto da una maggioranza forte scelta dai cittadini sulla base di un programma politico economico sociale delineato, non di un governo confuso, contraddittorio, minoritario che procede al buio, senza strategia, con l’unico obiettivo di evitare il voto, di eleggere il nuovo capo dello Stato, di mantenere posti e poltrone. In questo passaggio drammatico ci si gioca il futuro del Paese, dei giovani, della tenuta economica e sociale, del potere contrattuale internazionale, lasciare la guida ad un gruppo di sconfitti e inadatti, significherebbe solo condannare tutti, cui prodest? Intelligenti pauca...

Aggiornato il 30 giugno 2020 alle ore 13:48