Tra Conte e il ponte

Diciamoci la verità, sembra che il problema adesso sia solo il ponte, quello di Genova, ma per Giuseppe Conte e la coalizione giallorossa, il problema è tutto dall’inizio e la lite furibonda sulla gestione dell’opera appena terminata, fa il paio con il resto che sappiamo, niente escluso. Tanto è vero che ieri sera piacevolmente a cena con alcuni amici cari, capitani di lungo corso delle vicende del Paese, si è parlato proprio di questo e cioè del fatto che il Conte-bis non avrebbe dovuto mai prendere il via perché non c’era nulla di nulla che garantisse capacità ed armonia. Anzi a dirla tutta si concordava che un altro capo dello Stato, ad esempio Francesco Cossiga, avrebbe seguito un percorso costituzionale dopo la crisi gialloverde, probabilmente molto diverso, da quello seguito dal presidente attuale. Sia chiaro la scelta fatta da Sergio Mattarella è dentro le indicazioni della carta, ma è altrettanto chiaro che quella che magari avrebbe fatta Francesco Cossiga, di sciogliere le camere e andare al voto, altrettanto lo sarebbe stato. Insomma le voci che a settembre scorso giravano sulla impossibilità di chiudere la legislatura solo perché si era trovata una maggioranza, abborracciata, litigiosa e disorganizzata, erano voci parziali, e in qualche modo surreali nel senso letterale, rappresentative cioè di una situazione non reale.

Infatti non era reale la coerenza con la volontà del corpo elettorale, non era reale la coesione della coalizione, non era reale l’armonia e la stima reciproca che deve legare un esecutivo, non era reale nemmeno l’alleanza perché si era giurata antagonismo eterno in ogni modo. Per carità tutto è possibile, anche mettere insieme per un motivo nobile il conte Dracula e i donatori di sangue, ma non v’è dubbio che fatta l’alleanza tra il vampiro e l’Avis, dal momento successivo scoppierebbe una lotta senza quartiere come tra il ladro e il carceriere, ca’ va sans dire. Tanto è vero che così è stato da settembre ad oggi, sia prima sia dopo il Covid-19, anzi il virus assieme purtroppo alla salute, ha peggiorato lo stato della maggioranza ed ogni conseguenza sul Paese e sulla stabilità economica e sociale

Ecco perché, piaccia o meno, aveva ragione chi a settembre, indicava come strada maestra quella del voto, quella di tornare agli italiani piuttosto che affidare la nave in gran tempesta, ad un equipaggio e un nocchiero in perenne lite e ostilità fra loro, parafrasando il Sommo. Del resto il risultato della forzatura è sotto gli occhi di tutti e l’elenco degli sbagli, delle indecisioni, delle mediazioni al ribasso, dei compromessi negativi, delle scelte contorte ma obbligate, degli arbitrati scriteriati necessari, si concretizza tragicamente nel “salvo intese”. Il salvo intese infatti non significa solo lasciare tutto appeso, ma deliberare provvedimenti di copia e incolla mescolati, di miscele perniciose per compiacere le diverse clientele, di accordi rimestati per conciliare il consenso dell’uno e dell’altro, col risultato di un precipitato barzotto e demenziale che al Paese sta offrendo esclusivamente il peggio e il male.

Insomma, precipitiamo all’inferno perché assieme al Covid-19 ci hanno imposto un non Governo, una non coalizione, una non alleanza e soprattutto una non maggioranza perché il Paese se votasse la prenderebbe a calci nel sedere per farla sparire dall’orizzonte politico. Ebbene, il problema vero, gigantesco e un po’ grottesco non è la gestione e l’affidamento del ponte ma solo ed unicamente il Governo Conte e insistere a tenerlo in vita e lasciarlo al comando significa solo condannare l’Italia allo sbando, dunque qualcuno faccia un esame di coscienza prima che la gente esaurisca la pazienza e trasformi la rabbia e il malumore come nel libro di John Steinbeck, Furore.

Aggiornato il 09 luglio 2020 alle ore 14:44