L’Italia s’è desta e giustamente protesta

Blaise Pascal diceva che se Cleopatra fosse stata brutta sarebbe cambiato il volto della terra e soprattutto della storia. Difficile dargli torto, come è difficile dare torto a chi afferma che se a settembre 2019 si fosse votato, di tutt’altra Italia oggi avremmo parlato, Covid compreso. Dunque, l’Italia s’è desta e ovviamente protesta. Sia chiaro: per sgomberare subito il campo dai detrattori, ci riferiamo alla protesta che conta, quella di milioni di operatori onesti che divisi per dimensioni e per settori, sono stati falcidiati dal Governo e dai suoi provvedimenti a partire dai Dpcm. Ecco perché scriviamo al netto della censura per quei quattro imbecilli, delinquenti e disgraziati, di fascistelli, centri sociali, anarcoidi sconsiderati, che sfruttando il clima infame della protesta civile fanno strame, usando la violenza anziché l’intelligenza, che l’Italia s’è desta e per questo protesta.

Del resto, sono mesi e mesi, dal primo Dpcm che ogni persona di buon senso, l’opposizione, le associazioni di categoria, gli operatori singoli e rappresentati, cercano di far capire gli sbagli scriteriati nei provvedimenti presi dalla maggioranza giallorossa che stanno riducendo l’intera economia in pelle e ossa. Eppure, il Governo più di sinistra della storia, con arroganza e boria, ha fatto spallucce, orecchie da mercante, insistendo in un comportamento devastante rispetto alle necessità sia dell’economia e sia della società. Parliamo di soldi e di fiducia, che avrebbero dovuto subito compensare e rasserenare cittadini, imprenditori, artigiani, negozianti, esercenti e commercianti con provvedimenti capienti, adeguati e circostanziati. Al contrario di ciò che in tutta Europa, in America e Inghilterra, gli esecutivi hanno disposto con rapidità e adeguatezza a sostegno delle attività obbligate alla chiusura, dei consumi, dei privati, i giallorossi hanno bruciato in assistenza, reddito di cittadinanza, quota 100, Cig senza selezione, spese per passerelle, task force, tecnici, consulenti e aumenti agli statali, la gran parte dei 100 miliardi di debito ulteriore. Parliamo di una cifra enorme che, se fosse stata utilizzata con criterio e competenza non avrebbe creato già da allora le condizioni di protesta e insofferenza del settore privato e produttivo, costretto alle chiusure per Covid disposte fra marzo e giugno, insomma l’esasperazione e la rabbia che vediamo viene da lontano.

Come se non bastasse, quella parte dei 100 miliardi dei ristori, bonus da chiusura, Cig per i lavoratori e così via, è stata erogata con lentezza da follia, collegata a mille complicazioni, subordinata a conti e certificazioni al punto da generare subito proteste e reazioni. Tanto è vero che c’è chi aspetta ancora di ottenere quanto promesso e garantito, Cig compresa: ovvero decine di migliaia di pratiche inevase. Per non parlare del fatto che gli importi relativi erano già allora ridicoli e non risolutivi rispetto al mancato fatturato e al lavoro negato. Insomma, poco più di una miseria: questa è la storia. Ecco perché nel Paese, nonostante quel piccolo respiro estivo di fatturato stagionale, si è andato creando un clima infernale. Clima, peraltro, peggiorato dagli annunci sconsiderati sulle cartelle a milioni da inviare, dalla mancata revisione della spesa per gli sperperi e gli eccessi e dal comportamento della maggioranza che, in una fase di drammatica emergenza, si è dedicata a riaprire i porti per l’invasione di illegali, a proporre di nuovo lo ius soli, a prendere in giro gli italiani con un referendum sui parlamentari che è passato solo per lo sbaglio dissennato delle opposizioni.

Dulcis in fundo, tanto per rinfocolare la rabbia dopo i Dpcm a raffica su sacrifici e limitazioni costituzionali, l’esclusione del Parlamento su ogni provvedimento, le continue apparizioni sui successi mai visti e gli annunci ripetuti della seconda ondata, ci si è accorti ora che è arrivata, che l’Italia fosse impreparata e ciò che era stato imposto a suon di costi agli operatori per riaprire è da buttare. La soluzione contro la diffusione del Covid è una nuova chiusura per bar ristoranti, sale, pizzerie, gelaterie, palestre, sport. Ebbene, immaginare che dopo un annuncio simile che getta sul lastrico centinaia di migliaia di attività, mette a repentaglio ulteriori milioni di posti, costringe alla fame chi rischia e produce fatturato e lavoro, blocca tutto un indotto da filotto, non sarebbe scoppiata la rabbia, la disperazione nelle piazze, più che ridicolo è insopportabile. Come insopportabile è l’annuncio trionfale di una nuova potenza di fuoco per indennizzare la nuova chiusura, perché guardando bene il provvedimento si tratta di poco ancora. Insomma, quando il trio di Governo ieri sera in tv snocciolava le cifre enfatizzando il 100,150, 200 per cento più di prima, non ha detto che la maggiorazione è calcolata sulla base dei ristori precedenti. Ma visto che questi erano ridicoli totalmente si tratta del 100, 150, 200 per cento in più del poco o niente: non vi fate intortare di nuovo.

Per non dire della scarsa sensibilità sociale con la quale ieri i signori del trio hanno ringraziato e sottolineato i sacrifici grandi fatti lavorando giorno e notte dai tecnici di Governo, per assicurare le coperture. Ci mancherebbe pure che di fronte ad un Paese disperato, ridotto in ginocchio, non facessero la notte quelli che servono lo Stato dal bonifico garantito. Ieri sera, innanzitutto, avrebbero dovuto scusarsi per gli sbagli, le omissioni, i ritardi, dichiararsi in difficoltà rispetto a chi anziché 10, 15mila euro al mese ne sta prendendo zero. E riconoscere le sottovalutazioni e il pessimo utilizzo dei 100 miliardi e ringraziare del sacrificio vero il Paese intero, altroché tecnici di stato oberati di lavoro.

Infine, vedremo se stavolta la promessa del 15 novembre sarà rispettata per l’erogazione diretta dei ristori, anche perché parliamo di 20 giorni e non si capisce perché non si faccia prima almeno una anticipazione, magari il giorno 27 quello del bonifico agli statali, per i quali l’attesa non esiste nemmeno quando c’è un Paese esasperato e disperato che resiste. Chi vivrà, vedrà. Per parte nostra, insistiamo con questa maggioranza: l’Italia ce la giochiamo e lo vediamo. Insistere e continuare significa veramente rischiare di passare dalla protesta alla rivolta. Cerchiamo di capirci al volo, per carità almeno stavolta: viva l’Italia, la libertà, la civiltà e la democrazia.

Aggiornato il 28 ottobre 2020 alle ore 10:45