Le chiacchiere stanno a zero

mercoledì 30 settembre 2020


Altro che zero, tra pistolotti e fiducia con i giallorossi siamo a sottozero. Sono due anni e mezzo che, absit iniuria verbis, il premier e i ministri parlano e basta; perché, sia chiaro, non dimentichiamo che Conte e più della metà dei membri dell’attuale esecutivo c’erano pure prima. Troppo spesso infatti si derubrica che più del 50 per cento, premier compreso, del Governo gialloverde (ritenuto dal Partito Democratico una disgrazia assoluta) c’è anche adesso.

Perché, posto che il gialloverde fosse un esecutivo di incapaci, la maggior parte, quella grillina, è ritornata a galla nel Conte bis; dunque delle due l’una, o le chiacchiere stanno a zero, oppure per salvarsi l’Italia ha bisogno d’altro.

Del resto l’apporto rosso dei cattocomunisti e degli eredi Togliatti, perché sulla inaffidabilità di Matteo Renzi stendiamo un velo pietoso, è solamente una ulteriore disgrazia collettiva visto che nella storia i comunisti comunque mascherati hanno solo fatto danni e drammi. Tanto è vero che Georges Clemenceau sosteneva che “chi non è comunista a 20 anni è senza cuore ma chi continua ad esserlo a 50 è senza cervello”, e aveva perfettamente ragione al punto tale che da noi, i comunisti, pur di sfuggire alle responsabilità e alle colpe gravi sulla coscienza, hanno cercato di camuffarsi cambiando nome e simbolo più volte: Pci, Pds, Ds, Pd.

Insomma, se è vero come è vero che l’esperienza gialloverde sia stata sciagurata, quella giallorossa è una iattura, tanto è vero che in poco più di un anno, complice il Covid-19, siamo in ginocchio, allo stremo nell’economia, senza orizzonti e senza una strategia politica d’uscita e di ripresa.

Del resto basterebbe riascoltare l’ennesimo sermone di Conte a Confindustria. Solito copione, solite blandizie per cercare di rendersi più affabile, ma nella sostanza poco o niente, anzi a ben sentire l’ammissione dal sen sfuggita dell’incapacità. Perché senza volerlo, preso dall’affabulazione autocompiacente, il premier ha fatto capire quanta incapacità ci sia al governo a partire dal ringraziamento alle aziende per essersi, in tanti casi, sostituite all’Inps nell’anticipazione della cassa integrazione, nonostante le promesse fatte in conferenze stampa sia da lui che da Pasquale Tridico, quest’ultimo finito nel ciclone per via dello stipendio. Oltretutto il presidente del Consiglio è scivolato ancora sul cosiddetto garbo istituzionale, perché nel ringraziare le aziende per la sensibilità sociale avrebbe dovuto aggiungere le scuse sue, del Governo e dell’Inps per i troppi ritardi e disservizi nelle erogazioni. Sul Recovery poi non ne parliamo, perché sottolineare che si tratta di una partita fondamentale da vincere insieme, sa molto di “armiamoci e partite, quando ritornerete saremo vincitori”. Insomma, fino ad ora il peso della crisi è stato scaricato solo sul segmento privato e produttivo perché quello statale ha dormito sonni tranquilli.

Per farla breve, l’apparato pubblico nemmeno se ne è accorto dei problemi di sopravvivenza, di mantenimento del posto, di corresponsione della cassa integrazione, dell’atto d’amore delle banche, della chiusura dell’attività per Covid, della perdita di fatturato o di stipendio, nulla. Non solo perché l’apparato pubblico non è stato chiamato nemmeno a un sacrificio temporaneo, ma perché il Governo non ha pensato ad una minima revisione della spesa, degli sprechi, degli eccessi che in una fornace che brucia quasi mille miliardi l’anno esistono a iosa. Invece si è continuato a spendere addirittura aumentando i costi, lo stipendio di Tridico è l’esempio, come l’ingaggio di task force, tecnici, commissari, l’incremento delle assistenze indebite del tipo reddito ai delinquenti, ai furbetti e ai malfattori, la concessione di bonus per monopattini cinesi come se il biciclo fosse la speranza di crescita e ripresa dalla crisi.

E adesso Conte si aggrappa al Recovery, come se tutto e solo fosse legato al prestito, e fa male, perché non solo se va bene partirà nella seconda metà del 2021, ma sarà subordinato all’approvazione per tipi e indirizzi di progetto e legato a una serie di riforme strutturali, guarda caso a partire dalla spesa pubblica e nuove tasse che l’Europa ci imporrà. Tanto è vera dunque la delicatezza del problema sull’accesso ai fondi del Recovery, e qui siamo al bello, che il Governo ha deciso ancora una volta di rivolgersi ai supercommissari di gestione, ammettendo così la sua impreparazione.

Insomma, verrebbe da dire ma i ministri, i viceministri e i sottosegretari che ci stanno a fare? A che servono se ogni volta serve di ricorrere ad intelligenze esterne? Se di fronte a un problema che è tecnico ma soprattutto politico per le scelte, l’eliminazione dei ritardi burocratici, il superamento di interferenze istituzionali, l’attivazione di leggi anti ostative, servono i supercommissari?

Verrebbe da chiedere: ma in Germania, in Francia, in Spagna o dove sia, i governi fanno lo stesso che da noi, ricorrendo a manager o tecnici esterni in continuazione con deleghe decisionali al posto dei ministri e sottosegretari? A noi sembra di no e solo i giallorossi procedono così. Tutto ciò a testimonianza della scarsa preparazione, professionalità e cultura mirata e generale, esperienza e coscienza dei problemi del Paese e dell’indirizzo delle spese; ecco perché servono gli esterni che oltretutto spesso vengono scelti male col risultato di un caos totale.

Insomma torniamo a bomba, era proprio in un passaggio decisivo che il Paese sarebbe dovuto finire in mano ad un Governo esperto e preparato, con dentro le capacità migliori al posto delle seconde file, comunque un Esecutivo sostenuto da una scelta popolare chiara, piuttosto che dall’ipocrisia di una coalizione che si odiava e che nella più parte aveva fallito in precedenza. Che incoerenza.

All’Italia servono nuove strategie sulla politica economica, industriale, sociale, fiscale, perché il nostro Paese ha bisogno di cambiare a partire dal gigantismo statale da socialismo reale, da un apparato che succhia risorse enormi che restituisce male, da un assistenzialismo atavico che ha rovinato il sud e le potenzialità di crescita. Serve un’opzione liberale di rinascita nazionale al posto di altri commissari giallorossi. Praemonitus praemunitus, uomo avvisato mezzo salvato.


di Alfredo Mosca