Breviario di antropologia comunista

Il comunista vagheggia la società degli “uguali”, ma desidera primeggiare nella competizione sociale in base a privilegi immeritati. La ricerca della “felicità”, ossia di quello spicchio di benessere possibile, è connaturale all’uomo; di questa “felicità” è parte integrante l’approvazione sociale, che fonda la reputazione, il decoro e la dignità della persona umana; sicché il rango sociale è importante, non meno del possesso dei mezzi economici di sussistenza, nella vita di ognuno di noi. La competizione, per assicurarsi il rango sociale e il possesso dei mezzi economici, è dunque inevitabile, per il fatto stesso che ogni uomo ricerca la propria “felicità”. Non per nulla, nel mondo anglosassone che rifugge dalle ipocrisie idealistiche, tale ricerca è considerata il diritto prioritario della persona umana.

Anche il comunista è consapevole dell’inevitabile competizione e desidera acquisire il migliore rango sociale possibile, in relazione ai suoi mezzi e alle sue capacità, in maniera non dissimile da tutti gli altri consociati. Orbene, egli predilige la società iperburocratizzata e incentrata sulle relazioni di diritto pubblico, proprio perché non ama la competizione aperta del libero mercato, ma desidera competere in una posizione protetta a priori ed esente dal rischio. Egli teorizza la società degli uguali non competitivi; un paradiso nel quale gli uomini non competono tra loro, posto che la competizione vede vincitori e vinti e pertanto non determina uguaglianza; tuttavia si arrende all’evidenza dei fatti concreti e vuole una competizione sociale, nella quale le sue attitudini possano risultare vincenti. Non vuole soccombere, il che è più che naturale; per vincere, vuole massimizzare le sue attitudini; da qui la sua predilezione per la società burocratizzata, nella quale la competizione sociale non premia l’iniziativa privata, bensì l’obbedienza, la conformità e il servilismo politico. La competizione voluta dal comunista è ristretta e politicamente orientata, perché la sua personalità intima è incline alla conformità burocratica. Vediamo perché.

La res publica non può che essere amministrata mediante apparati burocratici, sicché l’espansione dell’area pubblicistica non può che coincidere con quella della burocrazia. Ebbene, a tale espansione corrisponde inevitabilmente l’affievolimento del dinamismo economico e della mobilità sociale, perché la burocrazia è per sua natura misoneista. Ciò risulta chiaro, in base al seguente paradosso: se Cristoforo Colombo avesse dovuto chiedere l’autorizzazione a scoprire l’America, non avrebbe potuto scoprirla. Il nuovo non può essere autorizzato, per il semplice fatto che l’autorizzazione riguarda le cose previste e sperimentate. Ma non le sole procedure autorizzative, bensì tutte le procedure amministrative di controllo sono incompatibili con il nuovo, per la semplice ragione che il nuovo non può essere, al contempo, già previsto da una norma entrata in vigore precedentemente, la quale regola il controllo e prevede i requisiti dell’oggetto controllato. L’attività burocratica tende, per sua stessa natura, a proteggere l’esistente e finisce con l’impedire, o almeno ostacolare, la nascita del nuovo. La situazione non cambia nel caso in cui la pubblica Amministrazione eroga contributi. Anche in questo caso, Il codice d’intervento della burocrazia cristallizza il sapere dell’uomo in una fase storica e, alla stregua di questo sapere, seleziona benefici e beneficiari, trascurando i fatti e i soggetti nuovi. Il patrimonio di conoscenza della burocrazia è un universo cristallizzato, irrigidito e immobilizzato in un’armatura di prescrizioni dettagliate, mentre il patrimonio della scienza umana è in continuo divenire.

Poiché dunque la burocrazia non può che percorrere le vie conosciute, nella società iperburocratizzata e perciò “comunista”, nella quale la res publica invade tutti i campi della vita di relazione, risulta scoraggiato il progresso scientifico e tecnologico (anche se i burocratofili si autodefiniscono “progressisti”); mentre risulta mortificata l’iniziativa privata di tipo innovativo. E s’intende che, laddove si affievoliscono le spinte innovative e la vita associata scorre lungo i binari del “già previsto e catalogato”, il compito dei giovani si riduce alla continuazione e alla perpetuazione di ciò che hanno fatto i padri. I legacci della burocrazia sono dunque, in primo luogo, le catene delle nuove generazioni e il principale ostacolo alla mobilità sociale.

L’ingessatura burocratica della società, voluta dai comunisti, comporta di necessità una tipologia di competizione sociale, gradita – ça va sans dire – ai comunisti. Dove a Cristoforo Colombo è interdetto scoprire il nuovo mondo, viene premiato colui che si acquieta del vecchio e si conforma ai modelli approvati dalla burocrazia. In questa competizione, non conta la capacità di innovare e rischiare, bensì il certificato di conformità; “essere a norma” è il requisito essenziale per competere. In questa società Cristoforo Colombo rinuncia a cercare le Indie per la via del mare e si incammina mestamente dalla parte opposta, per via di terra. I “navigatori” interdetti e frustrati sono costretti a competere in base ai loro certificati, sicché possono primeggiare a condizione di appartenere alla piccola cerchia dei possessori del certificato di turno. Il loro interesse è che la nicchia dei “conformi”, riconosciuti e certificati “a norma” dalla burocrazia, sia la più piccola possibile. Il possesso monopolistico del certificato sarebbe il meglio, giacché garantirebbe a priori il successo, ma, in mancanza, ci si può accontentare del “privilegio” di appartenere a una cerchia ristretta di possessori.

In ragione di ciò, cresce l’invidia sociale distruttiva, nella stessa misura in cui cresce il tasso di burocratizzazione. Nei rapporti iure privatorum, nei quali vige il principio di affidamento personale, l’invidia sociale risulta mitigata e incanalata nella spinta emulativa, diretta a innalzare se stessi nel confronto con gli altri, perché la competizione sociale ha nell’impulso creativo e nello spirito di intrapresa i valori di riferimento. Nei rapporti di diritto pubblico, caratterizzati dalla diffidenza burocratica, prevale l’invidia distruttiva, diretta ad abbassare gli altri, perché il solo valore di riferimento è la regolarità cartolare e formale. Posto che la regolarità di tutti costituisce merito per nessuno, l’unica maniera per affermarsi è quella di esaltare la propria conformità, impedendo quella altrui. Se l’esercizio delle attività produttive e commerciali, le carriere di lavoro, le concessioni amministrative dipendono dalla conformità cartolare, l’agognato certificato acquista grande rilievo, pertanto la strada più breve per affermarsi e conquistare il rango sociale è quella di eliminare la concorrenza altrui, o evidenziando le altrui irregolarità o inibendo agli altri l’acquisizione del certificato di conformità.

In sintesi, il comunista desidera affrontare l’inevitabile competizione sociale all’interno di una nicchia protetta e garantita dalla pubblica Amministrazione; il che può dirsi in quest’altro modo: egli desidera che la competizione non avvenga in base ai meriti riconosciuti a posteriori dal consumatore-utente, bensì in base agli eventuali “privilegi” riconosciuti a priori dall’autorità amministrativa, sotto la direzione e il controllo dell’autorità politica; in ultima analisi, desidera essere un competitor privilegiato, forte di un appoggio politico precostituito.

(7/Continua)

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 13:38