Economia bloccata e legalità: è la ricetta Conte che piace all’Ue

venerdì 7 agosto 2020


Il destino dell’Italia sembrerebbe immutabile, con lui la certezza che Giuseppe Conte possa rimanere in sella sino al 2023 ed oltre. Impressioni o certezze supportate da due dati di fatto, ovvero che gli italiani sbraitano ma temono doversi ribellare violentemente al sistema, e poi che Conte sta assolvendo benissimo al compito assegnato da “partito sovranazionale dell’establishment” al Conte bis. Quest’ultimo aspetto è poco chiaro ai più, e sarebbe il governare l’Italia badando bene che l’economia resti bloccata. Nello specifico, Giuseppe Conte avrebbe promesso il Paese bloccato in cambio dell’appoggio dell’Unione euroepea al suo mandato, e di questa nefanda promessa ne sarebbero al corrente il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ed il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni: i due ovviamente tacciono, reputando questa situazione possa logorare Conte e chi lo supporta (i 5 stelle) per poi permettere al Pd di gestire dal 2023 la ripresa. Ma può un Paese stare a bocce ferme per altri tre anni e forse più? L’idea che una carestia possa convincere l’Italia a cedere i propri gioielli di famiglia a multinazionali e famiglie importanti era percepibile già durante il governo di Mario Monti (meno di otto anni fa), oggi è una certezza.

I cosiddetti “frugali” (Germania, Danimarca, Olanda, Belgio, Austria, Finlandia, Svezia e Norvegia) supportano la linea politica che l’Italia dovrebbe dimostrare di volersi privare dei propri beni a fronte di moneta che proverrebbe dall’Europa. Per dirla in soldoni, Conte viene chiamato dall’Ue a recitare la parte che fu di Totò in Totòtruffa, ovvero offrire la Fontana di Trevi in cambio di danaro (pardon moneta elettronica). Particolare non secondario è che, Totò interpretava la parte di colui che incassava danaro senza dare in cambio la fontana, mentre il nostro Conte i monumenti potrebbe davvero spedirli all’estero ed in cambio di moneta virtuale e pagamento di debiti e sanzioni Ue. Ovvero rischiamo di perdere la nostra storia (e primaria attrazione turistica) in cambio di carta straccia e qualche click di soldini virtuali. Ma l’italiano non s’indigna, anzi ignora e si dice incredulo. Vi rammento nuovamente che, l’ascesa di Mustafa Kemal Atatürk venne anche favorita dal sentimento popolare d’indignazione verso l’ultimo Pascià, quello che aveva ceduto alla Germania guglielmina tutte le opere d’arte ellenistiche anche in cambio dell’azzeramento di pendenze su transazioni internazionali (un po’ quello che oggi verrebbe promesso all’Italia). Miracolo della finanza, può mettere di culo per terra chiunque le si avvicini, trasformandolo in un irreversibilmente povero. Ma l’italiano medio, poltrone e sornione, non vuole vedere la realtà dei fatti. Anzi, ritiene sia sempre possibile una mediazione andreottiana su ogni patto leonino stretto in Ue. È mai possibile una mediazione andreottiana senza un Andreotti? E perché se i mediatori sono il ministro Luigi Di Maio ed i suoi compari, allora prepariamoci anche a veder trasferire gli Uffizi tra Germania ed Olanda. Emerge che nessuno fermerà la spoliazione dell’Italia, perché pubblici funzionari (e stipendiati statali) e forze dell’ordine favorirebbero (ed assicurerebbero) che i beni possano viaggiare per l’estero senza che quel brigante del popolo italiano possa tentare di fermarne la fuga.

Di questo me ne offre prova Facebook: ho provocatoriamente postato sul mio profilo varie incitazioni a rivolte ed alla rivoluzione contro i gestori delle istituzioni e contro le politiche del governo, così mi ha risposto un politicante di centro-destra (già dipendente dello Stato) “non credo nelle rivolte e nell’uso della piazza contro chi ha responsabilità di governo, credo nel dialogo moderato e democratico con le istituzioni”, alle sue parole ben due “mi piace” da esponenti del Pd e da altrettanti ex An e Forza Italia. Emerge come sia politicamente trasversale quel fritto misto di complicità e pavidità: e lo dico da persona profondamente convinta che nemmeno la Lega s’opporrebbe al cedere i gioielli italiani allo straniero. Perché ad opporsi dovrebbe essere il popolo tutto, ma la gente è ormai vinta dalla cultura amorfa e banale del piangersi addosso, dall’incapacità di far valere i propri diritti, dal convincimento che nelle aule parlamentari e giudiziarie vi sia prima o poi chi metterà le cose a posto. Intanto il tempo passa, e nel 2023 saremo molto più poveri di oggi. Vittime di quella povertà irreversibile che per motivi bancari, giudiziari, fiscali o tributari, non permette a circa otto milioni d’italiani di sortire dalla povertà (povertà irreversibile appunto): una sorta di morte civile, istituto giuridico diffuso in Europa fino al XIX secolo, che condannava all’invisibilità milioni di cittadini non potevano più firmare contratti, avere documenti. Questa sorte oggi può benissimo inviluppare altri milioni d’italiani bloccati da iter giudiziari, burocratici, fiscali dai diritti negati.

E Conte, Di Maio e compari cosa propongono? La “povertà sostenibile”, dare a tutti questi milioni d’italiani una sorta di reddito universale di cittadinanza, a patto che stiano fermi, che non tentino più di fare impresa, di lavorare, di pensare d’integrarsi in una sorta di nuovo corso e d’ascensore sociale. Emerge anche che, il collante tra 5 Stelle e burocrati è un senso polveroso e pinocchiesco (collodiano) di legalità. Anche qui è doveroso l’esempio, giornalmente in Italia una ventina di cittadini vengono arrestati e processati perché si rivolgono violentemente contro i dinieghi della pubblica amministrazione. Ma chi sono e cosa fanno? Si tratta d’imprenditori che danno in escandescenza negli uffici pubblici, e perché subiscono revoche di concessioni in corso d’opera, blocchi di cantieri o fermi di lavorazioni. Oppure di cittadini che subiscono ingiusti accertamenti o modalità coercitive di pagamento. Basti pensare che, durante il cosiddetto “Smart working”, un artigiano romano s’è presentato presso un ufficio pubblico per rinnovare un permesso con certificazioni europee (pena momentanea chiusura dell’attività) ed un pubblico funzionario lo ha così cazziato con voce roboante “lei non ha rispetto degli iter burocratici”. L’artigiano lesto di mano non ha accettato l’alterigia istituzionale del burocrate, forse è andato in escandescenza, certo è stato condotto fuori dall’ufficio con la forza pubblica, ed ora aspetta l’esito d’un processo.

Di questi esempi ne sono piene zeppe le cronache locali italiane, mentre sappiamo che nelle vicine Austria e Germania gli uffici pubblici hanno dedicato del personale alla risoluzione “bonaria” delle pendenze di artigiani e commercianti. Ecco descritto il “senso di legalità” di ci governa, ovvero alterigia dei pubblici funzionari e carichi giudiziari su imprenditori, artigiani, commercianti e cittadini d’ogni tipo e classe sociale. Questa contrapposizione dovrebbe sfociare in rivolte, ed invece il malcapitato (come nel caso dell’artigiano romano) è lasciato solo al proprio destino: ignorato ed allontanato come reprobo e folle da partiti, sindacati, stampa, opinione pubblica. Ne deriva che, grazie agli italiani, mantenere l’Italia economicamente bloccata non è un compito arduo per Giuseppe Conte. Non dimentichiamo che, Conte è figlio di quella voglia di sostituire i partiti del consenso con quelli dell’establishment, voglia che serpeggia nei “salotti buoni” dell’Ue da almeno un ventennio. Conte non a caso ha ottenuto il consenso di quel Monti che è stato “commissario europeo per il mercato interno” tra il 1995 ed il 1999 nella Commissione Santer, e che sotto la Commissione Prodi ha rivestito il ruolo di “commissario europeo per la concorrenza” fino al 2004. Il legame tra Monti e Santer è a dir poco inossidabile, entrambi fanno parte del salotto internazionale che reputa giusta causa la sostituzione dei governi retti da esponenti dei “partiti del consenso” con esecutivi capitanati dai “partiti dell’establishment”. Il progetto è trasformare Italia, Grecia, Spagna e Portogallo nelle braccia del Nord Europa, e dopo aver privato queste nazioni delle loro ricchezze culturali ed artistiche.

Ovvero realizzare un volano economico interno all’Ue che permetta lunga vita dell’establishment perpetrando l’economia gocciolata sui paesi poveri dell’Ue. Teoria che lo stesso Santer ha sperimentato nel suo Lussemburgo, quando sul finire degli anni ‘70 venne nominato ministro delle Finanze, del Lavoro e della Sicurezza sociale del ricco Paese francofono: lì per la prima volta vennero reintrodotti i quartieri dove confinare i poveri, ovvero quel fardello sociale che alimenta devianza e criminalità (ampia letteratura in materia era già stata versata nell’Inghilterra vittoriana). Vale la pena rammentare che Bruxelles nel 2005 assurgeva ad esempio internazionale per le democrazie opulente ed evolute, e per aver risolto il problema del binomio povertà-criminalità: nel suo quartiere ghetto potevano convivere poveri e condannati a pene detentive, entrambi in completa libertà, ma a patto di non varcare i confini rionali. Il “partito dell’establishment” non fa prigionieri, soprattutto confina l’ascensore sociale ai soli delfini della cosiddetta “classe dirigente”. Se ne deduce che oggi l’Italia è prigioniera d’una maggioranza di cretini agli ordini del furbo cameriere Conte. Soprattutto nessuno vuole o sa come sbloccare l’economia e la digitalizzazione s’applica alla manifattura: questo governo ha messo milioni d’italiani senza lavoro davanti al computer, dicendo loro d’aspettare.


di Ruggiero Capone