Covid, perché gli europeisti “de’ noantri” non guardano ai loro mentori continentali?

A quanto pare la temuta e prefigurata, fin da prima dell’estate, seconda ondata di Coronavirus è giunta, in particolare sul suolo europeo. La nostra esistenza si trova, quindi, ad essere di nuovo monopolizzata dal Covid-19, ma, a differenza dello scorso bimestre marzo-aprile, non vi è più una veduta unica e totalizzante circa il modo di affrontare le minacce reiterate di questo virus, ed iniziano a circolare idee ed approcci diversi. Persino da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la quale, pur influenzata dalla Cina e dai suoi metodi polizieschi non proprio ideali, comincia a non considerare più il lockdown come unica ed ottimale soluzione per contrastare la pandemia, addirittura in quei Paesi più terrorizzati dal Covid-19, fra i quali compare senz’altro l’Italia.

Per esempio, Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico-scientifico, ha invitato senza dubbio all’attenzione, circa i nuovi numeri del Covid in Italia, ma non al panico e all’isteria, non giustificati al momento dal numero dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva. Sono questi ultimi due fattori a determinare la presenza o meno di un’emergenza sanitaria e non tanto la diffusione del contagio, a maggior ragione se gli asintomatici sono più numerosi delle persone bisognose di cure. Se qualcosa deve cambiare nella convivenza con il virus, è giusto iniziare a mettere da parte il terrore di fronte all’aumento dei contagiati non accompagnato da una repentina crescita del tasso di mortalità e delle ospedalizzazioni.

Lo stesso premier Giuseppe Conte sembra, e ripetiamo sembra, perché con questa classe dirigente non si sa mai, essere diventato meno propenso a bloccare il Paese dinanzi al trend crescente dei contagi. Infatti, l’ultimo ed ennesimo Dpcm, al di là dell’abuso di questo strumento, non prevede una stretta radicale. Può avere diritto di cittadinanza una terza via fra chi ignora completamente il virus e chi lo utilizza a fini politici o magari per soddisfare le proprie perversioni illiberali. Un metodo ispirato al buonsenso che non blocchi tutti, malati e sani, in un’unica e metaforica camerata di ospedale, ma che sappia tutelare soprattutto i più vulnerabili e nel contempo sia in grado di salvaguardare la salute non solo economica, ma anche mentale dell’intera società.

Certo, fare tutto ciò nel bel mezzo di una pandemia non è semplice e richiede competenze politiche e di governo di un certo spessore, ed è di gran lunga più comodo, per chi comanda beninteso e per nessun’altro, decidere di chiudere tutto ad ogni risveglio prepotente del Covid-19. Infatti, in Italia, nonostante le rassicurazioni di Locatelli e i possibili ripensamenti del premier Conte, le pressioni per nuovi lockdown, anche integrali, rimangono piuttosto forti e serpeggiano sia all’interno del Cts che in ampi strati della maggioranza giallorossa. Non c’è solo il governatore campano Vincenzo De Luca, il quale fra l’altro andrebbe considerato per ciò che realmente è, ossia un personaggio più pericoloso che pittoresco, ma spingono per limitare la libertà degli italiani anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale confida inoltre nella delazione fra connazionali, e buona parte del Partito Democratico. Anche a destra, occorre dirlo con obiettività, non manca chi preferisce le soluzioni spicce visto il discutibile coprifuoco notturno deciso in Lombardia, ma è evidente come le politiche in salsa cinese siano molto più popolari a sinistra. Viene in mente una considerazione a proposito dei tanti piddini che vedono nei divieti e nelle multe l’unica strada percorribile per il contrasto alla diffusione del Coronavirus.

Com’è noto da anni, tutto il Pd ed anche altri cespugli di questa maggioranza come Matteo Renzi, appartengono a quell’europeismo acritico a cui va bene tutto di questa Ue, comprese la predominanza franco-tedesca e la sudditanza italiana. Tuttavia, chissà perché, gli europeisti di casa nostra preferiscono ignorare le varie sfaccettature dei principali Paesi europei proprio per quanto riguarda la lotta al Covid. Anche il resto d’Europa, soprattutto durante i mesi di febbraio, marzo ed aprile, ha effettuato varie forme di lockdown, ma non sempre e non ovunque si è trattato di uno stop totale simile a quello avvenuto nel nostro Paese, sebbene l’informazione italiana ritenga che tutti in Europa si siano comportati come il Governo Conte.

Pure in presenza della seconda ondata si procede con i piedi di piombo, in Francia, Germania ed altrove, prima di richiudere la gente in casa. Per esempio, sia a Berlino che a Tolosa i tribunali amministrativi hanno bocciato rispettivamente le chiusure anticipate di bar e ristoranti, sostenendo, a ragione, come sia controproducente negare spazi di svago in particolare ai più giovani, i quali, vista l’arte di arrangiarsi degli esseri umani, potrebbero organizzare ritrovi in altri luoghi assai meno controllati rispetto ai locali pubblici. Storicamente, alcune proibizioni hanno sempre prodotto l’effetto contrario. I tribunali di Berlino e Tolosa hanno dimostrato l’esistenza di una democrazia dotata di pesi e contrappesi, e l’assenza di un pensiero unico. Vi è qualche differenza con un’Italia che a causa del virus ha invece quasi messo in lockdown il Parlamento e rimane appesa ai decreti e alle conferenze stampa di un premier, peraltro, non votato da nessuno.

Infine, c’è la Svezia, che addirittura non ha mai chiuso nulla, nemmeno a marzo-aprile, eppure sembra che si trovi di fronte ad una seconda ondata molto meno preoccupante rispetto a quella italiana. La Svezia, per quanto anche lassù si sia deciso negli ultimi anni di limare i costi di uno Stato sociale smisurato, rimane una di quelle socialdemocrazie nordiche che dovrebbero piacere al Pd, iscritto al Pse insieme al Partito socialdemocratico svedese, ora al governo in quel di Stoccolma, ma evidentemente ci si ispira alla mamma Europa solo a giorni alterni.

Aggiornato il 21 ottobre 2020 alle ore 11:29